giovedì 18 gennaio 2024
La lettera di una mamma in risposta alla psicologa Elena Canzi, nell'ambito della nostra inchiesta sulla crisi demografica, riflette sul rischio di "eclisse sociale" vissuto da tante giovani coppie
Diventare genitori e dimenticare tutto il resto. Ma è giusto?

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Lo scorso 4 gennaio, nell’ambito della nostra inchiesta sulla maternità desiderata e – troppo spesso - delusa, Elena Canzi, docente di psicologia all’Università Cattolica, scriveva che “la maternità può prendere corpo e realizzarsi compiutamente solo all’interno di un progetto di coppia entro cui condividere la responsabilità della cura, dell’educazione, della crescita e dello sviluppo dei figli. È la coppia di genitori, ciascuna con il suo equilibrio, ad assumersi questo incarico, in un patto di reciproca fiducia”. E aggiungeva: “Il far figli è un’impresa delle famiglie e delle comunità che forniscono sostegno, formazione, guida con uno sguardo di speranza verso il futuro”. Tra le tante lettere giunte sul tema, abbiamo scelto la riflessione di una mamma che mette a fuoco un aspetto talvolta messo da parte: è giusto che diventare genitori oggi, per chi è senza aiuti familiari, debba tradursi in una sorta di “eclissi sociale”? Basta divertimenti, basta hobby e, troppo spesso, basta speranza di far carriera, soprattutto se si è donne. Parole che fanno pensare.


Caro direttore

ho letto l’articolo di Elena Canzi. Essendo io una madre di 35 anni con due figlie che si ritrova ad affrontare tutto quello accennato nell’ intervento, vorrei aggiungere anche il mio punto di vista.

Canzi a un certo punto dell’articolo, riporta come il “far figli” dovrebbe essere un’impresa anche della comunità non solo della coppia che decide di diventare genitori, ed è questo che vorrei sottolineare, perché uno dei motivi per cui uno può decidere di non avere figli è sicuramente quello di non rinunciare alla sua libertà nonché desiderio di autorealizzazione, che non passa necessariamente dal diventare padre/madre, ognuno è diverso è c’è chi si realizza attraverso il “far figli”, chi attraverso lo sport, il lavoro o la sua arte. E se anche sarebbe bello dire che non devi scegliere tra te e il diventare genitore, in realtà non è così, soprattutto se sei una persona con possibilità economiche nella media.

Diventare genitori è un avvenimento bellissimo che ti riempie la vita (in tutti i sensi) ma è oggettivamente un grande impegno e un ulteriore gran lavoro “di cura degli altri” che si aggiunge a tutto il resto dei doveri quotidiani che ognuno di noi ha e, spesso, se non hai appoggi familiari e magari non puoi permetterti una baby sitter tutti i giorni, rischi di vederti negato il tempo per il tuo hobby, il tuo sport, le tue amicizie e spesso anche la possibilità di carriera.

Soprattutto nei primi anni di vita di un figlio il genitore si annulla completamente. Un po’ di sacrificio è sano, ma se è totale può portare a conseguenze negative, anche negli equilibri familiari e di conseguenza poi ricadere anche sui figli.

Volontariamente qui sto ipotizzando una coppia già con carichi alla pari tra uomo e donna, proprio a sottolineare come anche se si ha l’appoggio del partner non è comunque sufficiente, deve intervenire e cambiare anche la comunità, se davvero vogliamo emancipare la donna e dare pari possibilità a ogni persona, di qualsiasi estrazione sociale.

A partire dalla possibilità di posti asilo nido per tutti, gli orari di ingresso e uscita delle scuole comunali/statali (non è possibile terminare le attività alle 15.30 e con post scuola alle 16.30 se entrambi i genitori lavorano e non si hanno nonni disponibili), le attività pomeridiane per i bambini, la mentalità sul luogo di lavoro (non è che se stai a casa perché tuo figlio ha la febbre, se esci prima perché devi andare a prenderlo a scuola o se prendi un permesso perché c’è sciopero degli insegnanti, allora vuol dire che ormai non vuoi più crescere come professionista, ma semplicemente che sei diventato genitore e questo messaggio deve passare ed essere tollerato anche dai colleghi e dai superiori).

Ai nostri bambini facciamo fare mille attività perché li vogliamo stimolare con attività sportive ludico-formative, artistiche, ed è giusto e sacrosanto, ma perché anziché pretendere che i genitori rimangano in una sala ammassati in attesa della fine del corso del figlio, non si organizza anche qualcosa per i genitori?

Non è che se diventi genitore hai smesso di voler conoscere, fare sport o musica. Non è che se diventi genitore hai smesso di volerti divertire: è che non ne hai più il tempo. Allora perché, ad esempio, non organizzare qualche corso per adulti in contemporanea alle attività dei bambini, così i nostri figli fanno le loro attività e noi continuiamo ad avere stimoli e …a divertirci?

Il divertimento e la condivisione sono importanti per il benessere psicofisico di ogni essere umano, non è egoismo. Ed è qui è la difficoltà più grande, il vero switch di mentalità che noi per primi dobbiamo fare per superare i sensi di colpa che spesso si generano, frutto proprio dei retaggi di vecchi stereotipi.

Oggi la nostra società si prende cura dei “suoi figli” fino, più o meno, al termine del ciclo di studi. Dall’entrata nel mondo del lavoro è tutto delegato al singolo e alla famiglia. Se sei libero, chiaro è un po’ più semplice ritagliarsi del tempo per dedicarsi a quelle attività che ti servono per sfogare un po’ dello stress accumulato da altri impegni inderogabili, se hai figli e pochi appoggi è quasi impossibile ed è per questo che poi tante persone posticipano la genitorialità; perché pensi che in fondo sei ancora giovane, che in fondo vuoi ancora prenderti cura di te, che in fondo, dopo tutto l’impegno che ci hai messo nello studiare, nel laurearti, nel formarti, dopo l’impegno e la dedizione che hai messo nel tuo lavoro per ritagliarti una certa posizione o un percorso per arrivarci, sia triste rinunciare a tutto, e hai ragione!

Uno procrastina perché ha la ragionevole paura che poi non avrà più il tempo per fare quello che ama e, se non vogliamo che l’arrivo di un figlio sia la “morte” di un adulto, penso che la società debba davvero cambiare, in primis deve cambiare la mentalità retrograda e, da li in poi, occorre costruire soluzioni concrete per aiutare le famiglie nell’impresa di crescere figli. Questa sarebbe la condizione ideale perché una donna e un uomo possano diventare genitori appagati e soprattutto persone libere e felici.

Daniela Cianciotta

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