Gaza e Kiev sullo sfondo: e Trump intanto fa affari con Bin Salman
Al Business Forum di Riad il presidente Usa fa affari per mille miliardi e annuncia la normalizzazione con la Siria: mercoledì vede al-Sharaa. «Ramoscello d’olivo all’Iran, ma lo accetti»

«Un futuro in cui il Medio Oriente è definito dal commercio, non dal caos; dove esporta tecnologia, non terrorismo; e dove persone di nazioni, religioni e credi diversi costruiscono città insieme, non si bombardano a vicenda». È il sogno di Trump. O meglio il progetto che, ha detto, «una nuova generazione di leader» mediorientali «sta già forgiando». Al Business Forum di Riad, il presidente americano ha declamato: «Dopo tanti decenni di conflitto, finalmente è alla nostra portata raggiungere il futuro che le generazioni prima di noi potevano solo sognare: una terra di pace, sicurezza, armonia, opportunità, innovazione e successi proprio qui in Medio Oriente». Peccato che tra gli accordi economicamente più consistenti siglati in Arabia Saudita, ci siano forniture militari a Riad per 142 miliardi di dollari. E che tra i «nuovi leader» figuri l’ex jihadista al-Jolani, da gennaio presidente siriano Ahmed Hussein al-Sharaa, peraltro già ricevuto da Macron a Parigi. La Casa Bianca ha confermato che Trump lo «saluterà» in giornata. «Dobbiamo sperare – ha detto – che abbia successo nello stabilizzare il Paese e mantenere la pace». Quando Trump ha annunciato che toglierà le sanzioni alla Siria è partita una standing ovation: «Ho già avviato la normalizzazione dei rapporti con Damasco». Già in settimana il Segretario di stato Marco Rubio incontrerà il ministro degli Esteri siriano.
Atterrato a Riad martedì mattina, il capo della Casa Bianca è accompagnato da uno stuolo di ministri e di capi d’azienda. Big tech alla corte di Mohammed bin Salman. Il principe ereditario saudita, leader de facto, ha dato il benvenuto a Elon Musk, in veste di ceo di Tesla, al ceo di Nvidia, Jensen Huang, a Sam Altman (Open AI), Mark Zuckerberg (Meta), Larry Fink (BlacRok), John Elkann (Stellantis). Assente Tim Cook (Apple). «Il mercato finanziario crescerà» ha detto Trump, parlando di accordi commerciali raggiunti da Amazon, Oracle, Uber, Qualcomm, Johnson & Johnson e altri giganti americani. L’Arabia si è impegnata «a investire 600 miliardi di dollari negli Usa». Tra i settori coinvolti, l’energia, la difesa, la tecnologia, le infrastrutture globali e i minerali essenziali. Fra investimenti e acquisto di prodotti americani, ha annunciato l’inquilino della Casa Bianca, «stiamo aggiungendo oltre mille miliardi di dollari».
Nel futuro radioso che prevede, Trump ha parole di pace per tutti. Oltre alla Siria, il Libano («vogliamo aiutarlo»). Con l’Iran «vogliamo fare un accordo», anche se «devono muoversi subito» perché «le cose stanno succedendo a un ritmo rapido»: «Se la leadership iraniana rifiuterà questo ramoscello d’olivo – avverte – non avremo altra scelta che infliggere il massimo della pressione, portando le esportazioni del petrolio iraniano a zero». Quanto ai rapporti del Golfo con Israele, «è mia fervente speranza e desiderio, e persino sogno – ha detto –, che l’Arabia Saudita entri presto negli accordi di Abramo», l’intesa che nel 2020 stabilì relazioni diplomatiche fra lo Stato ebraico, gli Emirati Arabi e il Bahrein. Ai sauditi ha concesso: «Lo farete al momento opportuno per voi». Un grande applauso è scattato quando Trump ha detto che «la gente di Gaza merita un futuro migliore». E ha promesso: «Riporteremo a casa altri ostaggi».
In serata, la cena ufficiale con i membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo: Bahrein, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia, Emirati. Mercoledì il capo della Casa Bianca potrebbe vedere, oltre ad al-Sharaa, il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen e quello libanese Joseph Aoun. Partirà poi alla volta di Doha, dove per ragioni mediche è saltato l’incontro con l’ostaggio americano liberato lunedì. A seguire andrà ad Abu Dhabi. Non è prevista una tappa in Israele.
Ed è palpabile la distanza fra il sogno di Trump e la realtà della Striscia. Un raid israeliano su un’abitazione vicino all’ospedale europeo di Khan Yunis avrebbero causato almeno 28 morti e 70 feriti, con venti dispersi. Il bersaglio del secondo raid sarebbe stato Mohammed Sinwar, comandante dell’ala armata di Hamas e fratello del leader Yahya ucciso a ottobre. Il premier Benjamin Netanyahu ha ripetuto: «Non fermeremo la guerra». Pur ammettendo che «un cessate il fuoco temporaneo va bene» nel caso in cui Hamas offra «di rilasciare altri dieci ostaggi»: «Li prenderemo. E poi entreremo». A Trump ha concesso l’invio di una delegazione a Doha. Dove a trattare arrivano l’inviato per il Medio Oriente, Steve Witkoff, e quello per gli ostaggi, Adam Boehler. Martedì a Tel Aviv hanno incontrato le famiglie dei 58 rapiti (20 in vita), dicendosi «fiduciosi che ci saranno progressi». «C’è la possibilità di un grande accordo» ha detto Boehler.
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