domenica 11 novembre 2018
Le lezioni dei maristi promosse da Focsiv per recuperare la «generazione bruciata». Intanto, grazie al finanziamento di alcuni progetti, in città riaprono le prime attività
Nonno e nipote in una strada della parte Est della città di Aleppo bombardata durante l'assedio

Nonno e nipote in una strada della parte Est della città di Aleppo bombardata durante l'assedio

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Ricominciare, dopo che una ferita ha segnato il corpo e di certo, a tutti, ha paralizzato l’anima. Ricominciare e scoprire che «anche un mondo ferito si può colorare di speranza». In Medio Oriente c’è chi la guerra l’ha vista materializzarsi un giorno sotto casa, chi è divenuto profugo e chi, nello sforzo di accogliere, ha visto la vita cambiare. Per questo le Ong del consorzio Humanity (Ass. Realmonte, Celim, Engim, Fondazione Buon Pastore, Fundacion Promocion Social, FMSI, Punto Missione) con Focsiv rilanciano per il terzo anno la sfida: «Ricominciamo da loro», da chi si trova in un campo profughi, in una scuola nei container, o in una città distrutta. A fianco di chi è stato ferito, i cooperanti di Focsiv, vogliono accompagnare l’uscita dalla prima emergenza e creare le condizioni per tornare a casa. Ricominciare. E ricostruire. Qui tutti gli aggiornamenti sulla campagna.



Una città salvata dalle maestre d’asilo e dal micro-credito. È la scommessa dei Fratelli Maristi per far ripartire Aleppo. E soprattutto ricostruire i suoi abitanti mentre fervono, nelle aule del collegio Champagnat, le riunioni degli insegnati e delle équipe educative in questo inizio di anno scolastico. La porta di Mashariqa, nei primi sei mesi di assedio l’unico passaggio all’esterno per la popolazione di Aleppo Ovest, è a soli due chilometri dal convento: era la prima linea del fronte, quella dietro cui nel 2012 si materializzarono i posti di blocco e i cecchini “ribelli”. Un incubo – l’assedio di oltre quattro anni, le incursioni e i bombardamenti notturni – ancora scritto nella devastazione di interi isolati ridotti a cumuli di macerie; un incubo, ancora ben scritto negli occhi e nei ricordi di una “generazione bruciata”, nata e cresciuta in una città in guerra.

Voglio imparare

Antonia Machek è la responsabile del progetto “Voglio imparare”: circa 100 bambini dai 3 ai 6 anni – figli di famiglie musulmane sfollate che non riescono a frequentare la scuola pubblica – che per quattro mattine alla settimana riempiono di urla e gioia le aule dei maristi. La sfida di far crescere, in modo sano ed equilibrato anche i bambini di Aleppo, ora che la prima emergenza pare superata, è ancora più decisiva della ricostruzione materiale. Lo spiega Antonia, con pochi esempi: Ethiba «era sempre silenzioso e isolato» anche se non aveva segni esteriori di un trauma. «Poi, coinvolgendolo nelle attività, abbiamo scoperto che aveva visto la sorella gemella morire davanti a lui». Zakaria, sordo dalla nascita, prosegue Antonia, «ha scoperto la tenerezza e che qui ci sono persone che l’attendono. E noi abbiamo capito che anche lui sapeva ascoltare». Rafif, abbandonata dai genitori e abusata, «ha compreso che possiamo assicurarle protezione...». Basta uno zainetto con dei quaderni e dei colori, o un po’ di plastilina per insegnare a leggere e scrivere, ma anche scoprire emozioni e nuovi giochi di gruppo. E vincere il trauma di aver visto la guerra in faccia. Aya Barma, nell’équipe dei 13 educatori di “Voglio imparare”, comincia dal pianto ricorrente di Ghazal: «Aveva paura dei visi degli stranieri: piangeva per tutto quello che per lui era sconosciuto». Per questi minori sviluppare relazioni positive in gruppo, avere una “buona condotta”, significa iniziare un vero percorso di resilienza. «Se non si interviene, questi bambini rischiano l’isolamento sociale, possono sviluppare problemi psicologici e molto spesso abbandonare qualsiasi percorso scolastico o educativo», conclude Aya.

