sabato 14 dicembre 2013
​Lo ziguratt di Ur, il più grande e il meglio conservato tra tutti gli antichi templi che da millenni punteggiano la Mesotamia, è stato il testimone silenzioso e imponente di un gesto senza precedenti. (Giorgio Paolucci)
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​Lo ziguratt di Ur, il più grande e il meglio conservato tra tutti gli antichi templi che da millenni punteggiano la Mesotamia, è stato il testimone silenzioso e imponente di un gesto senza precedenti. Ieri un gruppo di pellegrini cattolici provenienti dall'Italia e guidati da monsignor Liberio Andreatta, vicepresidente dell'Opera romana pellegrinaggi, è andato a rendere omaggio alla Casa di Abramo, che si trova a poche decine di metri da questa maestosa espressione della tensione religiosa che da sempre contraddistingue l'avventura umana. Calorosa l'accoglienza delle autorità civili e della comunità musulmana locale per un evento che è stato trasmesso in diretta dalla televisione di stato irachena. "L'Iraq appartiene a tutti i popoli che lo abitano, e i cristiani sono a pieno titolo cittadini di questa terra", ha detto lo sceick Mohammed Mahdi Al-Nasri, leader della comunità sciita locale. E Andreatta ha sottolineato che i pellegrini sono uomini che portano con sé le armi della,fede, della pace e dell'amore, le più necessarie per sanare le ferite che lacerano oggi l'Iraq. Dopo esser saliti sulla sommità della ziguratt, che misura 26 metri, i pellegrini cattolici si sono incamminati verso la vicina Casa di Abramo recitando il Rosario, come segno di testimonianza della loro fede. Poi la Messa, concelebrata da Andreatta, dai sacerdoti italiani che lo accompagnano in questi giorni in Iraq e da Shleiman Warduni, il vescovo ausiliario dei caldei a Baghdad. Un altro pellegrinaggio si svolge in questi giorni nella regione, e vede protagonisti migliaia di sciiti che camminano a piedi verso i luoghi santi di Kerbala e Najaf, come accade ogni anno dopo la festività dell'Ashura. Due segni che, nel segno di fedi diverse, testimoniano quanto l'esperienza religiosa autenticamente vissuta può rappresentare un fattore di unità e riconciliazione.
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