domenica 10 dicembre 2023
Ma i coniugi impegnati nella pastorale si dicono perplessi: il sacramento del matrimonio - spiegano - ha già carattere ministeriale. Meglio un mandato pubblico da parte della comunità
Il Sinodo: "ministero di coppia" per chi accompagna i fidanzati?

ANSA

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Un nuovo ministero per le coppie che si dedicano alla preparazione dei fidanzati? L’idea arriva dal Sinodo sulla “Chiesa sinodale” dello scorso ottobre. Proposta in attesa di sviluppi e di una migliore articolazione che merita qualche approfondimento. Quali sarebbero i vantaggi di un ministero simile? Quale formazione richiederà? Non c’è il rischio di clericalizzare le coppie che si dedicano alla preparazione al matrimonio investendole di un nuovo ministero ecclesiale? La parola alle coppie impegnate nella pastorale familiare.

Osservano Paola e Cesare Giorgetti di Rimini, che da oltre vent’anni sono anche tra i coordinatori dell’Eremo di Caresto: « Noi crediamo che il problema non sia quello di istituire un ministero mancante, ma riconoscere, sostenere, valorizzare un ministero di fatto, che già molte coppie vivono e operano con passione e fatica. A tutto questo, si accompagna la fatica di avere “una autonomia” nell’agire ecclesiale. Per le coppie si tratta di passare dalla collaborazione alla corresponsablità ». Inutile quindi - sostengono i coniugi Giorgetti - “istituire”un ministero che di fatto è già vivo e operante, con il rischio di clericalizzare questo servizio. « Il problema è quello di riconoscere alla coppia, in quanto tale, una soggettività e una responsabilità che gli deriva dal sacramento del matrimonio e non da una delega della Chiesa». Più che un nuovo ministero sarebbe il caso allora di pensare a una nuova corresponsabilità tra sacerdoti e sposi. «Sì, ma questa corresponsabilità non si raggiunge ministerializzando ciò che molti sposi stanno facendo, ma crescendo in una comunione tra i due ministeri (ordine e matrimonio), cioè arrivando ad un travaso di grazia tra le due vocazioni».

Rischi e opportunità sulla proposta di istituire un nuovo ministero anche nella riflessione di Zaira e Gianluca Marino, responsabili Ufficio famiglia dell’arcidiocesi di Cosenza- Bisignano: « Pensiamo che ogni coppia di sposi cristiani in forza del sacramento del matrimonio non abbia bisogno di nessun altra “investitura” per sentirsi chiamata a svolgere a pieno quello che è già il suo ministero». Non si tratta di lasciare tutto invariato perché i problemi comunque esistono: « Notiamo che ad animare i percorsi per nubendi sono sempre più frequentemente singoli o coppie non adeguatamente formati e poco disponibili all’accompagnamento durante e dopo la celebrazione delle nozze. Pertanto una tale proposta potrebbe aiutare le coppie operatrici pastorali ad assumere con più responsabilità l’impegno di formare e prendersi cura di fidanzati e famiglie». D’altra parte un mandato - non un nuovo “ministero” - per le coppie avrebbe qualche vantaggio. Per esempio, aggiungono Zaira e Gianluca, «il riconoscimento e la condivisione da parte dell’intera comunità dell’impegno missionario assunto dagli sposi; e poi una più chiara corresponsabilità tra presbiteri e sposi». E quindi sarebbe importante che l’eventuale percorso di formazione fosse condiviso, almeno in parte, da presbiteri e sposi. « Il punto di partenza - riprendono - dovrebbe essere, infatti, la comune missione che scaturisce dai due sacramenti, ordine e matrimonio». E il rischio di clericalizzazione? « Esiste sempre a prescindere dal ricevere incarichi specifici, in tutti quei laici che scambiano il servizio con il potere, l’obbedienza con il servilismo, l’essere con l’apparire».

A parere di Silvia e Giuseppe Alì, responsabili per la pastorale familiare della regione Calabria «il vantaggio di un ministero delle coppie sposate in Cristo sarebbe quello di tradurre potenzialmente il vangelo della famiglia in Cristo, evangelizzare nella quotidianità e nell’amore gratuito della casa», anche se riconoscono, «il percorso è in sé già adeguato in quanto esiste nel sacramento del matrimonio lo spirito di essere ministri, come coppia e come sposi». Mentre per Silvia e Giuseppe non c’è alcun rischio di clericalizzazione perché - fanno notare - «é il ministero è insito nella coppia sposa di Cristo e proprio per la sua specificità non potrebbe mai cadere nella clericalizzazione, il ministero è già in sé realtà e concretezza laica nel mondo».

Anche per Rosmary e Vito Di Leo, responsabili per la regione Sicilia, «il sacramento del matrimonio contiene anche la natura missionaria degli sposi. Nella nostro essere missionari c’è anche la preparazione al matrimonio quindi un nuovo ministero sarebbe una replica inutile». Il problema semmai è una preparazione più mirata perché, osservano ancora, « non è detto che tutte le coppie unite nel sacramento abbiano una adeguata preparazione a guidare la preparazione al matrimonio, oppure per seguire le coppie in crisi o gli altri ambiti di cui ci occupiamo. Per questo è necessario che gli sposi (come chiunque altro ) abbiano una preparazione adatta. Allora - concludono Rosmary e Vito non sarebbe strano se alla fine di un percorso formativo ricevessimo un mandato, magari durante una celebrazione, ma questo non significa che abbiamo bisogno di un ministero, quello ce l’abbiamo già». ©

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