Per i diritti delle persone con disabilità è un momento decisivo
Progetto di vita, indipendenza, lavoro, caregiver: le basi sono state poste, adesso serve una politica capace di visione e continuità. Evitando logiche di schieramento

Poco più di un anno fa, nell’ottobre 2024, l’Italia ospitava ad Assisi e Solfagnano il primo G7 dedicato all’inclusione e ai diritti delle persone con disabilità. Un summit senza precedenti, concluso con la Carta di Solfagnano: otto impegni condivisi per promuovere accessibilità, vita autonoma e indipendente, inclusione lavorativa, nuove tecnologie, servizi di comunità e protezione nelle emergenze e nei conflitti. Fin da subito quel vertice ha generato molte aspettative, insieme alla consapevolezza che un cambiamento così ampio non può realizzarsi in poco tempo. È un percorso che richiede continuità, competenze e investimenti, e che chiama istituzioni, associazioni e famiglie a un lavoro comune. In Italia, uno dei punti più attesi riguarda il progetto di vita, che ha trovato riferimento normativo con il decreto legislativo 62/2024. La norma chiede la collaborazione tra servizi sanitari, sociali, scolastici e lavorativi per guardare alla persona con disabilità non come destinataria passiva, ma come protagonista del proprio percorso, con i propri talenti, desideri e aspettative. I provvedimenti attuativi stanno ora accompagnando le Regioni nella fase più complessa: tradurre questo principio in procedure, équipe multidisciplinari e strumenti operativi.
Accanto alle potenzialità emergono però criticità strutturali del sistema sociosanitario. Il progetto di vita, per funzionare davvero, ha bisogno di più di una norma: richiede formazione, coordinamento stabile tra sanità e sociale e un accompagnamento reale alle famiglie. È una trasformazione culturale prima che amministrativa, che interroga il modo in cui il Paese guarda alla fragilità e al diritto alla piena cittadinanza. Alla stessa visione si collega il tema della vita indipendente. Le sperimentazioni in corso stanno verificando come tradurre i principi in pratiche concrete: abitare supportato, assistenza personale scelta direttamente dalla persona, tecnologie per l’autonomia, trasporti accessibili, progetti di inclusione scolastica e lavorativa. Proprio ad un anno dal G7, il Ministro Alessandra Locatelli ha annunciato un bando da 300 milioni di euro per finanziare progetti di vita indipendente e inclusione lavorativa: una misura potenzialmente trasformativa, che sposta l’attenzione dal contributo generico all’investimento mirato sui percorsi di autonomia. La sua credibilità dipenderà da quattro fattori: tempi certi, criteri chiari, continuità nel tempo e omogeneità territoriale. Nel complesso, anche grazie alla spinta del Terzo settore, sta prendendo forma un laboratorio nazionale che nei prossimi anni potrà rendere effettivo il diritto alla vita indipendente per migliaia di persone.
Tra i dossier più rilevanti c’è poi la riforma dei caregiver familiari, tema rimasto per anni senza un quadro normativo nonostante l’impatto sociale enorme: oltre 7 milioni di persone svolgono attività di cura non retribuita, più di 2,3 milioni assistono familiari non autosufficienti per oltre dieci ore settimanali. Il disegno di legge annunciato dal Ministro per le disabilità introduce per la prima volta un riconoscimento formale e una tutela economica. La riforma definisce quattro fasce di carico assistenziale e, per la fascia “prevalente” (oltre 91 ore settimanali), prevede un contributo fino a 1.200 euro a trimestre per i caregiver con Isee entro 15.000 euro e redditi da lavoro molto bassi. I limiti sono evidenti: platea ristretta e soglie economiche risicate. Ma il provvedimento resta un passaggio storico: dopo anni di attesa, la cura familiare entra finalmente in un quadro strutturale. Si è avviata una strada di non ritorno. Percorrendo questa strada si potranno migliorare gli strumenti e le coperture nell’iter parlamentare, soprattutto se avremo capacità di maturare visioni d’insieme. Importante è anche il metodo: il ddl è stato elaborato attraverso il confronto con 50 rappresentanti di associazioni ed enti, realizzando uno dei principi centrali della Carta di Solfagnano, che chiede il coinvolgimento stabile delle persone con disabilità nei processi decisionali. Guardando all’anno trascorso, l’Italia mostra un quadro in grande movimento: alcune misure sono partite, altre attendono di essere definite. Le basi per una costruzione importante ci sono, ma ora serve una politica capace di visione e continuità. Perché agli obiettivi ambiziosi si arriva attraverso passi intermedi e, soprattutto, attraverso un’unità che superi le logiche di schieramento. Servono scelte capaci di tenere insieme inclusione e sviluppo, riconoscendo che la crescita del Paese, la cura e la piena partecipazione delle persone con disabilità non sono percorsi paralleli, ma due vie intimamente intrecciate. Solo guardando a tutto campo, con politiche che uniscono sociale, sanitario, economico e culturale, sarà possibile trasformare i principi della Carta di Solfagnano in una realtà che incide davvero sulla vita delle persone.
Presidente Istituto Serafico di Assisi
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