mercoledì 11 agosto 2021
Sei Paesi chiedono di rispedire i profughi a Kabul: «Situazione non così grave». Ma sono sbugiardati da Washington. Germania e Olanda ci ripensano. Talibani conquistano una città dopo l'altra
Sfollati all'interno dell'Afghanistan per sfuggire ai combattimenti e ai bombardamenti

Sfollati all'interno dell'Afghanistan per sfuggire ai combattimenti e ai bombardamenti - Ansa / Epa

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I taleban avanzano in tutto l’Afghanistan, ma i rimpatri di migranti afghani devono continuare. È la richiesta avanzata in questi giorni da sei Stati membri dell'Unione Europea (Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Grecia e Olanda) in una lettera inviata ai commissari europei responsabili per la migrazione, Margaritis Schinas e Ylva Johansson. «Fermare i rimpatri – si legge – è un segnale sbagliato e probabilmente fornirà ulteriori motivazioni ai cittadini afgani a lasciare casa per dirigersi in Ue».

Una richiesta che appare incomprensibile, in quanto contraria a ogni logica. Ad esempio le ultime notizie fornite da Emergency riportano di migliaia di nuovi sfollati accampati in tende di fortuna che cercano salvezza dai combattimenti che infuriano intorno a città e posizioni strategiche. Nel complesso le persone che hanno lasciato le loro abitazioni in questo martoriato Paese ammonterebbero a oltre 400mila.

La Commissione Europea ha confermato di aver ricevuto la missiva dai sei stati, un portavoce ha però sottolineato che la questione se rimpatriare o no è di competenza nazionale.

In realtà la politica dei rimpatri attuali è stata favorita da un’intesa tra Ue e Kabul, i ministri chiedono ora alla Commissione di intensificare i colloqui per proseguire i rimpatri. Ma come possa il governo di Kabul, che vede il suo controllo sul territorio sgretolarsi giorno dopo giorni, pensare ai rimpatri i sei firmatari non lo spiegano.

Al momento, ha invece spiegato un funzionario comunitario, Kabul ha cessato di accettare rimpatri forzati, ma continua ad accogliere quelli volontari, che sono l’80%. Secondo fonti Ue, comunque, la situazione in Afghanistan al momento è «seria ma non disperata» e non confrontabile con la Siria.

Gli europei smentiti da Washington​

Ma a gettare acqua gelata sui bollenti spiriti europei antiprofughi sono proprio gli Stati Uniti. L'amministrazione Biden ormai si prepara alla caduta di Kabul nelle mani dei taleban entro un periodo ben più breve rispetto ai 6-12 mesi previsti in precedenza alla luce del ritiro delle truppe statunitensi dal Paese. Lo scrive il Washington Post, che cita funzionari americani al corrente della situazione. Secondo un funzionario che ha voluto mantenere l'anonimato i militari stimano adesso che la capitale afgana cadrà entro 90 giorni, mente altri ritengono che la disfatta avverrà entro un mese. I funzionari del dipartimento di Stato Usa stanno pure valutando un ulteriore ridimensionamento del personale dell'ambasciata a Kabul. Il clima ricorda il Vietnam del 1975.

Amnesty e 25 ong chiedono a Berlino lo stop dei rimpatri​

Amnesty international e 25 associazioni tedesche hanno chiesto al governo l'immediato stop delle espulsioni in Afghanistan per il peggioramento delle condizioni di sicurezza nel Paese in seguito all'avanzata dei talebani. "Anche la Germania non può chiudere gli occhi davanti alle sempre peggiori condizioni in Afghanistan e deve sospendere le espulsioni", è scritto in una dichiarazione congiunta firmata tra gli altri da Pro Asyl, Pane per il mondo, Misereor e Medico international.

"Ogni respingimento in Afghanistan è una violazione del diritto internazionale" ha detto Markus Beeko, segretario generale della sezione tedesca di Amnesty International. Il rimpatrio in Afghanistan viene deciso di volta in volta in base alle considerazioni sulla sicurezza del Paese, ha spiegato ieri il portavoce del ministero degli Interni, Steve Alter, in conferenza stampa. Nel fine settimana, con la conquista dei Talebani di Kundus, ex postazione della missione tedesca, il ministero degli Esteri di Berlino potrebbe rivedere e attualizzare la stima sulle condizioni di sicurezza nel Paese.

Germania e Olanda sospendono i rimpatri

La Germania ha deciso di sospendere i rimpatri forzati dei migranti in Afghanistan, "a causa degli attuali sviluppi della situazione di sicurezza". Lo ha annunciato il ministero dell'Interno tedesco su Twitter. Il portavoce del ministero, Steva Alter, ha precisato che la sospensione vale "per il momento", mentre quasi 30mila afghani sono attualmente tenuti a lasciare la Germania. Il ministero "continua ad essere del parere che ci siano persone in Germania che debbano lasciare il Paese, il prima possibile", ha detto Alter. Sei cittadini afgani dovevano essere espulsi la scorsa settimana, ma la partenza è stata rinviata.

Anche l'Olanda, come la Germania, ha deciso di sospendere i rimpatri dei migranti verso l'Afghanistan. La moratoria varrà per sei mesi, secondo quanto annunciato dal segretario di stato alla Giustizia, Ankie Broekers-Knol.