Tutori di resilienza

La sfida è di progettare un vero percorso educativo, monitorando le schede di valutazione che i docenti compilano periodicamente. Per questo a fine settembre, per una settimana, Veronica Hurtubia, pedagogista dell’Associazione Francesco Realmonte (Focsiv) ha illustrato ai volontari dei Maristi blu la metodologia psico-educativa “Tutori di resilienza”, elaborata da Cristina Castelli, direttrice del Rires dell’Università Cattolica di Milano. Una formazione dei 28 educatori coinvolti nel programma “Voglio imparare” – nato nel 2013 per dare sostegno a circa 100 bambini musulmani provenienti da famiglie di profughi di guerra – e nel programma “Imparando a crescere”, il progetto pilota nato nel 2003 che raggiunge un altro centinaio di bambini in età pre-scolare, tutti provenienti da famiglie cristiane dei quartieri più disagiati di Aleppo. Un approccio, per sviluppare la resilienza, decisamente innovativo in un sistema scolastico siriano fortemente nozionistico e che difficilmente lascia spazio alle emozioni. A maggio è previsto un nuovo corso di formazione per verificare i risultati e valutare le competenze dei minori. Una “scuola di resilienza”, che si spera possa, come un volano, arrivare a coinvolgere anche le famiglie e, nel lungo periodo, avviare processi di riconciliazione fra le comunità.

I falegnami di Midan

Una ricostruzione, ora che nei quartieri di Aleppo non si spara più, ovviamente anche materiale. Michel Sufi, 23 anni, mostra un po’ timoroso la nuova levigatrice nello scantinato adibito a falegnameria nel quartiere Midan. «Voglio continuare il lavoro di famiglia», spiega sotto gli occhi di papà Pierre. Aspettano che l’elettricità fornita dal gestore pubblico, finalmente torni. «Ogni mattina, manca per almeno due ore» e comprarla da un generatore privato costa troppo. Durante la guerra c’era pochissimo lavoro, «ma già qualcuno mi chiedeva di riparare porte e finestre. Ma non avevo l’attrezzatura a- datta», spiega il “vecchio” Pierre specializzato in sedie ed armadi. Per questo Michel, dopo aver frequentato un corso di formazione professionale di tre settimane dai maristi, ha presentato il suo progettino: avere il finanziamento per un compressore, una macchina spara chiodi e una levigatrice e poter costruire così porte e finestre. Un articolo di prima necessità, se le ristrutturazioni delle case distrutte partirà in grande stile. «Una scuola mi ha già ordinato 16 finestre e una dozzina di porte», spiega Pierre mentre Michel, ora che l’energia è tornata, avvia la levigatrice. «I prezzi della materia prima sono quasi decuplicati», dice preoccupato Pierre: un pannello di legno nel 2012 costava 1.200 lire siriane, ora 12.000. La guerra non fa sconti a nessuno. Però grazie al micro progetto dei Maristi blu e alla corrente elettrica, si può tornare al lavoro.

La vetrina di rue superstar

«Il mio poeta preferito è al-Maarri», dice sorridendo Imad Alde Nnkahal, dietro il bancone-vetrina in Rue Superstar, cuore del quartiere sunnita di Salah Eddine, Aleppo Est. Ma gli studi di letteratura gli ha accantonati per i cellulari: «Mio fratello lavora nello stesso settore...». Da due mesi Imad ha aperto il suo negozio: «Inizio alle 11 e chiudo alle 24». Pure lui un corso di tre settimane dai maristi, per avere delle nozioni base di contabilità e management, e un micro- progetto approvato: un anno di affitto garantito e tre nuove vetrinette per completare l’arredo. «C’è molta concorrenza: prezzi bassi e buone relazioni con i clienti e spirito di sacrificio », la ricetta. Anche ad Aleppo Est si guarda al futuro.


Il «MIT» di Aleppo

«Non è quello di Boston», dicono subito sorridendo. «Mit» sta per “Maristi international training”: il programma di formazione professionale iniziato nel 2013, durante la guerra, e mai interrotto. Oltre 1.400 giovani hanno partecipato ai vari corsi e dal 2016, grazie a donatori stranieri, sono stati finanziati 80 progetti. Ottanta “primi passi”, per ricostruire.


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