Il trionfo d'immagine per Putin, lo scaricabarile di Trump

Punto per punto, posizione per posizione, a cosa ha portato l'incontro di 180 minuti in Alaska
August 15, 2025
Il trionfo d'immagine per Putin, lo scaricabarile di Trump
Per chi lo aveva pensato come il vertice risolutivo è stato un fallimento. Per chi aveva aspettative molto più modeste si è avuta la conferma della linea dura di Vladimir Putin. E anche delle incertezze di Donald Trump su come condurre una trattativa che non prende subito la piega che il presidente americano cerca di imporre. In attesa di ulteriori dettagli che i due leader non hanno svelato nella breve conferenza stampa senza domande dei giornalisti, il risultato apparente dell’incontro in Alaska, accorciato a tre ore senza pranzo delle delegazioni, è di un trionfo d’immagine per il capo del Cremlino e di un ulteriore, incomprensibile atteggiamento politico dell’inquilino della Casa Bianca.
Per quanto riguarda il primo aspetto, è evidente che Putin, ricercato per crimini di guerra dalla Corte penale internazionale (non riconosciuta dagli Usa), ha potuto sbarcare sul suolo americano con grandi onori, venendo accolto dal padrone di casa come un ospite di pari livello, senza alcun accenno a tutte le vicende (non commendevoli, a dire poco) che hanno riguardato l’uomo forte di Mosca negli ultimi anni. L’atteggiamento di Trump, per paradosso, è stato in linea con i migliori auspici cinesi. Pechino non era tanto interessata al risultato del summit in sé, quanto invece saluta i colloqui come il riconoscimento di un equilibrio a tre fra le grandi potenze globali. Il presidente russo è riuscito infatti a chiudere il cerchio, arrivando in America quale interlocutore paritario.
Per ciò che concerne il secondo elemento, Donald Trump non ha centrato il suo scopo di essere mediatore e pacificatore. L’ipotesi di tregua o cessate il fuoco provvisorio non risulta essere stata nemmeno toccata. È possibile che qualche seme sia stato piantato nei 180 minuti di scambio con Putin, ma di certo non si sono fatti per ora passi avanti concreti. D’altra parte, il presidente americano ha mantenuto la parola data al presidente ucraino Zelensky e ai leader europei di non fare concessioni a Mosca senza l’assenso di Kiev e di lavorare per un vertice a tre. Di quest’ultimo si sono però perdute le tracce. E il calore verso il leader del Cremlino contraddice l’impegno per la pace. L’unico gesto concreto è stata la lettera consegnata dalla first lady Melania a Putin sulla sorte dei bambini rapiti dalle forze russe. Trump è stato anche sorprendentemente trattenuto e conciso durante l’incontro con i media, non dando elementi per capire la sua linea negoziale né gli esiti dei colloqui.
Resta da capire come evolverà ora il percorso diplomatico. L’impressione, prima che le telefonate del capo della Casa Bianca con Zelensky, Starmer e le principali capitali Ue possano rivelare qualcosa in più, è che non assisteremo a svolte nel breve termine. La guerra continuerà con l’aumentata pressione russa nel Donbass. Il vertice di Anchorage lascia aperte, tuttavia, domande che dovranno presto avere risposte, in un senso o nell’altro. Incassato il no di Putin, Trump si convincerà ad aumentare le sanzioni, comprese quelle secondarie? I segnali sono contradditori, come rilevano anche gli analisti indiani, tra i più interessati (oltre a Mosca e Pechino) alle eventuali tariffe imposte dagli Usa per il petrolio russo venduto all’estero. Le forniture di armi americane a Kiev continueranno? E in che misura? Che cosa significa che ora tocca all’Europa e all’Ucraina parlare con Putin? È il doveroso coinvolgimento di tutti gli attori della crisi o uno scaricabarile americano di fronte all’impossibilità di convincere la Russia e alla volontà di mantenere aperte le relazioni con Mosca su altre partite?
Se non altro, il vertice ha messo in moto un processo che dobbiamo sperare acceleri una pace giusta e non una resa dell’Ucraina lasciata sola nella morsa russa.

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