«Questi ragazzi non sono santi, ma ricordano che cambiare si può»

Don Burgio ci guida nella comunità Kayros, attiva dal 1996 nell'hinterland di Milano, che offre opportunità di recupero a giovani difficili: «La nostra missione non è salvarli, ma sfidarli a migliorare»
December 2, 2025
«Questi ragazzi non sono santi, ma ricordano che cambiare si può»
Don Claudio Burgio, fondatore della comunità Kayros, a Vimodrone, in provincia di Milano
Abdou è tornato, ha provato a scappare per raggiungere suo fratello in Francia, ma nemmeno 24 ore dopo è rientrato a “casa” Kayros. Attraversa il campetto da calcio in sintetico donato da Fondazione Milan dove incontra El Sadhay (ma si fa chiamare Origgi), e don Claudio Burgio lo abbraccia forte, come fosse un figlio. Come fa anche con Gabriel, il più piccolo di “casa”, 13 anni, che oggi non ne vuole sapere di andare a scuola. Loro, sono alcuni dei 50 ragazzi che sognano di poter ricominciare a vivere una vita normale, da qui, dalla comunità "Kayros - Non esistono ragazzi cattivi". L’Associazione è nata 25 anni fa nella parrocchia di San Martino, a Lambrate, per offrire supporto e alloggio a ragazzi in difficoltà segnalati dal tribunale per i minorenni, dai servizi sociali e dalle forze dell’ordine. Da dodici anni la comunità ha traslocato da Lambrate a Vimodrone, comune dell’hinterland infinito di una Milano sempre più verticale, già bevuta e dove ci si fuma la vita in un lampo, ogni santo giorno. Per i media e la pubblica ottusità, questa ormai è “La metropoli dei maranza”. «Il rischio è che etichettando questi giovani violenti, ma comunque fragili, poi si riconoscano in quella identità che gli hanno appiccicato addosso e la fanno loro per sempre», attacca dolcemente provocatorio don Burgio che ricorda che la prima mission di Kayros «non è salvare i ragazzi, ma sfidarli continuamente». Milanese, 56 anni, figlio di migranti anche lui («i miei sono arrivati da Ravanusa, provincia di Agrigento») la sua missione l’ha iniziata nel 1996 per accogliere in parrocchia Alain, un minore non accompagnato sbarcato dal Camerun sotto la Madonnina. «L’Associazione è nata attorno a quell’unico ragazzo accolto dai miei parrocchiani e da Giusi Re, attuale direttrice dei nostri centri. Giusi lasciò il lavoro per dedicarsi a tempo pieno a Kayros. Oggi Alain è un 40enne papà di 4 figli e fa l’educatore qui da noi». Giusi dorme in comunità con i ragazzi che alloggiano nel piccolo villaggio di prefabbricati incastonato tra i palazzoni anonimi di periferia, dove alla catena della solidarietà si alternano 25 educatori e circa 200 volontari che fanno un po’ di tutto, dalla cucina ai corsi di recupero scolastico. «Molti di loro non sono arrivati alla terza media – spiega don Claudio - . Le scuole superiori non li vogliono perché sono ragazzi troppo complicati da gestire. Così ci arrangiamo con la preparazione privata per poi fargli sostenere gli esami a fine anno. Capisco che gli istituti scolastici non abbiano gli strumenti per affrontare certi casi ma io dico sempre che un ragazzo difficile è un’occasione anche per la scuola per affinare nuove capacità. Anche noi siamo cresciuti in metodologia educativa grazie ai ragazzi con i quali abbiamo adottato il monito “Dimissioni mai”. In 25 anni ho visto tanti ragazzi cambiare, ma non esiste una sola ricetta certa per il cambiamento. A volte basta una brava ragazza che entri nella loro vita e quella può far meglio di qualsiasi metodo di recupero».
A Kayros non ci sono ragazze, sono tutti giovani uomini, molti gli adottati, la maggior parte stranieri e provenienti dal carcere minorile Beccaria dove don Burgio è il cappellano che ha preso il posto dello storico pastore di giovani anime, don Gino Rigoldi. «Quasi tutti i detenuti al Beccaria mi chiedono di poter venire a vivere a Kayros. Quando entrano, il primo impatto è sempre provocatorio, sono ragazzi con un vissuto feroce, alcuni hanno commesso reati gravi e quasi tutti hanno a che fare con le droghe. Una volta qui, mettono subito in atto quelle tecniche di manipolazione affinate in carcere. Cominciano con “don prenditi un caffè”, “ti offriamo una bibita”. Uno di loro tempo fa mi ha detto: “Sei il miglior prete che abbia mai conosciuto” e io gli ho risposto, ma quanti ne conosci? E lui: “Te!”» dice sorridendo don Claudio che con loro si muove da acrobata sul filo, a volte senza rete sotto i piedi. «Casi di suicidi? A Kayros no, in carcere purtroppo sì, troppi. L’ultimo, un ragazzino che si era fatto la corda come atto dimostrativo contro gli agenti, è scivolato ed è finito in coma. Ma si è salvato ora è qui. Minacce subite? No, però tempo fa la Digos mi informò che due ragazzi scappati dalla comunità erano entrati nell’Isis. Uno, Tarik, è morto in un combattimento. Mi volevano convertire: “Devi diventare islamico, altrimenti andrai all’inferno”. Io sdrammatizzavo: ma con voi sono già all’inferno. La prima regola è: accettare la provocazione e lasciare che il ragazzo usi tutte le sue carte». Provocava anche Daniel Zaccaro, nato e cresciuto nel bronx meneghino di Quarto Oggiaro. La sua storia Daniel l’ha raccontata nell’autobiografia Ero un bullo (De Agostini), il libro più letto a Kayros assieme all’ultimo scritto da don Burgio Il mondo visto da qui. Riflessioni di un prete in carcere al tempo delle baby gang (Piemme). «Daniel era finito al Beccaria per una rapina in banca, è passato da Kayros per poi scontare la sua pena a San Vittore e a 23 anni quando è tornato qui con noi si è laureato in Scienze dell’Educazione e ha messo su famiglia. Adesso che ha 34 anni dal 1° novembre è responsabile delle altre nostre quattro comunità (quelle di Cinisello Balsamo, Segrate, Birone di Giussano e Tainate). Daniel in tutte le testimonianze dice di me: “Pensavo di farlo fesso ma alla fine è don Claudio che ha fregato me».
