giovedì 24 agosto 2023
Daud Nassar non cede alle offerte e il 6 settembre si presenterà alla Corte Suprema di Tel Aviv per opporsi all'esproprio. Nella Tenda delle nazioni ospita cristiani e musulmani per parlare di pace
Daoud Nassar, palestinese cristiano di 52 anni

Daoud Nassar, palestinese cristiano di 52 anni - Rm

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Daoud Nassar, palestinese cristiano di 52 anni, non ha alcuna intenzione di arrendersi. Il 6 settembre si presenterà in aula, alla Corte Suprema di Tel Aviv, per difendere ancora una volta i suoi terreni dall’esproprio. La battaglia legale della sua famiglia dura da oltre trent’anni ed è un esempio di resilienza ispirata dalla fede cristiana e dalla nonviolenza. Era il lontano 1991 quando lo stato di Israele provò per la prima volta a nazionalizzare la sua fattoria (oltre 42 ettari di terreno coltivabile sulle alture di Betlemme). Ma Daoud dimostrò che apparteneva alla sua famiglia da quattro generazioni, presentando i documenti ufficiali di epoca ottomana datati 1916. La legge gli dava ragione ma non bastò a evitare l’inizio di un interminabile contenzioso legale. Da allora i suoi terreni sono stati circondati da cinque insediamenti di coloni ebraici. Qualche anno fa gli hanno offerto persino un assegno in bianco per convincerlo a vendere tutto e andarsene. “Ho rifiutato senza alcuna esitazione – ci spiega - perché secondo la tradizione biblica cedere la terra dei propri padri equivale a tradire le proprie radici familiari”.

Al suo interno ha dato vita alla Tenda delle nazioni, un progetto di resistenza nonviolenta dove cristiani e musulmani lavorano insieme per la pace, la tolleranza e la difesa dell’ambiente. Hanno realizzato pannelli solari per l’elettricità, cisterne per la raccolta delle acque piovane, poi hanno aggirato i divieti di costruzione scavando grotte con camere, bagni e cucine nel sottosuolo. Ogni anno decine di volontari internazionali arrivano da ogni parte del mondo per aiutare con le potature, i raccolti e i progetti di energia rinnovabile. Una scritta accoglie i visitatori all’ingresso della fattoria, “We refuse to be enemies” (“Ci rifiutiamo di essere nemici”). Ma nel frattempo i coloni ultra-ortodossi e l’esercito israeliano fanno tutto il possibile per sfiancarlo. Gli hanno distrutto centinaia di piante di ulivo con le ruspe, hanno bloccato la principale strada di accesso alle sue terre, un anno fa un incendio doloso ha mandato in fumo fichi, mandorli, viti e albicocchi. “Inoltre, quando sarà completato il muro di separazione della Cisgiordania rimarremo del tutto isolati da Betlemme”, aggiunge Daoud. “Ma io e la mia famiglia resteremo qua, perché al cuore della nostra resistenza c’è la fede”.

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