Invettive, autoelogi, accuse: il mondo di Trump in scena all'Onu
Lo stop al riconoscimento della Palestina, le previsioni apocalittiche sui migranti, le accuse a Lula: ecco cosa ha detto il presidente Usa alle Nazioni Unite. «Ho avuto ragione su tutto»

Sarà per quelle «piastrelle a basso costo» vicino al podio che, fin dal 2012, avevano attirato le sue critiche e si era offerto – allora potente immobiliarista – di cambiarle, ristrutturando l’intero Palazzo diVetro per 500 milioni di dollari. Sarà perché quella proposta «davvero conveniente, che sostituito le terrazze con lussuosi pavimenti di marmo e i pannelli con mura di mogano» era stata respinta al mittente. O perché la scala mobile all’entrata – così ha raccontato – si è bloccata a metà mentre saliva. O, ancora, perché il gobbo dove aveva caricato l’intervento non si è acceso e lo ha costretto a ricorrere agli appunti sparsi sui fogli di carta. Fatto sta che a Donald Trump le Nazioni Unite non piacciono proprio.
Lo aveva detto nell’esordio da presidente all’Assemblea generale 2020. Cinque anni dopo – nel mezzo delle celebrazioni dell’ottantesimo anniversario dell’Organizzazione creata proprio grazie alla forte spinta americana –, il capo della Casa Bianca ha rincarato la dose. In un discorso-show da 57 minuti – 3 ore e 29 minuti in meno di Fidel Castro ma comunque quasi cinque i 19 minuti previsti – ha lanciato una debordante invettiva contro le «istituzioni globaliste» in generale e l’Onu in particolare: ha un «tremendo potenziale ma non è capace di esprimerlo»: «scrive lettere, le parole, però, non risolvono i conflitti». Per fortuna – questo il suo leitmotiv ricorrente –, ci ha pensato il capo della Casa Bianca «a fermare sette guerre». Il tutto senza il «minimo contributo delle Nazioni Unite», le quali «sono state inefficaci». Al contrario, queste ultime «creano e finanziano l’invasione». Così ha definito più volte le migrazioni, origine di tutti i problemi europei. Insieme alle misure per arginare il riscaldamento globale.
Il tycoon ha bacchettato direttamente il Vecchio Continente accusato di portare avanti un «fallito esperimento dei confini aperti», come dimostra il «terribile» caso del sindaco di Londra di origini pachistane, Sadiq Kahn: «È ora di mettervi fine, ora. Altrimenti i vostri Paesi andranno all’inferno. Migrazione e politiche verdi saranno la morte dell’Europa».
L’esempio da seguire è quello del Salvador del presidente-dittatore Nayib Bukele, esplicitamente citato. E, ovviamente, la sua Amministrazione, fautrice di «misure coraggiose», grazie alle quali «l’America vive l’età dell’oro» anche grazie all’imposizione di dazi. «Ho avuto ragione su tutto. Sono bravo a fare previsioni» – ha aggiunto –, a differenza degli esperti delle Nazioni Unite che, sul clima, lanciano allarme «per motivi spesso sbagliati». «L’emergenza ambientale è la più grande truffa mai messa in atto. Se non state alla larga dalle politiche verdi, andrete in bancarotta». Appena una manciata di minuti del del je accuse-fiume sono stati dedicati al riconoscimento della Palestina, avviato appena 24 ore prima da undici nazioni , Francia e Gran Bretagna in testa. Questa mossa «unilaterale è una ricompensa ad Hamas e ai suoi terribili attacchi, compresi quelli del 7 ottobre», ha affermato The Donald, glissando invece su Gaza e sulle passate promesse di esercitare pressioni su Israele per far aumentare il flusso di aiuti.
Il mondo – ha aggiunto – dovrebbe unirsi nell’esigere da parte del gruppo armato «il rilascio immediato degli ostaggi. Finora, invece, Hamas ha rifiutato le offerte ragionevoli di pace». L’affermazione è arrivata proprio nelle stesse ore in cui il segretario di Stato, Marco Rubio, il rifiuto dell’ultima proposta dei miliziani, recapitata via Qatar, in cui parlavano di una tregua di sessanta giorni in cambio della liberazione di metà dei rapiti. Sull’Ucraina, invece, il leader Usa ha ripetuto l’affondo a Nato ed Europa, definiti «imbarazzanti». «Continuano a comprare il gas e il petrolio dalla Russia mentre la combattono», ha detto sotto lo sguardo attento di Volodymyr Zelensky che lo fissava dalla platea.
Non è mancata una menzione al “duellante” Luiz Inácio Lula da Silvia , che lo ha preceduto sul podio come da tradizione. Con il leader progressista, il presidente ha in corso una contesa a distanza in seguito al processo e alla condanna di Jair Bolsonaro. Trump è intervenuto a gamba tesa nella difesa dell’alleato. Di fronte al fermo rifiuto di «ingerenze» da parte di Brasilia, la Casa Bianca ha portato al 50 per cento le tasse sulle importazioni. Quando, però, i due “rivali” si sono incontrati nel corridoio di Palazzo di Vetro, Trump lo ha abbracciato. «Fra di noi c’è un’ottima chimica. Ci vedremo la settimana prossima», ha dichiarato poco dopo nell’intervento ufficiale. Una distensione tra i due Giganti del Continente?