Quella di Daniel non è una storia di rinascita isolata. «Un tempo riuscivamo a fare “più miracoli” – dice ironico don Claudio – ma tanti ragazzi di quel periodo in cui arrivò Daniel ce l’hanno fatta, si sono sistemati, e quando organizziamo qualche festa si ritrovano qui come gli ex alunni di una classe di scuola». Una classe di dieci rap, quelli della Kayros Music, il progetto nato in collaborazione con la major Universal, è appena tornata dal “ritiro creativo” in Trentino. «Stanno riscrivendo in musica e alla loro maniera alcuni passi della Bibbia. Da noi sono passati rapper noti, come Baby Gang, Simba La Rue, che purtroppo al momento sono “occupati” (sono in carcere) e Sacky». Alla Universal tempo fa incontrammo Rnawa, 18 anni, papà dello Sri Lanka e madre italiana, il quale dopo un momento di forte ribellione e il soggiorno a Kayros, ora è tornato a vivere in famiglia e la sua storia personale all’ultimo incontro teatrale ha commosso tutti gli spettatori in sala. «Rnawa è un ragazzo molto profondo. Una volta mi ha detto: “Don, tu non sembri un prete, ma alla fine sei più prete degli altri”. Quando abbiamo parlato di Carlo Acutis nella “Koinè”, i nostri incontri del lunedì, come la maggior parte dei nostri ragazzi ha reagito dicendo “per forza lo hanno fatto Santo, lui viene da una famiglia ricca”. Poco tempo dopo Rnawa ha scritto una canzone, Nati originali, mi invia il testo sul telefonino e vedo che cita la frase del giovane Santo: “Non vivete vite in fotocopia”».
La cosa più originale che sta nascendo dalla voglia di riscatto è il primo centro gratuito dove si potrà fare musica. Nei capannoni in allestimento con il nuovo anno sorgerà una factory educativa, completa di studio di registrazione e una sala per i concerti. «Kayros Music deve dire grazie alla generosità della Siae, alla Universal, alla Sugar di Caterina Caselli e suo figlio Filippo Sugar, a Paola Zukar, manager del nostro grande amico Marracash e a Franco Mussida che pubblicherà una canzone realizzata con i nostri ragazzi assieme a quelli di San Patrignano e di San Vittore». Il “manager” di Kayros Music è Anas. «È un ragazzo marocchino, vive a Bergamo, l’ho conosciuto al Beccaria che era poco più grande di Gabriel – racconta don Burgio - . Era finito dentro per spaccio, per 5-6 anni è stato qui in comunità e dalla sua storia ho imparato che spesso questi ragazzi quando sbagliano rivelano delle abilità insospettabili. Anas a 14 anni dirigeva il giro di spacciatori della sua zona, ma dopo aver tolto l’aspetto delinquenziale e manipolatorio ora mi ritrovo davanti un uomo che ha compiuto la sua rivoluzione, forte dei valori profondi che ha sempre avuto». Dalla sala mensa dove hanno appena finito di sparecchiare i tavoli, arriva il suono del pianoforte, qualcuno dei ragazzi sta suonando Per Elisa di Beethoven. Con Giusi cominciano a preparare gli addobbi natalizi, ma quello delle Feste per molti di loro è il periodo peggiore perché la nostalgia canaglia per i propri cari li assale e scatena quelle poco innocenti evasioni. «Qualche anno fa, la famosa evasione dei 7 dal Beccaria avvenne proprio il giorno di Natale – ricorda don Claudio - . Qui da noi anche se i cancelli sono aperti non scappano e se lo fanno ritornano, come Abdou, e così posso continuare a raccontare storie di ragazzi fuori che ce l’hanno fatta. Per fortuna in tutti questi anni ho dovuto piangere a meno funerali rispetto ai tanti matrimoni e i battesimi che ho celebrato. Gli ultimi sono stati quelli di Ahmed, un nostro ex ragazzo, marocchino, che ha sposato una ragazza cristiana e segue i figli al catechismo e li allena nella squadra dell’oratorio», conclude don Claudio che davanti al cancello ci saluta così: «Come in ogni famiglia, a Kayros si ride e ci si dispera ma le emozioni sono tante e così intense che non c’è mai il tempo per annoiarsi. Accompagnarli verso la normalità non è mai stato facile, ma per quanto mi riguarda la forza vera mi viene dalla fede che mi aiuta a leggere la vita in maniera semplificata. Capisci che non sei Dio, e così, libero dagli esiti e privato dell’ansia di prestazione posso affrontare l’oggi e il domani con serenità, ricordando a questi ragazzi che la vita è davvero un lungo ritorno a casa».
Il murales sulla speranza nella sede di Kayros a Vimodrone, in provincia di Milano
Il murales sulla speranza nella sede di Kayros a Vimodrone, in provincia di Milano

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