Netanyahu contro tutti ha deciso: «Controlleremo l'intera Striscia»

Al termine della riunione fiume di dieci ore, approvato il piano. La dura opposizione del capo dell'esercito. Un funzionario: entro il 7 ottobre i gazawi dovranno lasciare il Nord
August 7, 2025
Netanyahu contro tutti ha deciso: «Controlleremo l'intera Striscia»
Ansa | Coloni con la bandiera israeliana di fronte alla Striscia, in una recente marcia per il ritorno degli insediamenti a Gaza
«Addio Gaza», commenta un giornalista palestinese che nella Striscia deve guardarsi dalle raffiche israeliane e dalle minacce di Hamas. «È finita, ce ne andremo», promette a se stesso e alla sua famiglia mentre le forze armate danno l’ordine di evacuare il Nord. La riunione del gabinetto di sicurezza israeliano non è ancora finito che nella Striscia tutti hanno capito che in un modo o nell’altro Gaza è perduta. Con un gioco di parole Benjamin Netanyahu dice il peggio provando a sterilizzare le paure e la diffidenza: «Non annetteremo Gaza» e il controllo della Striscia sarà conferito a un non meglio specificato «organismo di governo transitorio».
Il generale Eyal Zamir mette le mani avanti. È lui il comandante dell’esercito, ma fino a un certo punto. Eseguirà gli ordini, anche se non li condivide. Netanyahu però non si fida e con i suoi collaboratori sta studiando un escamotage giuridico perché possa firmare un mandato, destinato a se stesso, con il quale si attribuisce poteri non troppo dissimili da quelli di un comandante in capo. Poco prima Zamir aveva rivendicato il suo dissenso dai piani del premier: «Una cultura del disaccordo è una parte inseparabile della storia del popolo di Israele; è una componente vitale della cultura organizzativa delle Forze di difesa israeliane, sia internamente che esternamente». Le forze armate faranno quello che il governo chiederà, ma non in silenzio: «Continueremo a esprimere le nostre posizioni senza paura, in modo sostanziale, indipendente e professionale», ha aggiunto il generale che il figlio di Netanyahu, senza che il padre prendesse le distanze, ha accusato di volere organizzare un colpo di stato.
Hanno paura i familiari degli ostaggi, che non si rassegnano a vedere i propri cari sacrificati sull’altare di interessi terreni coperti da messianismo. Hanno timore i negoziatori: «State attenti a non chiudere la possibilità di un accordo sugli ostaggi con le vostre decisioni», avvertono attraverso canali confidenziali. Poi sul tavolo di Netanyahu fanno arrivare una carta che rimescola le decisioni e alimenta i dissidi. «Egitto, Qatar e Turchia stanno facendo pressione su Hamas affinché torni al tavolo delle trattative per una conclusione. Ciò - precisano le fonti negoziali - potrebbe accadere la prossima settimana, un elemento che va considerato nel processo decisionale». Il messaggio è chiaro: Israele può tenere alta la minaccia ma non passare alle vie di fatto spegnendo ogni speranza di accordo.
La Giordania ha capito l’antifona: «La sicurezza a Gaza deve essere garantita attraverso le istituzioni palestinese», dice un funzionario della diplomazia del re Abdallah di Giordania. Netanyahu, volendo rassicurare sul disimpegno israeliano dopo le operazioni militari, aveva fatto sapere che una volta messa in sicurezza, Gaza sarebbe stata gestita da una «amministrazione araba». In altre parole il governo non intende consegnare la Striscia all’autorità palestinese. Il riferimento a una gestione araba potrebbe alludere a un consorzio di Paesi. Ma si tratta di ipotesi temporalmente meno vicine di quanto Netanyahu non voglia far credere, perché il presupposto è la sparizione di Hamas. I miliziani contano su almeno 20mila uomini, erano 35mila all’inizio del conflitto. Molti sono stati arruolati per fare posto ai combattenti uccisi. E si preparano allo scontro casa per casa. In mattinata il leader dell’opposizione israeliano, Yair Lapid, aveva attaccato il primo ministro dopo che questi aveva chiarito dove vuole arrivare. «Ciò che Netanyahu propone è un’altra guerra, più ostaggi morti, più soldati caduti e decine di miliardi di denaro dei contribuenti che saranno riversati nelle illusioni di Itamar Ben-Gvir (ministro della sicurezza nazionale, ndr) e di Bezalel Smotrich (ministro delle Finanze, ndr)».
