La grande sfida: Usa e Cina gareggiano per “prendersi” l'Africa

Caccia alle immense risorse del continente. In gioco c'è la leadership tecnologica, quella che garantirà una posizione di predominio nel futuro geopolitico che verrà
November 11, 2025
Una miniera d'oro in Sudafrica
Una miniera d'oro in Sudafrica/ ANSA
Un’occasione formidabile? O un nuovo, esiziale, rischio per il Continente? Una cosa è certa: come scrive “Newsweek”, «l'enorme ricchezza mineraria dell'Africa sta rimodellando le dinamiche del potere globale nel XXI secolo», innescando una nuova contesa geopolitica. Inutile dire quali siano gli “attori” coinvolti oggi in questa corsa: Cina e Stati Uniti. Una partita nella quale ruoli (e preminenze) sembravano definiti. Con il gigante asiatico assiso in una posizione di forza, apparentemente inscalfibile. Eppure – come mostrano i dati elaborati dalla China Africa Research Initiative della Johns Hopkins University – qualcosa sta cambiando. Nel 2023 gli Stati Uniti hanno investito 7,8 miliardi di dollari in Africa, contro i 4 miliardi di dollari della Cina. Hanno, quindi, superato – «silenziosamente», come sottolinea la Bbc – la Cina come «maggiore investitore diretto estero in Africa». Non accadeva dal 2012. A governare questo flusso è l’agenzia governativa chiamata “US International Development Finance Corporation”.
Istituita nel 2019 durante il primo mandato del presidente Donald Trump, l’agenzia non vela le sue ambizioni: contrastare Pechino. Lo si legge a chiare lettere il sito web: la sua ragione d’essere è «contrastare la presenza cinese in regioni strategiche». Cosa c’è in “palio”? Come spiegano gli analisti, in gioco non c’è la semplice rivalità tra la prima e la seconda economia al mondo. Ma qualcosa di più: la leadership tecnologica, quella che garantirà una posizione di predominio nel futuro geopolitico che verrà. E qui che entra in scena l'Africa. Il Continente nero detiene quasi il 30% delle riserve mondiali di minerali come cobalto, litio e terre rare. Le stesse che alimenteranno settori strategici dell’economia mondiale, dall’elettronica e dalle telecomunicazioni alle energie rinnovabili, alla difesa e ai sistemi aerospaziali. Con l'aumento della domanda globale – che si prevede esploderà da due a dieci volte entro il 2050 –, il ruolo dell’Africa sarà sempre più preponderante. Chi vincerà la corsa? È possibile azzardare dei pronostici? In realtà il quadro è complesso, prismatico: presenta molte sfaccettature. E lo scontro è tutt’altro che deciso. La Cina vanta una serie di vantaggi indiscutibili. Prima di tutti il predominio nella raffinazione e nella lavorazione. «Anche quando le materie prime vengono estratte al di fuori della Cina – scrive ancora Newsweek – «fino al 60-80% della capacità di raffinazione globale, in particolare per cobalto, litio e terre rare, avviene in Cina. Questo consente a Pechino di controllare le catene di approvvigionamento globali». Secondo punto di forza del gigante asiatico: il commercio. Negli ultimi 20 anni, Pechino è diventata il principale partner commerciale bilaterale dell’Africa subsahariana. Nel 2003, la Cina primeggiava nel commercio con 18 Paesi africani, il 35% del totale. Vent'anni dopo, lo stesso numero è schizzato verso l’alto: 52 nazioni africane su 54 (il 97%) commerciano di più con la Cina che con gli Stati Uniti. Secondo il Fondo monetario internazionale, circa il 20% delle esportazioni della regione è destinato alla Cina e il 16% delle importazioni africane proviene dal gigante asiatico. Nel 2024, il commercio tra Cina e Africa ha raggiunto i 295 miliardi di dollari, con un aumento del 6% rispetto all'anno precedente.
Dunque i giochi sono fatti? Gli Usa non sembrano rassegnati al primato asiatico. Anzi, hanno impresso una svolta diplomatica per tentare di riaprire la partita. L'accordo di pace mediato dal presidente Usa tra la Repubblica Democratica del Congo e il Ruanda. L'intesa mira a stabilizzare il Congo orientale, dove si trovano risorse minerarie vitali. «L'accordo segna un notevole cambiamento nella politica statunitense, collegando direttamente gli sforzi di costruzione della pace all'accesso strategico alle risorse», chiosa Newsweek. Fin qui la competizione dei due giganti. Rischia di rimanere, così in ombra proprio l’attore che dovrebbe diventare protagonista dell’intero processo: l’Africa. Saprà il Continente liberarsi da “corteggiamenti” interessati e logiche “predatorie”, per trasformare la ricchezza del suo sottosuolo in benessere diffuso? Il rischio è chiaro: il confinamento in posizioni marginali nella catena del valore globale. Come scrive il sito di analisti “The Conversation”, servono strategie chiare. Senza l’Africa rischia di «rimanere intrappolata nella dipendenza anziché riuscire a trarre vero valore dalla sua immensa ricchezza mineraria».

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