Antonio ha perso la sua mamma ma ci dice: «Non piangete»
Al funerale di Amalia, 44 anni, il figlioletto di dieci durante la Messa ha parlato della madre come di "una rosa appassita che ha lasciato buoni semi"

“Avvenire” ha una vocazione speciale. Dare ai suoi lettori notizie vere, cercando di non spegnere mai in loro la speranza, anche quando tenerla in piedi è un’impresa colossale. Ben sapendo che, per qualche motivo che ci sfugge, la cronaca nera, sovente, esercita più fascino delle storie a lieto fine. A riguardo, vorrei raccontarvene, se ci riesco, una, che davvero rallegra il cuore dei credenti, nonostante il dolore di cui è intrisa. Antonio è un bambino di dieci anni, figlio unico di Carmine e Amalia. Frequenta la prima media. Carmine, ministro straordinario dell’Eucarestia, è un giovane buono e premuroso. Amalia, una donna fantastica. Ha sofferto tanto, Amalia. Adolescente, dovette assumersi la conduzione della casa, essendo la sua mamma morta quando lei aveva solo 14 anni. Intanto studia. Si laurea in Farmacia. Si sposa con Carmine. Arriva Antonio. Il lavoro di entrambi va bene. Sono felici. Fanno parte della nostra comunità. Due anni fa, i primi sintomi; Amalia, s’ammala. Cancro. Nella “terra dei fuochi” la iena che ci terrorizza, colpisce più che altrove. Ce lo ha confermato, semmai ce ne fosse bisogno, la Corte Europea per i diritti dell’uomo. Inizia il calvario tra indagini, ricoveri, chemio e radio terapia. Illusioni, delusioni, incoraggiamenti, preghiere. In ospedale incontrano un giovane oncologo che ha fatto della sua professione una vera missione. Diventano amici. Alessandro li segue, li incoraggia, li sostiene.
I mesi passano. Amalia si aggrava. I dolori si fanno lancinanti. L’altra notte, questa mamma – 44 anni – vola in paradiso. Antonio dorme da uno zio. Siamo tutti preoccupati per lui. Loro tre – genitori e figlio – erano una cosa sola. Come la prenderà? Come reagirà? Venerdì mattina, giorno dei funerali. La chiesa è gremita di parenti, amici, vicini di casa, conoscenti della famiglia e dalla nostra comunità. Chiedo al Signore di mettere sulle mie labbra le parole adatte per annunciare il Vangelo che salva in quest’ora tanto triste e dolorosa. Poco prima della Messa, Antonio, mio chierichetto, mi raggiunge sull’Altare. Mi abbraccia. Lo stringo forte a me. Lo guardo negli occhi. È sereno. Sorride.
«Adesso basta piangere – mi dice – mia madre è stata una rosa che è appassita, è vero, ma ha lasciato tanti buoni semi». Resto basito. Non so dove abbia preso quella frase stupenda. Se l’abbia coniata lui o l’abbia letta da qualche parte, la cosa importante è che l’ha fatta sua. Dopo la proclamazione del Vangelo, metto da parte l’omelia mentalmente preparata. Antonio e Carmine sono davanti a me avvinghiati l’uno all’altro. Scendo verso di loro. «Antonio, dimmi, posso svelare a questi cari, quello che mi hai confidato all’orecchio poco fa?» gli chiedo. Ottenuto il permesso, inizio a raccontare. L’assemblea, incredula, rimane senza fiato. Un silenzio luminoso precede lo scoppio di un grande, spontaneo, applauso. Continuo. «Antonio, ma con Dio, stamattina, possiamo essere almeno un po’ arrabbiati? Lo abbiamo pregato tanto, tanto implorato di lasciarti ancora la tua bella mamma. Ha deciso diversamente. Almeno un po’ di delusione nei suoi confronti è legittimo averla?».
Fa cenno di no. Capisco che il Signore vuole parlarci attraverso quest’anima innocente e addolorata. Gli chiedo di farsi avanti. Gli consegno il microfono come accade sempre alla Messa dei bambini. «No. Nessuna recriminazione. Dio ha fatto con la mamma la stessa cosa che fece con Gesù nell’Orto degli ulivi. Gli rimase accanto ma non gli impedì di salire sulla croce». Carmine sorride. Sono certo che dal cielo anche Amalia stia sorridendo. Antonio, come Gesù dodicenne nel tempio, in un momento che tutti temevamo essere per lui devastante, ha trovato conforto nella fede che in casa, in chiesa, al catechismo, all’oratorio ha appreso da coloro che più di tutti gli hanno voluto bene. Ci ha creduto. L’ha fatta sua. Sa che la morte non è la fine. Che si apre sulla resurrezione. E, adesso, con la sua vocina ferma, ci chiede – lui a noi – di non piangere. È vero, sua mamma, prima di appassire, ha lasciato tanti buoni semi che, lentamente, andranno fiorendo. Il primo, sotto gli occhi di tutti, è sbocciato proprio venerdì mattina. Ancor prima di portare al sepolcro la bella, cara, indimenticabile, cristiana Amalia.
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