A tarda sera il consiglio di sicurezza, riunitosi giovedì alle 17 ora italiana, non aveva ancora sciolto la riserva sulle decisioni da prendere. Dopo dieci ore di discussioni, stamani è stata approvata la proposta di Netanyahu. «L'Idf si preparerà a prendere il controllo della città di Gaza, garantendo assistenza umanitaria alla popolazione civile al di fuori delle zone di combattimento. La maggioranza assoluta dei ministri del gabinetto ha ritenuto che il piano alternativo presentato non avrebbe portato né alla sconfitta di Hamas, né al ritorno degli ostaggi» rende noto l'ufficio del premier. Aggiungendo che «il gabinetto di sicurezza ha adottato a larga maggioranza i cinque principi per la fine della guerra: smantellamento dell'arsenale di Hamas, ritorno di tutti gli ostaggi, vivi e deceduti; smilitarizzazione della Striscia di Gaza; controllo della sicurezza da parte di Israele sulla Striscia; istituzione di un'amministrazione civile alternativa, che non sia né Hamas né l'Autorità Palestinese».
Dietro le dieci ore di riunione c'è la dura opposizione del capo dell'esercito, che avrebbe tenuto testa al premier sostenendo che non ci può essere alcuna risposta umanitaria per un milione di persone e che bisognerebbe togliere il salvataggio degli ostaggi dagli obiettivi in quanto l'operazione militare chiesta li metterebbe a rischio. Un funzionario ha detto che l'operazione riguarda solo Gaza City, nel nord, dove vive un milione di persone: «L'obiettivo è evacuare tutti i residenti verso i campi profughi del settore centrale entro la scadenza del 7 ottobre. Verrà posto un assedio ai terroristi rimasti nella zona e l'esercito manovrerà dentro la città».
Intanto in piazza, a Tel e Aviv e Gerusalemme montava la protesta. La madre di uno degli ostaggi ha esortato la popolazione a scendere in piazza per esprimere la propria opposizione all’espansione della campagna militare. Il Forum delle famiglie degli ostaggi, che rappresenta i prigionieri detenuti a Gaza, ha esortato il capo di Stato Maggiore Eyal Zamir a opporsi e i militari a disertare.
Che nel governo non ci siano pareri univoci lo conferma una dichiarazione di Netanyahu fatta trapelare quando ormai è notte. «L’operazione a Gaza non è irreversibile. Siamo pronti a valutare l’interruzione se Hamas accetta le condizioni di Israele». Anche ieri dalla Striscia sono giunte notizie di civili uccisi nei pressi dei centri di distribuzione degli aiuti umanitari voluti da Israele e Usa. Un centinaio secondo fonti di Hamas. «Chiunque entrerà a Gaza verrà trattato come forza occupante», ha dichiarato il gruppo fondamentalista, avvertendo eventuali governi arabi che dovessero prestarsi alle richieste di Israele.
Esche lanciate mentre dal gabinetto di sicurezza trapelano voci di forti tensioni. A tarda sera, dopo quattro ore di discussioni, nessuna comunicazione ufficiale era stata diramata. A Gaza però sembrano rassegnati. Alle gente che era tornata a Nord quando ormai è buio pesto arriva un ordine perentorio dall’esercito israeliano: «Chi non ha ancora lasciato la zona deve evacuare immediatamente per la propria sicurezza».

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