venerdì 21 ottobre 2016
Ultime due settimane di campagna elettorale per le elezioni presidenziali Usa: Clinton è stabilmente avanti nei sondaggi, il miliardario rischia una batosta epocale. La partita è già chiusa?
Il repubblicano Donald Trump

Il repubblicano Donald Trump

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Due settimane esatte alle presidenziali Usa: Donald Trump ha ancora qualche chance di battere Hillary Clinton? È dura, molto dura per il miliardario newyorchese. Le medie degli ultimi sondaggi indicano infatti che sei degli undici Stati considerati a inizio campagna “contesi” tendono ormai stabilmente verso l’ex segretario di Stato. Clinton è avanti di almeno 5 punti in Colorado, Michigan, New Hampshire, Pennsylvania, Virginia e Wisconsin: le basterebbe vincere in questi Stati più in tutti quelli tradizionalmente democratici (e vinti da Barack Obama nel 2008 e nel 2012) per oltrepassare agevolmente la quota di 270 “grandi elettori” necessari per vincere le elezioni.


Il Michigan, vinto per l’ultima volta dai repubblicani nel 1988, sembra lo Stato in cui è più difficile una rimonta di Trump. Clinton è stata data avanti in ogni sondaggio effettuato nello Stato dalla convention di luglio a oggi (e nelle ultime quattro rilevazioni il vantaggio è stato in doppia cifra). Una situazione ormai così solida che né la democratica né il repubblicano hanno investito nelle ultime settimane tempo e soldi per fare campagna da queste parti.


La Pennsylvania, che ha votato come il Michigan in ogni elezione presidenziale dal 1980, è uno Stato chiave soprattutto per Trump: è difficile, infatti, immaginare che il miliardario possa arrivare alla vittoria finale senza i suoi 20 grandi elettori. Per questo il repubblicano ha investito 4,5 milioni di dollari in pubblicità nello Stato nell’ultimo mese di campagna. Ma i sondaggi non lo premiano: è mediamente dietro a Clinton di 7,2 punti. A restare tiepida è anche la grande area dei sobborghi di Filadelfia, quella su cui tradizionalmente hanno sempre puntato i candidati repubblicani per contrastare la prevalenza dei democratici nell’area urbana del capoluogo.


La Virginia ha votato repubblicano in nove elezioni presidenziali di fila prima di sostenere Obama sia nel 2008 che nel 2012. La tendenza democratica dovrebbe confermarsi anche stavolta, sostenuta soprattutto dall’aumento demografico delle minoranze e dei votanti laureati, entrambi gruppi elettorali che privilegiano Clinton. L’ex segretario di Stato è data qui 11,6 punti avanti a Trump, il quale però insiste e continua a fare campagna.

Anche Colorado e Wisconsin sono probabilmente fuori dalla portata del tycoon. Nel primo caso Clinton è avanti di 6,2 punti, tanto da aver smesso di investire in spot tv. In Wisconsin Trump è stato a lungo competitivo, anche grazie ad una popolazione locale in gran parte bianca e appartenente alla “working class” che pure, durante le primarie, gli aveva preferito il rivale Ted Cruz. Non gli ha giovato, però, inimicarsi il principale repubblicano locale, Paul Ryan, speaker della Camera che ha da tempo mollato il miliardario. Così Clinton guida anche qui di 5 punti e Trump è dietro pure nei sobborghi di Milwakee, essenziali per ogni candidato repubblicano.


Cinque sono gli Stati “contesi” su cui c’è invece ancora battaglia: Iowa, Ohio, Florida, Nevada e North Carolina. Solo nei primi due Stati, però, Trump è in vantaggio, di 4,8 punti in Iowa e di 1,2 in Ohio. Perdere la Florida, con i suoi 29 grandi elettori, sarebbe per il repubblicano il colpo fatale che consegnerebbe a Clinton (in vantaggio qui di 3,4 punti) le chiavi della Casa Bianca.


A dirla tutta, non solo Trump ha poche chance di vincere le presidenziali, ma rischia anche una batosta epocale. Lo dimostra il fatto che anche Stati tradizionalmente repubblicani stanno rientrando in gioco in queste elezioni. In Georgia ed Arizona, ad esempio, Clinton è in leggero vantaggio, e parliamo di due Stati che non votano democratico dagli anni Novanta. Non è un caso se l’ex segretario di Stato stia investendo qui molto denaro per gli spot tv.


Ancora più sorprendente quanto sta accadendo nello Utah, che non vota per un presidente democratico dal 1964 (Lyndon Johnson contro Barry Goldwater). Gli elettori mormoni sono irritati da Trump, che da queste parti non raccoglie molti consensi nonostante il tradizionale orientamento repubblicano. Così, sta crescendo sempre più il sostegno nei confronti di un candidato indipendente, Evan McMullin, già agente Cia e collaboratore del Grand old party. L’ultimo sondaggio gli attribuisce il 31 per cento, con Trump al 27 e Clinton al 24. Perdere anche qui, per il miliardario repubblicano, sarebbe l’onta finale di una nottata da incubo.

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