Costi energetici alle stelle, Tokyo rivaluta il nucleare
Per la prima volta dal 2011, anno del disastro di Fukushima, i giapponesi sono favorevoli al riavvio dei reattori. La sfida è bilanciare innovazione e prudenza

A quattordici anni dal disastro di Fukushima, il Giappone ha imboccato con decisione la strada del rilancio atomico. Dei 54 reattori operativi prima dell'11 marzo 2011, oggi sono quattordici quelli tornati in funzione su sei centrali diverse. L'ultimo riavvio, quello del reattore Shimane-2 da 789 megawatt nel dicembre 2024, ha certificato un'accelerazione nei tempi che fino a pochi anni fa sembrava impensabile. L'esecutivo nipponico punta al 20% di quota nucleare nel mix energetico entro il 2040, un obiettivo che implica il riavvio di ulteriori unità tra le 33 tecnicamente ancora operabili. Il governo ha deciso di prolungare la vita operativa degli impianti esistenti oltre l'attuale limite di 60 anni, per massimizzare gli investimenti già sostenuti.
La Nuclear Regulation Authority, nata dalle ceneri di Fukushima, ha implementato standard di sicurezza tra i più severi al pianeta. Il processo di riattivazione può richiedere fino a sei anni dalla presentazione della domanda iniziale, con verifiche meticolose che toccano ogni aspetto della sicurezza, dalla resistenza sismica ai sistemi di raffreddamento d'emergenza.
Il vero colpo di scena è arrivato dai sondaggi: per la prima volta dal marzo 2011, la maggioranza dei giapponesi si è dichiarata favorevole al riavvio dei reattori nucleari. Il cambio di tendenza, che si riscontra principalmente nelle generazioni più giovani, è dovuto principalmente all'aumento dei costi energetici seguito all'invasione russa dell'Ucraina. Tuttavia, un sondaggio dell'ottobre 2023 rivela che oltre il 42% della popolazione ritiene ancora opportuno abbandonare gradualmente il nucleare, evidenziando una società divisa.
Non tutto fila liscio nel rilancio nucleare nipponico. La questione delle scorie radioattive rappresenta ancora oggi uno dei talloni d'Achille dell'intera strategia energetica nazionale. Due piccoli villaggi di pescatori nell'isola settentrionale di Hokkaido, Suttsu e Kamoenai, potrebbero diventare la destinazione finale di tutti i rifiuti radioattivi del Paese, ma le resistenze locali rimangono significative e potrebbero complicare seriamente i piani governativi a lungo termine.
Dal punto di vista strettamente economico, l'energia nucleare si inserisce in un contesto strategico decisamente più ampio rispetto al passato. La dipendenza giapponese dalle importazioni di combustibili fossili rappresenta una vulnerabilità strutturale che la pandemia prima e la guerra in Ucraina poi hanno reso drammaticamente evidente, con costi energetici schizzati alle stelle. In questo nuovo scenario geopolitico, il nucleare non appare più come una semplice scelta ideologica ma come una necessità pragmatica fondamentale per garantire la sicurezza energetica nazionale e la competitività economica della nazione.
Il rilancio nucleare giapponese non si limita al recupero del passato ma guarda con crescente interesse alle tecnologie del futuro. Il governo prevede infatti lo sviluppo di reattori di nuova generazione in collaborazione diretta con l'industria nazionale, un segnale strategico che va oltre la semplice riattivazione dell'esistente e punta verso una modernizzazione complessiva e innovativa dell'intero settore energetico.
Questa trasformazione riflette una maturità politica acquisita a caro prezzo, quella di saper bilanciare le legittime preoccupazioni di sicurezza con le necessità energetiche del Paese. Il Giappone sta dimostrando al mondo che è possibile mantenere l'energia nucleare nel proprio portafoglio energetico anche dopo un disastro di proporzioni storiche, purché si investa massicciamente in sicurezza, trasparenza e dialogo costante con le comunità locali.
La sfida per Tokyo sarà ora mantenere questo delicato equilibrio tra innovazione e prudenza, dimostrando che la lezione di Fukushima non è stata dimenticata ma trasformata in una risorsa per costruire un futuro energetico più sicuro, sostenibile e indipendente. Il percorso intrapreso da Tokyo potrebbe diventare un modello per altre nazioni che si trovano ad affrontare il dilemma tra sicurezza energetica e sostenibilità ambientale.
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