Ma la proposta “due popoli in due Stati” è ancora valida?
di Camille Eid
Per molti è questa la via obbligata per arrivare alla pace e alla stabilità in tutto il Medio Oriente, ma c'è chi continua ad opporsi

Due popoli e due stati: Israele e Palestina. Per molti è questa la via obbligata per arrivare alla pace e alla stabilità in tutto il Medio Oriente. Ma è ancora fattibile questa soluzione?
La genesi
Questa formula è stata alla base del “Piano di partizione” della Palestina mandataria britannica approvato nel 1947 dall'Onu. Esso infatti prevedeva la nascita di uno Stato ebraico accanto a uno arabo-palestinese, e contemplava uno statuto speciale per l'area di Gerusalemme. Come si sa, la guerra dell'anno successivo ha mandato in frantumi quella soluzione. La parte araba – la Cisgiordania e la Striscia di Gaza, per intenderci – non vede la nascita di uno Stato palestinese e quei territori vengono rispettivamente amministrati dalla (Trans)giordania e dall'Egitto fino al giugno 1967 quando vengono occupati da Israele.
La ripresa
La ripresa
La soluzione dei due Stati viene ripristinata negli storici Accordi di Oslo del 1993, sottoscritti da Israele e l'Olp di Yasser Arafat. I successivi negoziati vertono su un calendario di ritiro progressivo israeliano dai Territori occupati nel 1967 in modo da consentire, nel giro di pochi anni, la nascita di uno Stato palestinese. Così non è stato. Lo stallo dei negoziati dovuto alla vittoria elettorale del Likud ha portato anche a una radicalizzazione da parte palestinese, il che ha indebolito l'Anp di Arafat (poi di Abu Mazen). Sul terreno, intanto, la continua crescita delle colonie ebraiche hanno dato alla Cisgiordania le sembianze di un arcipelago. Il tutto davanti al disinteresse internazionale. Nel 2010, ad esempio, i mediatori americani hanno fatto marcia indietro sulla loro richiesta di “congelamento preventivo” delle colonie, portando a un nuovo fallimento dei negoziati tra Abu Mazen e Netanyahu.
Chi è contro
Chi è contro
Nel maggio 2011, il presidente Barack Obama si dichiara a favore di uno Stato palestinese con limitate “correzioni” concordate dei confini del 1967. La Lega araba accetta il principio dello scambio, ma un secco “no” arriva da Netanyahu che non intende smantellare gli insediamenti. Da parte palestinese, Hamas e la Jihad islamica replicano preconizzando uno Stato “dal fiume al mare” in cui non c'è posto per Israele. La questione è nuovamente in mano ai due estremismi. Rigettare la soluzione dei due Stati significa legittimare la cancellazione (o comunque la sopraffazione) di uno dei due popoli che abitano su quella terra. Accettarla presuppone tuttavia garantire la continuità territoriale del futuro Stato palestinese per poterlo definire tale.
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