mercoledì 30 agosto 2023
Decine di migliaia di morti, invalidi e feriti in entrambi gli eserciti. Ogni giorno i cadaveri crescono e la corsa a entrare nell'esercito si è esaurita e c'è chi è disposto a pagare per salvarsi
Reclutamento di volontari ucraini in una piazza di Kiev

Reclutamento di volontari ucraini in una piazza di Kiev - Ansa

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«Non ci sono più reclute per alimentare la guerra». Per gli 007 norvegesi, russi e ucraini sono al capolinea. In 19 mesi di battaglie, l’Armata Rossa ha pianto non meno di 2mila ufficiali, irrimpiazzabili come i fanti, morti a migliaia. Si parla di 120-200mila caduti in tutto. Il Cremlino non sa più dove sbattere la testa. Ogni mese, gira ai volontari di truppa non meno di 5mila euro, il triplo di quanto guadagna un impiegato civile. Ma i soldi non fanno tutto. Solo i ceti delle regioni più svantaggiate della Federazione rispondono ancora all’appello: si arruolano per comprare casa e metter su famiglia, non certo per denazificare l’Ucraina o sconfiggere l’Occidente.

Le retrovie sono sempre più disincantate: l’istituto sondaggistico Levada dà al 30% la popolazione ancora favorevole alla guerra. E le madri dei troppi ragazzi che non tornano a casa cominciano a insorgere. Sordo alle tante sirene d’allarme, il Cremlino fa spallucce: sta aumentando il bacino dei coscritti, l’età dei riservisti e il mercenariato militare.

Le cose non vanno meglio per Kiev che, a fine luglio, è stata costretta a silurare i responsabili del reclutamento militare, intenti a trafficare esenzioni dalla leva in cambio di tangenti. Il nazionalismo non smuove più giovani, nemmeno in Ucraina: la guerra fa paura.

Tutti cercano scappatoie da una morte certa e da una vita da invalidi. Chiedete ai caduti dell’ultimo giorno di scontri: i russi rivendicano di aver ucciso in 24 ore non meno di 540 ucraini. E le testimonianze di fonte occidentale parlano di un’impennata recente dei morti ucraini, tipica delle offensive claudicanti. La Bbc ha nel Donetsk l’inviato Quentin Sommerville: dai suoi reportage emergono «pile di cadaveri straziati, ricomposti giornalmente in un gigantesco obitorio a ridosso del fronte».

Da febbraio 2022, Kiev conterebbe già 70mila morti e 120mila feriti. E che i morti siano tanti lo testimonia la giornata commemorativa del 29 agosto, in cui l’Ucraina piange i caduti in battaglia. Non c’è più margine. Il bacino di reclutamento si sta prosciugando: «da almeno un anno, l’esercito di Zelensky non cresce più», ci confida il generale d’armata Jacques Langlade de Montgros, direttore dell’intelligence militare francese.

Senza scomodare gli 007, è lo stesso campo di battaglia a tradire le difficoltà. Kiev non riesce più a concentrare forze superiori al nemico in nessuno dei 1.000 chilometri di fronte. La coperta si è fatta talmente corta che gli ufficiali euro-americani, giunti in Polonia nei giorni scorsi, hanno intimato ai generali ucraini di redigere piani di battaglia più realistici: niente più voli pindarici ma azioni circoscritte al solo quadrante meridionale, il meno problematico. Zelensky pare aver ingoiato il rospo: parla di una smilitarizzazione della Crimea e non più di riconquista, inarrivabile.

Anche i successi di avant’ieri a Rabotyno vanno contestualizzati: in due mesi e mezzo di controffensiva gli ucraini hanno smosso il fronte di appena 10 chilometri. Nel 1918, in Francia, i fanti tedeschi ci misero un solo giorno per avanzare di 15 chilometri. Ma nemmeno questo bastò loro per vincere. Ecco perché il negoziato è sempre meno improbabile.




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