martedì 14 novembre 2023
Sergei Khadzhikurbanov nel 2014 era stato condannato a 20 anni di prigione per aver organizzato l’omicidio della giornalista della "Novaya Gazeta"
Sergei Khadzhikurbanov

Sergei Khadzhikurbanov - Ansa

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Diciassette anni fa ha preso parte all’omicidio della giornalista russa Anna Politkovskaya. Oggi ha ricevuto la grazia da parte del presidente Vladimir Putin dopo aver combattuto per sei mesi in Ucraina. Si chiama Sergei Khadzhikurbanov e nel 2014 era stato condannato a 20 anni di prigione per aver organizzato l’omicidio della giornalista della Novaya Gazeta (pubblicazione oggi censurata in Russia), conosciuta soprattutto per aver documentato gli abusi perpetrati dai soldati russi durante la seconda guerra in Cecenia (1999-2009), nonostante le numerose minacce di morte ricevute e le continue fughe a cui era costretta.

A rivelarlo ci ha pensato Anton Gerashenko, consigliere del ministero dell'Interno di Kiev, mediante un post su X, in cui cita anche l’avvocato di Khadzhikurbanov, Alexei Mikhalchik. Il legale ha infatti reso noto che l’ex agente delle forze dell’ordine ha approfittato di un meccanismo che gli ha permesso di arruolarsi dal carcere come detenuto, sistema che era utilizzato soprattutto dalla brigata Wagner all’inizio del conflitto per armare truppe da mandare in Ucraina.

«Grazie a quest’azione è stato graziato e ora continua a prendere parte all’“operazione militare speciale” come volontario, dopo aver stipulato un contratto con il ministro della difesa. Ha lavorato nelle forze speciali negli anni Novanta, ha esperienza ed è probabilmente per questo che gli è stata immediatamente offerta una posizione di comando» ha continuato Mikhalchik.

Khadzhikurbanov è stato condannato al carcere nel 2014, insieme ad altri quattro uomini ceceni. Nel 2018, la Corte Europea di Strasburgo per i diritti dell’uomo ha scoperto che, nonostante le autorità preposte avessero incriminato e arrestato il gruppo di cinque uomini direttamente coinvolto nell’esecuzione dell’omicidio, hanno tuttavia fallito nella ricerca dei mandanti, ancora oggi ignoti.

Immediata la reazione della famiglia della giornalista che, insieme al quotidiano russo, ha definito il condono della pena «un’ingiustizia enorme». «Per noi, questa grazia non è la prova della redenzione e del rimorso dell'assassino», hanno commentato i familiari in una nota.

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