In Germania un nuovo governo per vecchie sfide
A Berlino si va verso la grande coalizione tra Cdu/Csu e Spd, alleanza minoritaria nel Paese e di poco maggioritaria in Parlamento. E sarà un test cruciale per l'intera Unione europea

Le elezioni legislative tedesche di domenica si possono leggere in due modi speculari. Da un lato, emerge la tenuta nel loro complesso delle forze tradizionali ed europeiste con un’altissima affluenza (record all’82%), segno di una mobilitazione democratica inaspettata, date le tendenze calanti della partecipazione. Capovolgendo il foglio (meglio, oggi, lo schermo), risalta la netta affermazione dell’AdD, il partito di estrema destra che ha convinto un votante su cinque grazie al programma che combina posizioni economiche liberiste con un forte nazionalismo, opponendosi duramente all’immigrazione, all’integrazione continentale e alla transizione energetica, mentre promuove valori sociali conservatori e un rafforzamento delle misure di sicurezza interne.
Un punto fermo è l’ascesa a cancelliere di Friedrich Merz, leader di Cdu/Csu, che dovrà però costituire con tutta probabilità una grande coalizione con la Spd – uscita ampiamente sconfitta dalle urne per l’incapacità di tenere fede alla propria identità storica e intercettare lavoratori e ceti popolari –, un partner pertanto senza grandi pretese nella costruzione dell’agenda di governo. Nessuna alleanza a destra, quindi, sebbene lo stesso Merz abbia fatto qualche prova di avvicinamento ad Afd in fine di legislatura sulle restrizioni da introdurre in tema di migrazioni. Mosse che, insieme al sostegno esplicito e ripetuto di Elon Musk e della nuova amministrazione americana, hanno contribuito a “sdoganare” il partito di Alice Weidel, finora ritenuto espressione impresentabile di pulsioni pericolose, anche se ha prosaicamente raccolto il disagio per il caro bollette e il senso di abbandono dei tedeschi dell’Est, trascurati dagli altri partiti.
L’esecutivo tra cristianodemocratici e socialdemocratici potrebbe tornare a essere un motore politico per la Ue, dopo le timidezze di un Olaf Scholz sul cui mandato il giudizio non può che essere negativo, sia in riferimento alla situazione interna sia in rapporto alle scelte internazionali. Si amplia il blocco dei Capi di Stato o di governo del Ppe, mentre Berlino e la Commissione europea avranno alla loro guida due compagni di partito, anche se originariamente schierati su posizioni diverse nella Cdu. Merz sarà anche un difensore delle prerogative continentali – in sintonia con la Francia di Macron – rispetto alla linea imperialistica di Donald Trump e un sostenitore della causa ucraina, ora pericolosamente a rischio.
Il compito che lo aspetta, soprattutto in casa, è tuttavia assai complesso. Non stupisce che Weidel guardi già al prossimo voto per incassare il sostegno di un’altra fetta di tedeschi insoddisfatti dalla riedizione dell’alleanza a due, in minoranza nel Paese e di poco in maggioranza nel Parlamento. Il forte rallentamento economico e il profondo malessere dell’ex Ddr non promettono di fornire scorciatoie per la loro soluzione. Sono problemi strutturali di lungo periodo, che necessitano di tempo, risorse e idee nuove. Soprattutto del primo, Merz non è ricco, sotto la pressione costante dell’opposizione e di un contesto globale non favorevole.
Se si confrontano i profili dei due leader oggi più rappresentativi, sembrerebbe che a incarnare la nostalgia del passato – e persino di un passato nazista finora indicibile in Germania – sia più Merz che Weidel. In realtà, a beneficiare di quel tipo di consenso è paradossalmente proprio quest’ultima, donna, studi approfonditi, legata sentimentalmente a una compagna originaria dello Sri Lanka, due figli, residenza in Svizzera. Le scelte personali non devono interferire nel giudizio delle politiche, e infatti ai seggi è stata apprezzata la linea di separare sfera privata e ruolo pubblico. Questo, però, ci dice qualcosa sull’ascesa di AfD e sul significato del venti per cento che ha raccolto.
Ci sono istanze che si agitano nella società legate all’insicurezza e alla dissoluzione di molti punti di riferimento che la modernità e la globalizzazione hanno provocato, oltre a specifici elementi tipici di ogni nazione (in Germania il post-riunificazione). Chi sa intercettare quelle paure e quei bisogni, spesso con spregiudicatezza o, addirittura, con cinismo, si appropria di un patrimonio di suffragi che più che muoversi verso una specifica organizzazione, fuoriesce da un sistema percepito come estraneo e inaffidabile
In altre parole, non sono certo tutti nostalgici del Reich i milioni di tedeschi che hanno votato gli spesso impresentabili capi di Afd, patetici ripetitori di slogan hitleriani, impietosi con gli stranieri. Chi ha messo la croce sul simbolo di Alternative für Deutschland non ha però trovato di meglio sul mercato politico e, in generale, è stato risucchiato in un meccanismo di polarizzazioni che premia le semplificazioni, gli estremismi e chi dà loro corpo.
I messaggi su X di Musk vanno in questa direzione: un diverso modo di fare campagna elettorale, che non trascuri specifiche esigenze ma le interpreti negli schemi della liberal-democrazia, può invece ridurre gli spazi per coloro che vogliono cavalcare la protesta per la protesta. O, peggio, sfruttare il malcontento per minare dall’interno i controlli e le garanzie dello Stato di diritto e instaurare regimi autoritari che favoriscono i pochi senza risolvere i problemi dei molti.
