Lo strapotere di Trump e lo "scudo" della Corte Suprema

L'Amministrazione ha fretta di far approdare al più altro tribunale le tante cause contro il presidente, fiduciosa che la maggioranza conservatrice amplierà l'autorità del tycoon
March 6, 2025
Lo strapotere di Trump e lo "scudo" della Corte Suprema
Archivio | La Corte Suprema americana a Washington
L’Amministrazione Usa ha fretta di far approdare alla Corte Suprema le tante cause che nell’ultimo periodo hanno denunciato uno strapotere di Donald Trump, fiduciosa che la maggioranza conservatrice del massimo tribunale Usa amplierà l’autorità del presidente. Finora la corte costituzionale americana ha preso tempo, limitandosi a rinviare alcune istanze d’urgenza degli avvocati di Trump ai tribunali di grado inferiore. Ma i nodi stanno rapidamente avvicinandosi al pettine.
Uno dei casi dalle conseguenze maggiori è quello legato al licenziamento di Hampton Dellinger, capo di un'agenzia federale che protegge i dipendenti pubblici che rivelano abusi all’interno del governo e che fa rispettare le norme sull’etica e i conflitti d’interesse nei rami esecutivo e legislativo.
“Questa Corte non dovrebbe consentire ai tribunali di grado inferiore di dettare al presidente di impiegare un capo di agenzia contro la sua volontà”, si legge nella dichiarazione dell’Amministrazione. Per ora la Corte ha deciso di non decidere, accettando la sentenza di un giudice d’appello che ha reintegrato Dellinger, ma solo temporaneamente, fino a sabato scorso. E la Casa Bianca è già pronta a presentare una nuova petizione se il funzionario otterrà un’estensione.
La causa, infatti, va ben oltre il posto di lavoro di una sola persona, perché mette alla prova un precedente fondamentale della giurisprudenza americana secondo il quale il Congresso può limitare il potere del presidente.
Dellinger è stato infatti confermato dal Senato nel 2024 con un mandato di cinque anni e, per legge, “può essere rimosso dal presidente solo per inefficienza, negligenza nei suoi doveri o illeciti in carica”. Ma l'email che metteva fine al suo impiego non ha fornito ragioni per il suo licenziamento, che aveva effetto immediato.
Il funzionario ha fatto causa e un magistrato di Washington ha emesso un'ordinanza restrittiva, confermata dalla Corte d’appello degli Stati Uniti.
Rivolgendosi alla Corte Suprema con questo ma anche con altri casi, l’obiettivo dell’Amministrazione repubblicana è speranza di ottenere un ribaltamento di una sentenza pronunciata dalla stessa Corte nel 1935. Quel precedente (Humphrey’s Executor v. United States) stabiliva che il Congresso ha l’autorità di difendere le agenzie indipendenti da ingerenze politiche. Il caso riguardava una legge federale che proteggeva i commissari della Federal Trade Commission: la Corte Suprema all’epoca sentenziò all'unanimità che il licenziamento di uno di loro era illegale.
Ma i tempi sono cambiati. Da allora è emersa una teoria legale, chiamata dell’esecutivo unitario, in base alla quale i presidenti dovrebbero aver controllo totale del governo, anche violando le tutele sancite dal Congresso. Trump sta cercando di rilanciarla in forma ancora più estrema, contando sul fatto che il presidente dell’attuale Corte Suprema, John Roberts, in due casi separati che coinvolgevano Trump ha affermato che la presidenza ha bisogno di un “esecutivo energico”. E la Casa Bianca sta fecondo di tutto per ottenerlo.
I legali del presidente, infatti, stanno regolarmente incalzando i massimi togati ad intervenire in cause mosse contro i licenziamenti decisi dal governo conservatore nell’ultimo mese. Questo mercoledì, ad esempio, l’Amministrazione Trump ha dichiarato alla Corte Suprema che gli sviluppi di appelli che hanno fatto seguito al blitz di azioni esecutive del presidente richiedono “un’azione tempestiva” da parte dei giudici. Comunque la Corte risponderà, sicuramente non sarà il loro ultimo tentativo.

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