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Immaginate una specie di alveare impazzito, all’interno del quale un miliardo di utenti depositano messaggi, fanno acquisti, si scambiano esperienze, provano a intercettare informazioni, diffondono contenuti, insomma cliccano in continuazione. Come si controlla questo immenso spazio digitale? Come lo si sorveglia? È una domanda che impegna (e inquieta) da sempre la leadership cinese. Perché una cosa è certa: Internet in Cina è un “affare di Stato”. Sotto la guida ormai decennale di Xi Jinping, Pechino ha notevolmente ampliato e irrobustito il suo apparato di censura. Quello del controllo dell’ambiente digitale è un’esigenza vitale per il regime se è vero che il Partito comunista cinese “considera il monopolio della legittimità politica fondamentale per il mantenimento della sicurezza e dello sviluppo della Cina". E dunque “la politica di censura costituisce una naturale conseguenza del suo dichiarato imperativo di mantenere un incontrastato primato ideologico”.

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Ma come funziona il panottico digitale in versione cinese? Quanto è davvero efficace? Qual è il suo scopo finale?
Il sito ChinaFile ha pubblicato un’analisi dettagliata di quello che definisce il “locknet” cinese. Con un avvertimento preliminare: non bisogna pensare al “locknet” come a un sistema rigido e monolitico, esso è piuttosto qualcosa di elastico e mobile. Mentre il Partito impone severe restrizioni alla libertà di espressione, “non ritiene però necessario o addirittura auspicabile un controllo totale sull'ambiente informativo”. La spiegazione è immediata: la leadership cinese considera la Rete uno strumento essenziale per lo sviluppo economico del Paese. Per questo l’ambiente virtuale deve conservare spazi “autonomi” in modo che possa alimentare la crescita economica. I numeri riflettono le dimensioni (mastodontiche) raggiunte da Internet in Cina. Nel Paese gli internauti sono 1,1 miliardi (dicembre 2024), 16 milioni in più rispetto all'anno precedente. Secondo il China Internet Network Information Center, la penetrazione di internet nel gigante asiatico ha raggiunto il 78,6% della popolazione totale, appena 30 anni dopo la completa connessione del Paese all'internet globale. Alla fine dello scorso anno, 974 milioni di cinesi avevano effettuato acquisti online, con un aumento di 59,5 milioni di persone rispetto alla fine del 2023
Come funziona allora la macchina della censura cinese? Essa opera su più livelli. Il primo, e il più noto, è conosciuto come “Great Firewall”: una barriera composta da migliaia di dispositivi indipendenti, incaricata di ispezionare il traffico in entrata o in uscita dal Paese e di interrompere le connessioni giudicate “pericolose” o "discutibili". La metafora della “grande muraglia” è più che mai appropriata: il sistema mira a sigillare lo spazio digitale del gigante asiatico. E tuttavia questo primo livello non esaurisce il lavoro della censura cinese, per il semplice motivo che “il traffico internet all'interno della Cina non entra mai in contatto con il Great Firewall”. Al Partito preme controllare qualsiasi traffico generato che possa raggiungere i suoi cittadini, non solo quello proveniente dall'estero. È qui che entra in gioco il secondo livello, quello che ChinaFile chiama la "censura a livello di servizio". Pechino "ha incaricato "servizi" come blog, app di social media e piattaforme di gioco di gestire la censura per suo conto. Questo vale per qualsiasi azienda che ospita contenuti in Cina, non solo per quelle cinesi". La Cina richiede esplicitamente alle aziende che ospitano contenuti generati dagli utenti di chiudere, inserire in una blacklist e segnalare al governo tutti gli account che "creano e pubblicano voci, sollevano argomenti di attualità sociale e trasmettono informazioni illegali o negative”.
Pechino dunque non si limita dunque a sorvegliare i suoi confini digitali, ma monitora e censura anche i flussi di informazioni all'interno del Paese. L’obiettivo è bloccare tutte le informazioni "pericolose". È l’utopia (realizzata?) di uno spazio digitale apolitico, purificato, levigato e, in qualche modo, anestetizzato.