Dopo i dazi di Trump, arriva la rappresaglia cinese
di Luca Miele
Nel mirino di Pechino l'agroalimentare a stelle e strisce, colpito da tariffe aggiuntive del 10 e del 15 per cento. "Andremo avanti fino alla fine"

La risposta è stata immediata. La Cina ha reagito. Rispondendo all’ordine esecutivo con cui il presidente Usa Donald Trump ha raddoppiato al 20% le tariffe sui prodotti “made in China” imponendo, a sua volta, aumenti delle imposte sulle importazioni per un valore di 21 miliardi di dollari sui prodotti agricoli e alimentari a stelle e strisce. In particolare, Pechino ha deciso di imporre un dazio aggiuntivo del 15% su “pollo, grano, mais e cotone statunitensi” e un'imposta aggiuntiva del 10% su “soia, sorgo, maiale, manzo, prodotti acquatici, frutta e verdura e latticini”. Le misure saranno effettive dal 10 marzo. Pechino ha inoltre imposto restrizioni alle esportazioni e agli investimenti a venticinque aziende statunitensi per motivi di sicurezza nazionale, ma “si è astenuta dal punire nomi noti”. Secondo quanto riporta la Reuters, “le imposte aggiuntive colpiranno circa il 15% delle esportazioni statunitensi verso la Cina, ovvero 21 miliardi di dollari di scambi commerciali".
Il nuovo botta e risposta tra Usa e Cina cade in un momento delicato della vita politica del gigante asiatico. Si è aperta oggi a Pechino la sessione annuale del Comitato nazionale della Conferenza consultiva politica del popolo cinese, Il massimo organo consultivo politico della Cina, che precede di un giorno l’apertura dei lavori della terza sessione del 14° Congresso nazionale del popolo (NPC). Nel corso dei lavori, verrà anche resa pubblica la spesa per la difesa di Pechino.
Il portavoce del ministero degli Esteri Lin Jian ha suonato la carica. "Se gli Stati Uniti persistono nel condurre una guerra tariffaria, una guerra commerciale o qualsiasi altro tipo di guerra, la parte cinese li combatterà fino in fondo, fino a una amara conclusione", ha detto.
"I cinesi non possono essere influenzati da falsità, né scoraggiati da intimidazioni, né hanno mai tollerato egemonia e bullismo". La Repubblica Popolare accusa gli Stati Uniti di usare il "problema" del fentanyl, la droga killer, come "pretesto" per imporre dazi sulle merci cinesi e rivendica la "legittimità" delle sue "contromisure", giudicate "necessarie a tutela dei suoi interessi e diritti". "Pressioni, coercizione e minacce non sono il modo giusto di trattare con la Cina - ha ripetuto Lin -. Tentare la massima pressione sulla Cina è un errore di calcolo".
Il portavoce del ministero degli Esteri Lin Jian ha suonato la carica. "Se gli Stati Uniti persistono nel condurre una guerra tariffaria, una guerra commerciale o qualsiasi altro tipo di guerra, la parte cinese li combatterà fino in fondo, fino a una amara conclusione", ha detto.
"I cinesi non possono essere influenzati da falsità, né scoraggiati da intimidazioni, né hanno mai tollerato egemonia e bullismo". La Repubblica Popolare accusa gli Stati Uniti di usare il "problema" del fentanyl, la droga killer, come "pretesto" per imporre dazi sulle merci cinesi e rivendica la "legittimità" delle sue "contromisure", giudicate "necessarie a tutela dei suoi interessi e diritti". "Pressioni, coercizione e minacce non sono il modo giusto di trattare con la Cina - ha ripetuto Lin -. Tentare la massima pressione sulla Cina è un errore di calcolo".
A rendere ancora più incandescente la situazione, le parole di Trump su Taiwan. Un’invasione dell’isola da parte della Cina? Sarebbe “catastrofica”, ha detto il tycoon. Che ha annunciato un investimento da 100 miliardi di dollari negli Stati Uniti da parte della taiwanese Tsmc, il maggiore produttore al mondo di semiconduttori. Il governo taiwanese ha precisato però che "i processi produttivi più avanzati resteranno a Taiwan". Nel 2020 Tsmc ha aperto un suo impianto in Arizona e nel 2022 ha ricevuto 6,6 miliardi di dollari dal Chips Act, la legge voluta da Joe Biden per rilanciare l'industria dei semiconduttori negli Stati Uniti e aspramente criticata da Trump che ritiene i dazi più efficaci.
Al di là della retorica bellicosa, c’è ancora spazio per trattare? I colpi che Usa e Cina sono di clava o di fioretto? L’escalation è destinata ad affossare qualsiasi possibilità di negoziato, innescando una guerra commerciale "totale" o, al contrario, sopravvivono margini per un accordo? In realtà gli analisti restano cauti. "Il governo cinese sta segnalando che non vuole un'escalation", ha spiegato alla Reuters Even Pay, analista agricolo presso Trivium China. "È giusto dire che siamo agli inizi della guerra commerciale 2.0, ma c'è ancora tempo per evitare una guerra commerciale prolungata se Trump e il presidente cinese Xi Jinping riusciranno a raggiungere un accordo”.
"Entrambe le parti hanno mostrato moderazione", ha affermato Sun Chenghao, professore di relazioni internazionali presso la Tsinghua University di Pechino. “Gli Stati Uniti sperano di ottenere un accordo commerciale con la Cina alla fine. A lungo termine, è possibile che Cina e Stati Uniti continuino a negoziare, anche se l'atmosfera attuale non è buona".
"Entrambe le parti hanno mostrato moderazione", ha affermato Sun Chenghao, professore di relazioni internazionali presso la Tsinghua University di Pechino. “Gli Stati Uniti sperano di ottenere un accordo commerciale con la Cina alla fine. A lungo termine, è possibile che Cina e Stati Uniti continuino a negoziare, anche se l'atmosfera attuale non è buona".
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