L'esercito di Israele è entrato a Gaza City: «La città sta bruciando»
di Redazione
I soldati di Idf sono nel cuore della capitale della Striscia. La disperazione dei familiari degli ostaggi: «Questa notte potrebbe essere l'ultima»

«Abbiamo avviato un'intensa operazione a Gaza». Così il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato l'inizio dell'invasione di terra a Gaza City, dove nella notte sono entrati i carri armati delle Forze israeliane di difesa (Idf). «Lo Stato di Israele si trova in un momento cruciale» ha aggiunto, affermando che «oggi stanno accadendo cose molto importanti». Poco prima, il ministro della Difesa, Israel Katz, era stato ancora più esplicito: «Gaza sta bruciando, l'Idf sta colpendo le infrastrutture terroristiche con il pugno di ferro». Il riferimento è all'operazione militare scattata lunedì sera (attorno alle 23 locali) per occupare Gaza City, da settimane sotto ordine di evacuazione.
Fonti mediche di Gaza sentite dalla Cnn riferiscono un bilancio di almeno 38 morti nei raid notturni. Gli ospedali al-Shifa e Battista di Gaza City hanno segnalato rispettivamente 23 e 12 vittime, altre 3 sono segnalate dall'ospedale al-Aqsa. Ma il bilancio è destinato ad aumentare, viste le decine di feriti. Video ottenuti dalla Cnn «mostrano i corpi di numerosi bambini insanguinati che arrivano negli ospedali nel nord di Gaza, insieme ad adulti che urlano di dolore mentre piangono i corpi dei loro figli, coperti da sudari bianchi». La televisione pubblica israeliana Kan, citando resoconti palestinesi, parla di carri armati nelle strade della "capitale" della Striscia.
Il segretario di Stato americano, Marco Rubio - che domenica e lunedì ha incontrato il premier israeliano Benjamin Netanyahu a Gerusalemme e oggi è atteso in Qatar - ha confermato che «gli israeliani hanno iniziato le operazioni in quella zona (Gaza City). Riteniamo quindi che il tempo a disposizione per raggiungere un accordo sia molto breve - ha aggiunto -. Non abbiamo più mesi a disposizione, ma probabilmente solo giorni e forse qualche settimana». La prima scelta degli Usa, ha detto Rubio, è «che tutto questo finisca con un accordo negoziato in cui Hamas dichiari: "Ci smilitarizzeremo, non saremo più una minaccia". Aggiungendo che «se c'è un Paese al mondo» in grado di «aiutare» con la sua mediazione «quello è il Qatar». Dopo il raid a Doha mirato contro la leadership politica di Hamas, il Qatar ha protestato duramente contro Israele ma non ha rinunciato al ruolo di mediatore, insieme con l'Egitto, fra Tel Aviv e Hamas.
Secondo i dati forniti dall'Idf, sarebbero 350mila i palestinesi che hanno lasciato Gaza City, prima del raid di lunedì sera. Si stima che altre migliaia sia fuggite nel corso della notte, subito dopo la pesante ondata degli attacchi aerei, ha detto una fonte della difesa al Times of Israel. Secondo la stessa fonte, con l'avanzare dell'operazione di terra, nei prossimi giorni crescerà il tasso dei civili che se ne andranno dalla principale città del nord. Prima dell'offensiva, erano circa un milioni gli abitanti. Quasi tutti sfollati di ritorno. Ora è stato chiesto loro di lasciare per la seconda volta la città e tornare nei campi di sfollati nel sud della Striscia, e specificamente nella cosiddetta zona "umanitaria" costiera di al-Mawasi. Ma molti resteranno di fatto intrappolati. La maggior parte della popolazione «non è in grado di andarsene o sceglie di non farlo, perché sfollata più volte», ha osservato il portavoce dell'Onu, Stephane Dujarric. Senza contare, aggiunge, «l'altissimo costo del trasporto per le famiglie».
Fra chi non pensa ad andarsene c'è il parroco di Gaza, padre Gabriel Romanelli. Dalla parrocchia della Sacra Famiglia di Gaza City conferma che nessuno lascerà il compound, da dove «si sentono molti bombardamenti». «Ci sono quartieri interi che stanno evacuando e bombardando, molta gente fugge, non c'è modo di conteggiarla esattamente, la gente sta andando verso sud ed è disperata», racconta. Nella parrocchia, tra sfollati e disabili, lunedì è stato cantato lo Stabat Mater, esprimendo il dolore di Maria ai piedi di Gesù sulla Croce.
A Gerusalemme, già nella notte i parenti degli ostaggi prigionieri nella Striscia si sono riuniti sotto la residenza di Netanyahu per denunciare il rischio che l'operazione militare rappresenta per i loro cari. «Ci barricheremo qui, non ci muoveremo da qui», ha detto Anat Angrest, madre dell'ostaggio Matan Angrest: «I nostri cari vengono bombardati dalle Idf su ordine del primo ministro. Sta facendo di tutto per impedire un accordo e il loro ritorno». Michel Illouz, il cui figlio Guy Illouz è stato rapito e assassinato durante la prigionia, ha accusato Netanyahu: «Il sangue di mio figlio è sulle vostre mani».
Il ministro degli Esteri e vicepremier, Antonio Tajani, ha dichiarato: «Abbiamo sempre detto di essere contrari all'offensiva su Gaza per i rischi che corre la popolazione civile, non certo per difendere Hamas che usa gli ostaggi come scudi umani». Serve «accelerare i tempi per un cessate il fuoco, la liberazione degli ostaggi senza condizioni e la fine degli attacchi - ha aggiunto -. Si è già vista carneficina in questi mesi a Gaza, non sarà facile».
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