Niente affatto: per il capo della Casa Bianca «il Brasile sta facendo male e continuerà a farlo. Senza di noi fallirà come gli altri hanno già fallito». Non è facile sintetizzare l’ora quasi di allocuzione del leader conservatore, ricorso all’armamentario quasi completo dei propri cavalli di battaglia: dall’espulsione di massa al braccio di ferro commerciale, passando per il motto “drill baby drill”. Nulla di nuovo di per sé. Certo quelle parole pronunciate in una sede e in un’occasione solenne hanno provocato un certo straniamento. Forse per questo, dopo aver ribadito il proprio impegno per la difesa della libertà religiosa, scendendo dal podio, Trump si è accostato al segretario António Guterres. «Gli Usa sostengono l’Onu – l’ha rassicurato – al cento per cento».
Lo aveva detto nell’esordio da presidente all’Assemblea generale 2020. Cinque anni dopo – nel mezzo delle celebrazioni dell’ottantesimo anniversario dell’Organizzazione creata proprio grazie alla forte spinta americana –, il capo della Casa Bianca ha rincarato la dose. In un discorso-show da 57 minuti – 3 ore e 29 minuti in meno di Fidel Castro ma comunque quasi cinque i 19 minuti previsti – ha lanciato una debordante invettiva contro le «istituzioni globaliste» in generale e l’Onu in particolare: ha un «tremendo potenziale ma non è capace di esprimerlo»: «scrive lettere, le parole, però, non risolvono i conflitti». Per fortuna – questo il suo leitmotiv ricorrente –, ci ha pensato il capo della Casa Bianca «a fermare sette guerre». Il tutto senza il «minimo contributo delle Nazioni Unite», le quali «sono state inefficaci». Al contrario, queste ultime «creano e finanziano l’invasione». Così ha definito più volte le migrazioni, origine di tutti i problemi europei. Insieme alle misure per arginare il riscaldamento globale.
Il tycoon ha bacchettato direttamente il Vecchio Continente accusato di portare avanti un «fallito esperimento dei confini aperti», come dimostra il «terribile» caso del sindaco di Londra di origini pachistane, Sadiq Kahn: «È ora di mettervi fine, ora. Altrimenti i vostri Paesi andranno all’inferno. Migrazione e politiche verdi saranno la morte dell’Europa».
L’esempio da seguire è quello del Salvador del presidente-dittatore Nayib Bukele, esplicitamente citato. E, ovviamente, la sua Amministrazione, fautrice di «misure coraggiose», grazie alle quali «l’America vive l’età dell’oro» anche grazie all’imposizione di dazi. «Ho avuto ragione su tutto. Sono bravo a fare previsioni» – ha aggiunto –, a differenza degli esperti delle Nazioni Unite che, sul clima, lanciano allarme «per motivi spesso sbagliati». «L’emergenza ambientale è la più grande truffa mai messa in atto. Se non state alla larga dalle politiche verdi, andrete in bancarotta». Appena una manciata di minuti del del je accuse-fiume sono stati dedicati al riconoscimento della Palestina, avviato appena 24 ore prima da undici nazioni , Francia e Gran Bretagna in testa. Questa mossa «unilaterale è una ricompensa ad Hamas e ai suoi terribili attacchi, compresi quelli del 7 ottobre», ha affermato The Donald, glissando invece su Gaza e sulle passate promesse di esercitare pressioni su Israele per far aumentare il flusso di aiuti.
Il mondo – ha aggiunto – dovrebbe unirsi nell’esigere da parte del gruppo armato «il rilascio immediato degli ostaggi. Finora, invece, Hamas ha rifiutato le offerte ragionevoli di pace». L’affermazione è arrivata proprio nelle stesse ore in cui il segretario di Stato, Marco Rubio, il rifiuto dell’ultima proposta dei miliziani, recapitata via Qatar, in cui parlavano di una tregua di sessanta giorni in cambio della liberazione di metà dei rapiti. Sull’Ucraina, invece, il leader Usa ha ripetuto l’affondo a Nato ed Europa, definiti «imbarazzanti». «Continuano a comprare il gas e il petrolio dalla Russia mentre la combattono», ha detto sotto lo sguardo attento di Volodymyr Zelensky che lo fissava dalla platea.
Non è mancata una menzione al “duellante” Luiz Inácio Lula da Silvia , che lo ha preceduto sul podio come da tradizione. Con il leader progressista, il presidente ha in corso una contesa a distanza in seguito al processo e alla condanna di Jair Bolsonaro. Trump è intervenuto a gamba tesa nella difesa dell’alleato. Di fronte al fermo rifiuto di «ingerenze» da parte di Brasilia, la Casa Bianca ha portato al 50 per cento le tasse sulle importazioni. Quando, però, i due “rivali” si sono incontrati nel corridoio di Palazzo di Vetro, Trump lo ha abbracciato. «Fra di noi c’è un’ottima chimica. Ci vedremo la settimana prossima», ha dichiarato poco dopo nell’intervento ufficiale. Una distensione tra i due Giganti del Continente?
Niente affatto: per il capo della Casa Bianca «il Brasile sta facendo male e continuerà a farlo. Senza di noi fallirà come gli altri hanno già fallito». Non è facile sintetizzare l’ora quasi di allocuzione del leader conservatore, ricorso all’armamentario quasi completo dei propri cavalli di battaglia: dall’espulsione di massa al braccio di ferro commerciale, passando per il motto “drill baby drill”. Nulla di nuovo di per sé. Certo quelle parole pronunciate in una sede e in un’occasione solenne hanno provocato un certo straniamento. Forse per questo, dopo aver ribadito il proprio impegno per la difesa della libertà religiosa, scendendo dal podio, Trump si è accostato al segretario António Guterres. «Gli Usa sostengono l’Onu – l’ha rassicurato – al cento per cento».
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