Confrontarsi, rispettandosi. Coerenti con la dottrina sociale

Nel tempo del “muro contro muro” c’è una testimonianza di discernimento, ascolto, studio della realtà. Esercitandosi a collegare piuttosto che a contrapporre, a distinguere senza dividere
September 6, 2025
Il discorso della premier Giorgia Meloni il 27 agosto al Meeting di Rimini ha riaperto il dibattito sul senso e il profilo dell'impegno dei cattolici in politica. Avvenire sta pubblicando gli interventi di diverse voci del cattolicesimo più sensibile alla presenza nella sfera pubblica.
Cosa significa essere cattolici in politica? Il quesito torna puntuale a ogni sollecitazione della cronaca politica. Essere presenti da cattolici nel centro-destra e nel centro-sinistra? Avere un partito di cattolici? Temo che si tratti di riduzioni che non esauriscono l’importanza del problema e delle sue implicazioni, la costruzione di una società che rispetti la dignità delle persone e realizzi il bene comune. In questa personale prospettiva, offro alla riflessione comune quattro considerazioni.
Inizio con la coerenza fra fede e vita, la testimonianza di cui a lungo ci ha parlato san Paolo VI. La Chiesa – ce lo ha ricordato papa Leone – ha ormai sviluppato una riflessione su temi sociali, economici, politici. È la Dottrina Sociale «da cui partire per promuovere un umanesimo integrale e solidale». Da qui l’urgenza di un approfondimento formativo e informativo su di essa che porti da una parte alla comprensione dei suoi fondamentali e dall’altra alla sua traduzione, alla sua declinazione nella realtà viva delle persone e delle comunità. Ritengo che sia utile studiarne i fondamentali per darci una bussola che ci aiuti a discernere e comprendere il tempo che viviamo scavalcando schemi di lettura consumati e contrapposti per incontrare la vita concreta e leggere, oltre le fatiche, il bene che fiorisce, i legami e le relazioni positive, la cura delle fragilità come criterio di orientamento per costruire una società più giusta e solidale. Leone XIV lo scorso giugno nell’incontro con i parlamentari al Giubileo dei governanti di questo ha parlato come prima considerazione.
Ciò significa, per il cattolico in politica, stare nella complessità, esercitarsi a collegare piuttosto che a contrapporre, a distinguere senza dividere, riflettendo e suscitando punti di vista diversi per costruire una sintesi che non potrà mai essere definitiva. Per la coerenza fra vita e fede ciò significa anche nutrirsi di una spiritualità politica confortata dalla preghiera e estrinsecata nella pratica delle virtù cardinali: la prudenza, la virtù del governare, del misurare i passi da compiere e valutare le risorse disponibili; la giustizia che ci ricorda ciò che spetta al prossimo per diritto e non per beneficenza; la fortezza, la costanza, la perseveranza nel promuovere il bene; la temperanza, l’equilibrio da ricercare tutti i giorni nell’uso dei propri beni e del potere che ci viene consegnato.
Essere coerenti, per innervare da protagonisti la vita civile, sociale ed economica: questo è perseguibile utilizzando il metodo del discernimento come pratica quotidiana che spinge a una lettura esigente e onesta della realtà. In una logica di “muro contro muro” fra opposti schieramenti, i cattolici possono e devono praticare l’arte del dialogo e del confronto. L’attuale fase storica non ha più bisogno di maestri ma di testimoni e in quanto tali i cattolici, se coerenti, possono essere catalizzatori di processi e opere nuove. La persona umana oggi, oltre che di testimoni, ha bisogno di nuovi “santi sociali”, di persone che, come don Bosco e i santi piemontesi di fine del secolo XIX siano geniali innovatori sociali, persone di pace, capaci di prendersi cura dei fratelli e delle sorelle. Erano santi, si dirà. Erano persone umane, fatte di carne e di sangue, che credevano veramente e si alimentavano della Parola di Dio, si risponderà.
Occorre attrezzarsi alla pazienza che ci raccomandava papa Francesco, perché il bene comune per fiorire ha bisogno di tempo, e tradurre in associazioni e nelle reti la partecipazione delle persone, senza ideologizzare il Terzo Settore, per ridare senso all’agire sociale che non è solo una prestazione ma costruzione di legami e relazioni di amicizia.
Come ogni cosa, anche la politica ha bisogno di vocazioni che vanno aiutate e sostenute nel cammino. Vi propongo alcune piste di lavoro.
Accogliendo positivamente il pluralismo delle scelte e delle opzioni è necessario condividere per quanto possibile un comune quadro di partenza su tutti i temi della vita della città, non solo quelli che per conformismo sono ritenuti più “cattolici”, e possiamo trovare nella Dottrina Sociale questa base comune. A seguire, una valutazione saggia e realistica delle risorse disponibili e delle difficoltà da affrontare, senza le quali la proposta si fa velleitaria, buona per una presa di posizione identitaria ma per nulla efficace e generativa. In questo passaggio occorre saper mobilitare le competenze tecniche e trasversali perché la realtà per essere compresa e volta al bene comune ha bisogno di essere ascoltata e studiata.
Nel percorso è importante valorizzare anche gli istituti di partecipazione già esistenti, inventandone di nuovi, per dare al principio di fraternità una struttura normativa come l’hanno libertà e uguaglianza. Non ultimo, non bisogna spaventarsi nel gestire il conflitto – anche la polemica – con l’attenzione di non superare quell’asticella che porta a interrompere una relazione di amicizia. Il rispetto reciproco non deve venire mai meno.
Donne e uomini di speranza, costruttori di bene: non dimentichiamo ciò a cui siamo chiamati, dovunque noi siamo.

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