«Salviamo chi ci ha aiutato in Afghanistan»​

Un gruppo di trenta poliziotti olandesi che ha lavorato per la missione di polizia europea EuPol, ha lanciato un appello dalle colonne del quotidiano Trow, sollecitando il governo dei Paesi Bassi a portare urgentemente in salvo gli interpreti locali e altri ex colleghi. Con le truppe della Nato che abbandonano l'Afghanistan, i talebani stanno guadagnando sempre più terreno, e prendono di mira in particolare gli interpreti che hanno lavorato con le truppe occidentali e le loro famiglie, definendoli traditori del loro Paese.

Il ministro della Difesa olandese Ank Bijleveld ha promesso di mettere in salvo gli interpreti che hanno lavorato con le forze armate olandesi, ma decine di questi sono ancora bloccati. "È inammissibile che portare i nostri colleghi afghani in Olanda non sia la priorità assoluta dei ministri coinvolti", hanno scritto i poliziotti nel loro appello, sostenuto da alcuni sindacati olandesi, e da Amnesty International.

Al confine col Pakistan in fuga dalle zone di combattimento, aspettando che la frontiera riapra

Al confine col Pakistan in fuga dalle zone di combattimento, aspettando che la frontiera riapra - Ansa / Epa

In fuga dall'inferno dell'Afghanistan​

Secondo fonti di Bruxelles, in Afghanistan mezzo milione di persone è pronto a fuggire verso i Paesi confinanti: Pakistan, Iran (che ne hanno accolti già rispettivamente 3,5mln e 3mln) , ed in parte anche Tagikistan. L'Unhcr (l'organizzzione per i rifugiati dell'Onu) stima che dall'inizio dell'anno quasi 400mila afghani siano sfollati internamente, circa 244mila solo a partire da maggio. Teheran, almeno per il momento, ha deciso di lasciare le frontiere aperte, mentre Islamabad ha blindato i suoi confini e a migliaia si stanno affollando nei pressi dei passaggi di frontiera in attesa che vengano riaperti. E gli osservatori internazionali temono che l'esodo sia solo all'inizio.

Sei mesi fa, secondo i dati delle Nazioni Unite, erano 18,4 milioni le persone che necessitavano di aiuti umanitari, pari al 45% della popolazione. Una situazione già disperata, che minaccia di precipitare, mentre il ritorno degli islamisti intransigenti, estromessi dal potere vent'anni fa, rischia di cancellare con un colpo di spugna tutti i progressi nel campo dei diritti umani. Solo nelle ultime 72 ore, fanno sapere dall'Unicef, sono stati uccisi 27 bambini e ne sono stati feriti 136, mentre cresce la preoccupazione per i minori reclutati dai gruppi armati, e per le donne frustate e abusate in pubblico.

L'alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, così come l'Alto rappresentante, Josep Borrell, hanno lanciato l'allarme per l'emergere di violazioni che potrebbero equivalere a crimini contro l'umanità.

La bandiera dei Taliban sventola nella piazza centrale di Pol-e Khomri, capoluogo della provincia afghana di Baghlan

La bandiera dei Taliban sventola nella piazza centrale di Pol-e Khomri, capoluogo della provincia afghana di Baghlan - Ansa / Afp

I taleban controllano il 65% del Paese, cade anche Kunduz​

Intanto i taleban conquistato anche Kunduz, importante centro nel Nordest del Paese, vicino al confine con il Tagikistan. "Centinaia" di soldati afghani che si erano ritirati vicino all'aeroporto di Kunduz, dopo la caduta della città lo scorso weekend, si sono arresi oggi ai talebani. Lo ha detto all'Afp il consigliere provinciale, Amruddin Wali. "Stamattina centinaia di soldati, poliziotti e membri delle forze di resistenza si sono arresi ai talebani con tutto il loro equipaggiamento militare", ha spiegato.

I talebani hanno pure conquistato la città di Fayzabad nel nord dell'Afghanistan. È la nona capitale provinciale a cadere nelle mani degli insorti in meno di una settimana. L'ottava era stata Pol-e Khomri, capoluogo della provincia afghana di Baghlan, sempe nel nordest, sulla strada che collega Kunduz a Kabul.

Per tentare di ridare morale alle truppe governative il presidente afghano Ashraf Ghani ha visitato oggi la città settentrionale di Mazar-i-Sharif, a ovest di Kundz. A Mazar-i-Sharif, Ghani ha avuto colloqui con l'uomo forte locale, Atta Mohammad Noor, e con il famigerato signore della guerra Abdul Rashid Dostum, sulla difesa della città, mentre però i combattenti talebani si stanno già avvicinando alla periferia. La perdita di Mazar-i-Sharif sarebbe un colpo catastrofico per il governo di Kabul e rappresenterebbe la disfatta completa nel nord, a lungo baluardo delle milizie anti talebane.

A questo punto il movimento degli studenti fondamentalisti islamici controlla di fatto il 65% del Paese. Ma soprattutto giorno dopo giorno si accresce la forza dei taliban che a ogni resa dei governativi si appropriano di una quantità sempre maggiore di armi di qualità, spesso di origine americana, che si aggiungono al loro già fornito arsenale.






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