Il voto tedesco consegna, dunque, un quadro in evoluzione da cui possiamo trarre elementi di conforto ed elementi di preoccupazione, consapevoli che siamo in una fase fluida nella quale la storia va più veloce di quanto potessimo sospettare fino a solo qualche anno fa e che non possiamo lasciarla correre senza almeno tentare di evitare approdi infausti.
Un punto fermo è l’ascesa a cancelliere di Friedrich Merz, leader di Cdu/Csu, che dovrà però costituire con tutta probabilità una grande coalizione con la Spd – uscita ampiamente sconfitta dalle urne per l’incapacità di tenere fede alla propria identità storica e intercettare lavoratori e ceti popolari –, un partner pertanto senza grandi pretese nella costruzione dell’agenda di governo. Nessuna alleanza a destra, quindi, sebbene lo stesso Merz abbia fatto qualche prova di avvicinamento ad Afd in fine di legislatura sulle restrizioni da introdurre in tema di migrazioni. Mosse che, insieme al sostegno esplicito e ripetuto di Elon Musk e della nuova amministrazione americana, hanno contribuito a “sdoganare” il partito di Alice Weidel, finora ritenuto espressione impresentabile di pulsioni pericolose, anche se ha prosaicamente raccolto il disagio per il caro bollette e il senso di abbandono dei tedeschi dell’Est, trascurati dagli altri partiti.
L’esecutivo tra cristianodemocratici e socialdemocratici potrebbe tornare a essere un motore politico per la Ue, dopo le timidezze di un Olaf Scholz sul cui mandato il giudizio non può che essere negativo, sia in riferimento alla situazione interna sia in rapporto alle scelte internazionali. Si amplia il blocco dei Capi di Stato o di governo del Ppe, mentre Berlino e la Commissione europea avranno alla loro guida due compagni di partito, anche se originariamente schierati su posizioni diverse nella Cdu. Merz sarà anche un difensore delle prerogative continentali – in sintonia con la Francia di Macron – rispetto alla linea imperialistica di Donald Trump e un sostenitore della causa ucraina, ora pericolosamente a rischio.
Il compito che lo aspetta, soprattutto in casa, è tuttavia assai complesso. Non stupisce che Weidel guardi già al prossimo voto per incassare il sostegno di un’altra fetta di tedeschi insoddisfatti dalla riedizione dell’alleanza a due, in minoranza nel Paese e di poco in maggioranza nel Parlamento. Il forte rallentamento economico e il profondo malessere dell’ex Ddr non promettono di fornire scorciatoie per la loro soluzione. Sono problemi strutturali di lungo periodo, che necessitano di tempo, risorse e idee nuove. Soprattutto del primo, Merz non è ricco, sotto la pressione costante dell’opposizione e di un contesto globale non favorevole.
Se si confrontano i profili dei due leader oggi più rappresentativi, sembrerebbe che a incarnare la nostalgia del passato – e persino di un passato nazista finora indicibile in Germania – sia più Merz che Weidel. In realtà, a beneficiare di quel tipo di consenso è paradossalmente proprio quest’ultima, donna, studi approfonditi, legata sentimentalmente a una compagna originaria dello Sri Lanka, due figli, residenza in Svizzera. Le scelte personali non devono interferire nel giudizio delle politiche, e infatti ai seggi è stata apprezzata la linea di separare sfera privata e ruolo pubblico. Questo, però, ci dice qualcosa sull’ascesa di AfD e sul significato del venti per cento che ha raccolto.
Ci sono istanze che si agitano nella società legate all’insicurezza e alla dissoluzione di molti punti di riferimento che la modernità e la globalizzazione hanno provocato, oltre a specifici elementi tipici di ogni nazione (in Germania il post-riunificazione). Chi sa intercettare quelle paure e quei bisogni, spesso con spregiudicatezza o, addirittura, con cinismo, si appropria di un patrimonio di suffragi che più che muoversi verso una specifica organizzazione, fuoriesce da un sistema percepito come estraneo e inaffidabile
In altre parole, non sono certo tutti nostalgici del Reich i milioni di tedeschi che hanno votato gli spesso impresentabili capi di Afd, patetici ripetitori di slogan hitleriani, impietosi con gli stranieri. Chi ha messo la croce sul simbolo di Alternative für Deutschland non ha però trovato di meglio sul mercato politico e, in generale, è stato risucchiato in un meccanismo di polarizzazioni che premia le semplificazioni, gli estremismi e chi dà loro corpo.
I messaggi su X di Musk vanno in questa direzione: un diverso modo di fare campagna elettorale, che non trascuri specifiche esigenze ma le interpreti negli schemi della liberal-democrazia, può invece ridurre gli spazi per coloro che vogliono cavalcare la protesta per la protesta. O, peggio, sfruttare il malcontento per minare dall’interno i controlli e le garanzie dello Stato di diritto e instaurare regimi autoritari che favoriscono i pochi senza risolvere i problemi dei molti.
Il voto tedesco consegna, dunque, un quadro in evoluzione da cui possiamo trarre elementi di conforto ed elementi di preoccupazione, consapevoli che siamo in una fase fluida nella quale la storia va più veloce di quanto potessimo sospettare fino a solo qualche anno fa e che non possiamo lasciarla correre senza almeno tentare di evitare approdi infausti.
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