Le scommesse sul calcio sono fuori controllo: così si tradisce la Carta
In tempi di calciomercato dilagante, vale la pena di ricordare cosa accade durante le partite di pallone: si fanno puntate anche su un calcio d'angolo. E nel frattempo lo spirito sportivo scompare

Sono le settimane della “campagna acquisti” nel football nazionale, con consueti scambi e baratti di calciatori delle varie divisioni, Serie A, B e persino di alcuni tornei minori di provincia. Nel tabellone di questo mercato estivo, si susseguono le operazioni delle società quotate in borsa. Si bilanciano le opzioni per i fuoriclasse, veri e presunti, con esiti (acquisti o presiti temporanei) che si proiettano sui listini a Piazza Affari. Insomma, è l'economia del calcio a dominare le cronache. A influire sul saliscendi del prezzo delle azioni vi è stavolta il via libera alle pubblicità alle scommesse nel corso delle partite.
Un dettaglio che sfugge ai commenti. Quanto più una squadra, un calciatore, un evento della stagione raccoglie puntate (a centinaia di migliaia) tanto più la reputazione finanziaria del club tende a variare. Ecco svelato l’arcano della pervicacia nel far revocare il divieto di pubblicità e di sponsorizzazione alle scommesse. La somma ipotizzata (e sovrastimata) è di 100 milioni di euro di margine, da distribuirsi tra le 24 compagini. A fare seriamente i conti, è un “piatto di lenticchie”: con quei soldi si acquista niente più che un centravanti e una mezzala. Un’inezia, se si guarda alle cifre che circolano in questi giorni di calciomercato. La Juventus sta impegnando 110 milioni di euro, il Napoli, scudetto 2025, almeno 50, per l’Inter e per l’Atalanta si vocifera di un budget di almeno 40 e più.
Per comprendere allora a cosa serva la pubblicità, si consideri il meccanismo elementare del betting attuale. Un tempo si formulava un pronostico alla vigilia della partita, e poi, a seconda della sua conclusione, si sarebbe vinto o perso. Non è più così. L'evento sportivo viene frazionato in una quantità inverosimile di microeventi mentre si sta svolgendo. Il primo fallo laterale, l'esito di un calcio d'angolo, l'ammonizione, il fuorigioco. E si scommette decine di volte per tutto il tempo dell’incontro. E così, all’aumentare del flusso su una data squadra e sui suoi calciatori, sale la reputazione finanziaria e, di conseguenza, si rinforza la quotazione azionaria del club. La scommessa è in effetti un pilatro delle valutazioni di mercato dei club. Si tratta di una delle ricadute del flusso di quasi 25 miliardi di euro delle puntate contabilizzate (online e nei botteghini) nell’anno 2024 (più 13 per cento sul precedente).
Si dirà, è un fenomeno collaterale, e a questo punto la pubblicità può divenire socialmente tollerabile. Ma c'è un dettaglio che seppure sfugga agli azionisti e ai manager, dovrebbe invece essere ben saldo all’attenzione di governo e Parlamento. Dal 23 settembre del 2023 lo sport è stato oggetto di una modifica costituzionale che lo ha elevato a principio cardinale della Repubblica italiana. Quando il Parlamento ha riformulato l’articolo 33 della Carta, ha sancito il valore educativo, morale e di coesione sociale del complesso delle discipline atletiche. Atto di massimo impegno istituzionale, dunque. Chiamati a rendere effettivo tale principio, i ministri dello Sport sono obbligati a informare la loro funzione di indirizzo nella promozione dei valori solennemente codificati. Ve n’è traccia di questo impegno?
A marzo la Commissione Cultura della Camera ha impegnato il governo a rimuovere il divieto di pubblicità e sponsorizzazione. Si è trattato di qualcosa di più di una scelta opinabile, nell’andamento generale del gioco d'azzardo, da promuovere commercialmente o all'opposto da contenere. Riguarda l'impatto con un valore ormai divenuto di rango costituzionale, ovvero del principio che spinse le Camere a maggioranza qualificate a riformare l'articolo 33.
Nelle pittoresche cronache degli scambi tra sensali e amministratori dei club può sfuggire che il senso dell’impegno, ormai reso solenne, dello sport in Costituzione imponga seri cambiamenti in tutta la ritualità anche dei processi economico-finanziari correlati. Ancor più, e ancor prima, sulla compatibilità del capovolgimento di senso: da sport come esperienza libera e di significato sociale-educativo a sport come scommessa. Di là, infatti, di tutte le giravolte semantiche, sostenere che “lo sport è scommessa” e che “scommettere è sportivo” confligge frontalmente con la Carta della Repubblica.
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