L'arcivescovo Delpini e il viaggio in Terra Santa «con il coraggio della pace»

Il racconto in prima persona dei giorni trascorsi tra Israele e Cisgiordania con una delegazione dei vescovi della Lombardia: «Israeliani e palestinesi reclamano un assurdo diritto alla vendetta. Ma c’è anche l’audacia di uno spiraglio»
November 2, 2025
Nella fotto si vedono l’arcivescovo di Milano Mario Delpini seduto a terra in un villaggio beduino con altri partecipanti al recente pellegrinaggio in Terra Santa
L’arcivescovo di Milano Mario Delpini con la delegazione di vescovi della Lombardia in un villaggio beduino in Terra Santa
I vescovi della Lombardia hanno effettuato, negli ultimi giorni di ottobre, un pellegrinaggio in Terra Santa. Un segno di concreta vicinanza sia alle persone che hanno vissuto la tragedia del 7 ottobre e la guerra che ne è seguita, sia alla Chiesa locale che è stata in prima fila per assistere i più poveri. Di qui una serie di incontri, con israeliani e con palestinesi, e la visita all’ultimo villaggio cristiano rimasto in Cisgiordania che resta come un faro di possibile mediazione all’interno di una situazione comunque molto complicata. L’arcivescovo Mario Delpini e gli altri presuli della regione hanno incontrato anche il Patriarca, cardinale Pierbattista Pizzaballa. Un abbraccio fraterno che non ha nascosto le difficoltà che devono essere affrontate. A partire dall’eredità di odio e rancore che arriva da lontano e che questi ultimi anni hanno aggravato. Ma anche un momento per ribadire la speranza che affonda la propria radice in Gesù e che non rischia di andare delusa. Qui le riflessioni dell’Arcivescovo di Milano a conclusione del pellegrinaggio. 
Hanno troppo sofferto e hanno fatto troppo soffrire. I popoli di Terra Santa, israeliani e palestinesi, hanno troppo sofferto e il troppo soffrire ha generato una follia rabbiosa. Entrambi i popoli pretendono il monopolio della sofferenza e avanzano la pretesa di un diritto assurdo alla vendetta.

La follia rabbiosa

La rabbiosa follia può diventare anche lucida ideologia e cercare giustificazioni in una lettura selettiva dei libri santi, che si tratti della Torah o del Corano. La rabbiosa follia può diventare efficiente e spietata organizzazione. E chi è più forte può picchiare più duramente. La violenza è folle e perciò risulta incomprensibile e inaccettabile ogni invito alla saggezza, alla ragionevolezza, alla lungimiranza. Così il patriarca Pizzaballa riceve critiche e offese da israeliani e palestinesi che si sentono accusati e incompresi dalle sue parole.

Lo spiraglio

Hanno troppo sofferto. Abbiamo incontrato il papà di una ragazza israeliana di 15 anni uccisa in un attentato mentre tornava la scuola e il papà di un bambino palestinese di 6 anni ucciso in un attacco israeliano. Hanno troppo sofferto. Hanno sentito il violento istinto della vendetta. Poi però si sono domandati: ma se io uccido chi ha ucciso, riavrò mio figlio, riavrò mia figlia? Hanno cominciato a considerare che le lacrime e il sangue di entrambi hanno lo stesso colore e lo stesso strazio. Hanno compreso che entrambi sono esseri umani. Nell’incontro con i vescovi di Lombardia hanno dichiarato che l’intenzione della loro associazione “Parents Circle” è quella di professare e di diffondere questa evidenza: siamo esseri umani. L’audacia di uno spiraglio.

E adesso?

Nell’incontro con il Patriarca i vescovi di Lombardia e i loro accompagnatori hanno condiviso la speranza, anzi la realistica aspettativa che «la tregua duri», soprattutto perché è voluta dalle grandi potenze che sono particolarmente interessate nella regione. Se la tregua si mantiene, nella sua fragilità e discontinuità, diventa inevitabile la domanda: «E adesso?». Per procedere a una qualche forma di ricostruzione di quanto è stato distrutto sono necessari punti di riferimento e progetti. Si cercano perciò interlocutori, che, a quanto pare, non ci sono. In questa situazione ancora confusa e incerta risulta utile che ci sia una regia e una lungimiranza anche per gli aiuti che le Chiese di Lombardia, la Cei tramite Caritas Italiana e molte associazioni possono far pervenire. Il Patriarcato intende procedere alla ricostruzione di una scuola cattolica che è stata distrutta. Il Patriarcato intende offrire ai ragazzi un messaggio di speranza e una struttura educativa. In questi anni non c’è stata possibilità di andare a scuola e i ragazzi, i bambini hanno vissuto nell’angoscia e nel nulla. I traumi psicologici segnano forse per sempre la loro vita, come le mutilazioni e la morte dei genitori. Ma tutti possono ancora imparare l’arte di vivere, di vivere bene.

Continuerà la vita?

