«Perché la nonna non mi ha salutato prima di andarsene?»

Un errore nascondere ai piccoli gli eventi luttuosi della famiglia. La psicoterapeuta olandese Leoniek van der Maarel: lasciamoli liberi di separarsi dal proprio caro nel modo che ritengono miglio
July 13, 2025
«Perché la nonna non mi ha salutato prima di andarsene?»
Andrey Arkusha - Icp online |
Come possiamo spiegare ai bambini il sentimento di profondo dolore per la morte di una persona cara definito lutto (dal latino lūctus, “pianto”)? Un patimento che fa molto male, anche durante il processo di elaborazione della perdita attraverso l’attivazione della propria sofferenza: prima a livello di sopportazione, poi di accettazione dell’ineluttabile distacco, su questa terra, dalla persona amata. Per sempre. Dobbiamo coinvolgerli nel tragitto di cordoglio, compianto, rimpianto? Così difficile da comprendere soprattutto per quel “per sempre:” i nonni, oppure il papà, la mamma, un fratello, sorella, uno zio, amico, sono andati via per sempre. In poche parole, è giusto farli salire su un’onda di desolante tristezza, pretendendo che il loro cervello in via di formazione riesca a cavalcarla, mantenendosi in equilibrio? Oppure è meglio non dire nulla, fingere? Questo dubbio attanaglia parecchi genitori.
Sia in Italia che in altri Paesi esiste una vasta documentazione a riguardo, la cui conclusione generale, comune a numerose correnti di pensiero, è che l’evento luttuoso non si dovrebbe nascondere. Il bambino va aiutato ad affrontarlo con coraggio, per evitare che entri in una situazione di tormento, lasciato solo proprio quando si pone delle domande su dove sia finita la persona a cui voleva bene: e se mai la rivedrà.
Da varie pubblicazioni di psicologi infantili si evince non soltanto la necessità di condividere il lutto con i bambini ma anche di trasformarlo per loro in un momento di apprendimento esistenziale e di crescita. Ne è convinta anche la psicoterapeuta olandese Leoniek van der Maarel. Secondo lei in questo modo li facciamo sentire veramente parte integrante della famiglia, non esclusi. “È fondamentale prepararli alla cerimonia funebre, ai suoi rituali; tuttavia lasciandoli liberi di separarsi dal proprio caro nella maniera che ritengono migliore.” Consolati dai parenti all’interno di un circolo d’amore verso il defunto che unisce tutti. “Tuttavia - si legge in un testo di psichiatria infantile redatto da un gruppo di psichiatri americani - si deve tenere conto che ogni bambino è differente. Se è ansioso, timoroso, se ha subito traumi precedenti, lutti pregressi nell’ambito familiare non superati, il consiglio è di farlo partecipare diversamente, non in presenza: per esempio con una preghiera recitata insieme nella sua cameretta, l’accensione di una candela durante la cena, un palloncino da far volare in cielo. L’età dei bambini è rilevante per valutare la loro percezione della morte: a 3, 5, 6 anni non hanno ancora sviluppato il senso della separazione assoluta, di quel “per sempre” che tanto ci affligge. Solo dopo i 9 anni iniziano a capire che cosa significa definitivo, senza ritorno: in questo caso si dovrebbero evitare nel linguaggio esplicativo astrazioni, metafore, eufemismi, come il tipico “è partito per un lungo viaggio.” Altrimenti in futuro “assoceranno la vacanza con la morte.”
In seguito, per i più piccoli, ben vengano le immagini confortanti sul posto dove l’anima si è posata: su una stella, nuvola, in un giardino incantato, un paradiso dove tutti sono felici. Affinché possano continuare la vita custodendo in loro, per sempre, il ricordo di chi non c’è più, le sue belle caratteristiche, i momenti di svago, tenerezza e gioia vissuti insieme. In questo caso quel per sempre non farà più paura. Nei Paesi Bassi il funerale è molto importante. Termina con un rinfresco tipico della tradizione olandese, chiamato “koffietafel”, dove, oltre al “caffè seduti ad un tavolo” (traduzione italiana del sostantivo olandese), vengono serviti panini, zuppe, dolci, formaggio, salame, bibite, a seconda del budget disponibile. La più nota organizzazione di onoranze funebri, “Dela” (presente sul territorio da 85 anni), offre inoltre un sostegno per i bambini che si decide di far partecipare alle esequie.
Una madre mi ha raccontato di essersi pentita per aver nascosto la morte della nonna al figlio di 5 anni. Il giorno dopo il funerale l’insegnante ed i compagni di classe gli avevano fatto le condoglianze. Lui era scoppiato in lacrime, continuando a piangere anche a casa, disperato, per giorni; lamentandosi con i genitori perché non lo avevano messo al corrente dell’accaduto e inoltre “la nonna non lo aveva salutato prima di andarsene! Neanche aveva preso il cellulare con sè... almeno per fargli una video chiamata!”. A questo punto l’hanno accompagnato al cimitero per deporre sulla sua tomba dei fiori e un collage di fotografie scattate nei loro momenti di allegria, di gioco. Dopo di che lui aveva cominciato a parlarle; allora si erano allontanati, lasciandolo solo a proseguire il suo discorso. Non sanno che cosa le abbia detto; ma al ritorno era finalmente sereno, non piangeva più. E mai più ha pianto! Ha soltanto chiesto se ogni tanto poteva tornare a trovarla al camposanto: “e, pazienza se si era dimenticata di portarsi il telefonino! Ultimamente era talmente distratta!”.

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