Il Giappone lancia le nonne in affitto, antidoto alla solitudine
di Luca Miele
Con “OK!Obaachan”, si offrono una serie di servizi: dalla scuola di cucina al sostegno emotivo per chi si sente solo

Il segreto? Offrire “sostegno emotivo”. L’ingrediente decisivo? Il tempo, tempo per regalare cura, tempo da dedicare alle relazioni, quel tempo che normalmente viene stritolato e fantasmizzato dai mille impegni quotidiani. Il servizio si chiama “OK!Obaachan” (OK!Nonna) ed è stato lanciato nel 2011 da Client Partners, un'azienda di "tuttofare solo per donne", gestita da donne e che impiega solo donne. E che oggi schiera un piccolo esercito: 300-400 dipendenti, di queste 80 hanno più di 60 anni.
Con un pagamento di 3.300 yen per il trasporto a cui aggiungere una tariffa oraria di 3.300 yen, si può contare su “una nonna personale”. Le mansioni svolte dalle “nonne in affitto” possono essere molteplici, non essendo “ingabbiate” in una griglia rigida di compiti. Secondo il sito web di OK!Obaachan, le richieste soddisfatte sono le più disparate: le nonne in affitto possono insegnare a cucinare, mediare controversie familiari, scrivere con una bella calligrafia, fare da babysitter, fornire sostegno emotivo o semplicemente fare compagnia a chi si sente solo. "Non mi annoio mai. Posso uscire e vivere queste esperienze ed è per questo che accettare questo lavoro è stata la decisione giusta per me", ha raccontato una “nonna a noleggio”, Taeko Kaji, 69 anni.
Secondo i responsabili di Client Partners, il segreto dell’azienda, l’ingrediente che li distingue dalle altre "aziende di tuttofare", è proprio il supporto emotivo fornito. “Molti clienti si sono rivolti a noi perché poteva essere difficile per loro chiedere aiuto anche per questioni che potevano essere risolte tra parenti o familiari. Le nostre nonne, che cucinano per gli ospiti e si comportano in maniera materna, contribuiscono a fornire il calore di cui essi hanno bisogno", spiegano dall’azienda.
Come leggere questo fenomeno? Siamo davanti a uno scenario che offre possibilità relazionali insperate dinanzi “all’epidemia di solitudine” che ha intaccato le società avanzate asiatiche? Oppure si tratta di una (infida) metamorfosi del principio del “fine-lavoro” mai, di un lavoro, cioè, che tende a diventare coestensivo all’intera esistenza? Secondo Kaori Okano, professoressa di Studi Asiatici e Giapponese alla La Trobe University, “queste organizzazioni danno un un senso di autorealizzazione a donne che prima erano disoccupate, grazie al fatto di poter essere utili e apprezzate dagli altri".
Di sicuro l’iniziativa prova a “fronteggiare” il mix di contraddizioni che lacera la società giapponese. L’invecchiamento della popolazione, innanzitutto. Nel Paese le persone di età pari o superiore a 65 anni sono 36,19 milioni. I centenari sono 99.763. Si tratta di una tendenza apparentemente irreversibile. Secondo il National Institute of Population and Social Security Research, entro il 2050 una famiglia giapponese su cinque sarà composta da anziani soli. In totale si stima che saranno 10,8 milioni i nuclei familiari formati da un anziano che vive in solitudine. Come sottolinea il Japan Times, si tratta di un aumento rispetto al 2020, quando 7,37 milioni di anziani, ovvero il 13,2% di tutte le famiglie, vivevano senza compagnia.
Il Giappone sta diventando sempre più un “arcipelago” di solitudine? Secondo un sondaggio governativo, il 39% di giapponesi dichiara di sentirsi solo. La percentuale di persone che si sentivano sole "spesso o sempre", "a volte" o "ogni tanto" era del 39,3% nel 2024, invariata rispetto al precedente sondaggio del 2023. C’è infine un altro aspetto del “prisma” Giappone. In molti casi le pensioni non sono sufficienti a garantire un livello di vita dignitoso. Costringendo molti anziani a cercare una nuova occupazione. Secondo l'Ufficio di Statistica, in Giappone ci sono circa 9,3 milioni di persone che lavorano oltre i 65 anni. Un anziano su quattro, insomma, rimane nel mondo del lavoro dopo l'età pensionabile.
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