venerdì 9 gennaio 2015
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Armand non ha molto da perdere, dice. Una pioggerella molesta gli sferza il viso, ma lui rinuncia a ripararsi sotto il cappuccio: «Se no sembro un casseur, e la polizia è particolarmente incarognita con i maghrebini e con gli islamici, che infatti oggi se ne stanno buoni e non si fanno vedere. Durerà due giorni al massimo, poi tutto ritornerà come prima». Ma Armand non è un maghrebino né un musulmano, è uno dei tanti disoccupati che la Francia di Hollande e della recessione ha messo in ginocchio.Figlio di un elettricista, non ha voluto lavorare nel negozio di famiglia e ha preferito diventare un tecnico informatico. «Una professione già finita – dice –: sono più quelli che licenziano rispetto a quelli che riescono a mantenere il proprio posto. Il mio l’ho perso nel mese di aprile». Armand, che ha 27 anni, vive a Pantin, sobborgo nord di Parigi nella banlieue Seine Saint Denis, 52mila abitanti, in gran parte immigrati di seconda e terza generazione dal Maghreb e dalle ex colonie africane. «Lo vede quel casermone grigio e verde? Io abito al diciassettesimo piano. Sono 377 scalini. Come lo so? Dal momento che l’ascensore funziona solo due giorni al mese si impara anche a contare i propri passi».Anche Baptiste si sente prigioniero in una città non sua. «La maggioranza è fatta da islamici. Con i loro vizi, le loro urla, la loro cucina. Sa cosa vuol dire abitare di fianco a una famiglia di marocchini?». Dall’ancora confuso resoconto della loro fuga, sembra che i due fratelli di origine algerina siano passati di qui. Facce cupe, omertà, disagio sociale, emarginazione: gli ingredienti per l’identikit del perfetto terrorista ci sono tutti, e la banlieue sembra il ricettacolo ideale per chi vuol far perdere le proprie tracce. Ma ci si dimentica che in questa terra di mezzo, in questo sottomondo dove si fatica a pensare che siano popolari le Lettere Inglesi di Voltaire o il Contratto sociale di Rousseau e neppure gli alambicchi provocatori di Houllebecq o di Carrère, ma viceversa si fabbricano a pieno ritmo frustrazione e rancore non ci sono solo gli immigrati, ma ci vivono anche i francesi. Come Armand, come il suo amico Baptiste. Che mentre strascica i piedi nella mattina intirizzita di pioggia intona anch’egli lo stesso mantra: «Tanto non ho niente da perdere».Ed è qui, dove lo sconsolato risveglio dalle illusioni di grandeur e dalle promesse sociali mancate si sposa con un torbido risentimento che rende l’uomo lupo all’uomo, e dove si stura a piene mani il ribollente pregiudizio vicendevole che vede il bianco prevaricatore e arrogante, il nero parassitario e indolente, il maghrebino infido e violento; è nel calderone della banlieue che un leader scaltro e opportunista come Marine Le Pen passa immediatamente all’incasso. «Trop c’est trop... – ha detto ieri –: voglio offrire ai francesi un referendum sulla pena di morte». Lapidaria e terribilmente efficace, la figlia di Jean-Marie sa come riscuotere la cambiale della paura. È già successo: suo padre strappò il ballottaggio a Lionel Jospin e mandò il Front National a misurarsi al secondo turno con Chirac proprio vellicando l’umiliazione e la paura dei francesi di serie B, quelli delle banlieue, quelli del porto di Calais, quelli della Vandea. Elettori che un tempo votavano perfino i partiti trotzkisti e che sommersero di voti il FN nella speranza di avere uno spicchio di sicurezza. Non ci vuole molto ad attirare la protesta di tutti gli Armand di Francia. «Sono gli islamici che hanno dichiarato guerra alla Francia – dice Marine Le Pen – e non bisogna minimizzare questa minaccia. Dobbiamo uscire dalla negazione e dall’ipocrisia, dire le cose come stanno, e cioè dire che quello di mercoledì è stato un attentato commesso dai fondamentalisti islamici». Il cuore nero della Francia si nutre di paure. Nella note di giovedì alcuni luoghi di culto islamici sparsi un po’ in tutto il Paese hanno subito degli attacchi. Anche in Germania si fanno marce anti-islamiche. Un sondaggio dice che il 65% dei tedeschi vorrebbe che il governo fermasse l’islamizzazione della Germania. Domenica a Parigi ci sarà una grande marcia unitaria per ricordare Charlie Hebdo, ma Le Pen non è stata invitata. Voterai Marine Le Pen, Armand? «Questo è sicuro», dice, e per la prima volta lo vedo sorridere. Ma è un ghigno amaro, di chi ha smesso di sperare.Lasciamo la banlieue. Nella città illividita dal dolore si moltiplicano i piccoli tumuli fatti di fiori, di matite, di scritte, di ceri. In Place de la République la folla si accalca per la seconda veglia.. Alle 20 in punto anche la Tour Eiffel ha spento le sue luci. Il lutto rabbuia per una notte il fulgore della Ville Lumière, il cuore di Parigi è gonfio di sgomento. Da un altoparlante risuona la Marsigliese: «Aux armes, citoyens, formez vos bataillons!», che piano piano tutti cominciano a intonare in un commosso mormorio.Ma mentre calavano le tenebre sulla città simbolo delle libertà civili, gli ottantottomila uomini messi in campo dal ministero degli Interni non avevano ancora messo le mani sui due assassini. E la consapevolezza che i terroristi potrebbero sgattaiolare come topi fra le maglie delle polizie e tornarsene indisturbati nei neri paradisi mediorientali del loro fanatismo grazie alla società aperta che popperianamente ha loro consentito di muoversi e uccidere a proprio comodo rende ancora più acre per tutti la pena.
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