Papa Leone: lo sguardo dell'astronomo e il cuore del pastore
di Luca Peyron
Il Pontefice propone una scienza che, mentre conta gli anni-luce, allena lo sguardo dell'essere umano a stare di fronte al mistero. Con il cannocchiale dell'educazione

Victor Hugo scrisse nel 1864 che l’astronomia è la più grande di tutte le scienze, poiché si occupa dell’infinito. Qualche decennio prima Albert Hennet scriveva “Le Globe céleste, cours d’astronomie contemplative” perché era convinto che l’astronomia, così come la presentava, non è una scienza, ma uno spettacolo. Eleva i pensieri, calma le passioni e aiuta a sopportare con più coraggio e rassegnazione i disordini e le ingiustizie della Terra. Tecnologia e senso della vita, astronomia e afflato spirituale vanno a braccetto sul finire dell’800 e agli inizi del ‘900. Era un cambiamento d’epoca, che il Papa del tempo si trovò a governare e interpretare. Il suo nome era Leone XIII. Il suo successore di oggi, in un nuovo cambiamento d’epoca, sceglie il medesimo nome, Leone, per le stesse ragioni: interpretare e governare il tempo segnato da macchine prodigiose e scienza nuova.
Papa Prevost stupisce e affascina quando, parlando di educazione, esce a rivedere le stelle: «L’educazione, infatti, ci insegna a guardare in alto, sempre più in alto. Quando Galileo Galilei puntò il cannocchiale al cielo scoprì mondi nuovi: le lune di Giove, le montagne della Luna. Così è l’educazione: un cannocchiale che vi permette di guardare oltre, di scoprire ciò che da soli non vedreste. Non fermatevi, allora, a guardare lo smartphone e i suoi velocissimi frammenti d’immagini: guardate al Cielo, guardate verso l’alto». Nel giro di due giorni, Leone XIV ha scritto, con lo sguardo dell’astronomo e il cuore del pastore, una quasi enciclica sull’educazione mettendo continuamente cielo e terra in dialogo tra loro. Agli studenti ha consegnato il cuore e il suo mestiere: sperare. Alle università ha affidato la mente e il suo vento: essere libera. Agli educatori lo stile e le sue ragioni: carità che dice verità senza gridare. Leone ricuce gli strappi della nostra epoca e ricorda all’educazione il suo segreto più antico, quello che supera l’essere umano senza cancellarlo. Quattro punti cardinali orientano il viaggio: interiorità contro la dispersione degli schermi; unità come comunione, non come slogan; amore come forma del sapere, che altrimenti rimane sterile; gioia come prova che la verità è passata davvero, fiamma che fonde le anime in una sola. Un manifesto per tempi digitali: nasce dal cuore, si nutre di mente, si compie nell’amore. Chi ascolta capisce la via: tornare all’essenziale, al Maestro interiore.
Nel 1865 Maxwell unifica elettricità, magnetismo e luce in un’unica teoria di campo. Tutto ciò dilata concretamente la categoria dell’“infinito” e rende il cielo un laboratorio fisico, non solo un firmamento poetico. Nello stesso periodo nasce una potente “cultura della divulgazione”: telescopi da strada nelle città, serate pubbliche, manuali illustrati, e – di lì a poco – l’enorme successo di Flammarion. L’astronomia diventa uno spettacolo collettivo: non più solo tavole e calcoli per addetti ai lavori, ma un’esperienza di massa che intreccia sapere, meraviglia e consolazione morale.
Leone XIV oggi propone una scienza che, mentre conta gli anni-luce, educa lo sguardo dell’essere umano a stare di fronte al mistero. Il Papa matematico scrive poesia, il Papa del silicio custodisce la fragile dignità della carne e del sangue. È uno stile nuovo, che unifica quanto per troppi secoli è rimasto diviso. Pace a voi, ripete a ogni incontro: sia pace anche tra cielo e terra, tra scienza e fede, tra parole e silenzi. Il sogno di John Henry Newman, non per caso Dottore della Chiesa sotto il pontificato di Leone XIV.
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