La vita continua: in Cisgiordania, in Gerusalemme e nella regione si vive in un altro scenario. Da un lato i territori di Israele presentano l’aspetto di una intraprendenza sorprendente se si guarda al numero delle gru e ai cantieri stradali che lavorano a pieno ritmo. D’altro lato i territori palestinesi sono stremati dall’interruzione dei rapporti di lavoro e di mercato con Israele, dalla mancanza di lavoro per la radicale riduzione dei pellegrinaggi in Terra Santa, dalle limitazioni nella possibilità di accedere all’acqua e all’energia elettrica. E questa miseria è assediata da un clima di insicurezza per l’aggressività di coloni israeliani che con cattiveria incomprensibile aggrediscono i palestinesi che raccolgono le olive, bruciano le piante, occupano terre. «In assenza di forze dell’ordine che contengano e impediscono la violenza, l’unico modo di tener a freno i coloni – dice il Parroco di Taybeh, unico paese interamente cristiano in Palestina – è attirare l’attenzione internazionale su queste terre». Perciò la visita di esponenti della diplomazia internazionale e anche la nostra visita di vescovi è una presenza provvidenziale. Il sindaco di Betlemme, a chi gli chiede che cosa possiamo fare, che cosa possiamo dare, risponde: «Noi non vogliamo vivere di beneficenza. Noi vogliamo vivere del nostro lavoro. Perciò se volete aiutarci, venite in pellegrinaggio, promuovete pellegrinaggi. Per moltissimi abitanti di Betlemme il lavoro è quello di accogliere e accompagnare pellegrinaggi. Contrastate la paura che fa di ogni erba un fascio e si immagina che tutto il Paese sia sotto le bombe». E molti hanno accompagnato il pellegrinaggio dei vescovi in Terra Santa con apprensione come se noi fossimo dei temerari in cerca di guai. In realtà Gerusalemme e Betlemme e molte altre parti della Terra Santa sono terre sicure: però sono tristi, perché mancano le preghiere, i canti e i silenzi dei pellegrini, ai quali erano abituati. Tutti ci hanno ringraziato per questo pellegrinaggio: è stato accolto come un messaggio. Non siete soli! L’impressione di essere soli e di non aver futuro induce molti cristiani a lasciare questa terra e a cercare condizioni di vita in altre terre dove saranno per sempre stranieri. Ma se i cristiani se ne vanno, che cosa sarà della Terra Santa?

Scintille di luce

La sapiente organizzazione del nostro pellegrinaggio ha programmato incontri edificanti e incoraggianti. Tra i beduini abbiamo incontrato suore che passano la giornata per offrire in villaggi di case precarie e di desolazione la possibilità per i bambini di avere una scuola di infanzia aperta. Nella scuola insegnano donne beduine qualificate, avvantaggiate dal fatto di abitare nel territorio e quindi di poter essere presenti tutti i giorni, evitando gli imprevisti di un viaggio reso difficile dai controlli e dalle limitazioni alla circolazione. Le donne beduine insegnano a scuola, tengono viva la tradizione del ricamo tradizionale e offrono i loro prodotti a chi ne riconosce la qualità e ne promuove il commercio. Una scintilla di luce in una terra deserta, senz’acqua, senza corrente elettrica, senza lavoro. E sì che dicono che il terreno è molto fertile. Ma dov’è l’acqua per farlo fiorire? Nella scuola per bambini audiolesi voluta da Paolo VI dopo il suo memorabile viaggio in Terra Santa operano suore esemplari per dedizione e competenza, compassione e lungimiranza. Insegnano a ciascuno a mettere a frutto tutte le sue risorse e sono orgogliose di poter mostrare donne che hanno frequentato la scuola da bambine, hanno imparato a parlare nonostante la loro limitazione e sono arrivate fino alla laurea. Nell’imponente sede della Custodia di Terra Santa operano decine di frati minori per prendersi cura dei luoghi santi, della preghiera e delle celebrazioni dei pellegrini. Sono frati che vengono da diversi Paesi del mondo e tutti, ispirandosi a Francesco di Assisi, salutano con le stesse parole e con lo stesso sentimento: «Pace e bene». Negli ambienti della Custodia è presente anche l’Accademia di Musica: tra gli studenti e i professori ci sono cristiani palestinesi, ebrei, musulmani. Studiano e suonano insieme. Del resto in tutte le scuole cattoliche sono accolti senza discriminazioni studenti di varia appartenenza. Una scintilla di luce in un contesto in cui l’identità e l’appartenenza religiosa sono principio di divisione e di ostilità. Sì, i cristiani possono essere un ponte tra i popoli e favorire percorsi inediti verso il futuro. Hanno anche il coraggio di pronunciare le parole proibite, come perdono, riconciliazione, pace.
La delegazione dei vescovi della Lombardia durante il pellegrinaggio in Terra Santa
La delegazione dei vescovi della Lombardia durante il pellegrinaggio in Terra Santa

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