mercoledì 13 dicembre 2023
Soprattutto nei Paesi del Sud globale, le emittenti locali riescono ancora ad essere tra i pochi strumenti che rafforzano legami sociali e divulgano informazioni
Radio «Active»: frequenze in fondo al mondo che fanno comunità
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«La radio è giornalismo etereo, ma pesante. Per questo, forse, pare tenere botta all’offensiva dell’autoritarismo che ha battezzato il nuovo secolo. Per questo è preziosa la testimonianza delle radio comunitarie, di quelle di territorio, del network delle voci dissidenti dove il dissenso significa morte ». La postfazione di Francesca Paci – giornalista de La Stampa la cui carriera è iniziata trent’anni fa in una piccola emittente romana – sintetizza efficacemente il libro “Etere. Storie di radio, antenne e frequenze dal mondo”, che da poco Francesco Diasio ha dato alle stampe per i tipi di Altreconomia, alla vigilia del 2024, anno in cui ricorre il primo secolo di vita della radio. Non è un saggio, benché qua e là non manchino stimolanti riflessioni; piuttosto un diario di viaggio, che accompagna il lettore dalla Serbia alla Repubblica democratica del Congo, dal Pakistan alla Mauritania…

Un diario nel quale Diasio condivide i progetti a lungo sognati, le molteplici difficoltà – tecniche, politiche, economiche – incontrate nel realizzarli e, soprattutto, le emozioni provate quando, finalmente, una piccola emittente sperduta riesce a decollare. Osserva Marino Sinibaldi, già direttore di Radio 3 Rai, nella prefazione al volume: «C’è uno spirito di avventura che domina ognuna di queste pagine, c’è l’allegria dei gruppi che si riesce a costruire, c’è la passione della condivisione e della trasformazione». Proprio così. Eppure il nome di Diasio non è di quelli che incrociamo nei talk show televisivi. Tuttavia stiamo parlando di uno specialista internazionale di comunicazione, fondatore e direttore di Amisnet (Agenzia multimediale di informazione sociale). Da qualche anno lavora per la Fao, ma a lungo ha accompagnato iniziative a sostegno dei media indipendenti e della libertà d’espressione, partecipando a decine di missioni internazionali come segretario generale dell’Associazione mondiale delle radio comunitarie. Leggendo Diasio si scoprono emittenti e fonti informative tanto piccole e sconosciute quanto preziose. Come All4Peace, «una radio con sede a Gerusalemme che ha la particolarità di avere la doppia redazione, israeliana e palestinese. Trasmettono nelle due lingue e hanno due condirettori, ognuno per la propria sezione della redazione. È l’unico esempio che ho conosciuto nell’ambito dei media nella regione per il dialogo e la pacificazione».

Grazie a Diasio e ai suoi innumerevoli incontri, ripercorriamo alcune vicende cruciali della storia recente: il tragico terremoto di Haiti del 2010, quando si tocca con mano la verità della frase «nel momento in cui c’è più bisogno di informazione, questa viene meno», il devastante tsunami che flagella il Giappone nel 2011, provocando enormi danni alla centrale nucleare di Fukushima, la testimonianza coraggiosa di impegno per i più deboli data da Giulio Regeni in Egitto. Ancora. Sette anni prima che la Tunisia dia il via alla Primavera araba, all’autore di “Etere”, nel corso di un incontro internazionale a Ginevra, appare in tutta evidenza la situazione drammatica del Paese. « Nel corso del primo dibattito sui diritti di comunicazione nel paese magrebino, dal fondo della sala entra una piccola donna. È Sihem B., da tempo attivista per i diritti umani in Tunisia. Interviene, comincia a denunciare una situazione malata e silente nel Paese. Due uomini, in fondo alla sala, prendono la parola e cercano di screditarla. Appartengono a una fantomatica associazione tunisina che difende l’operato di Ben Ali. “Eccoli! Gli infiltrati del regime nelle nostre sessioni”, grida Sihem. “Questo è il sistema Ben Ali, infiltrati dovunque per minare alla base le battaglie civili, creare confusione”».

A vent’anni di distanza, ci è tristemente chiaro quanto profetiche fossero quelle parole. Le pagine di “Etere”, infine, sono la conferma di un fatto incontrovertibile: in molte zone del Sud del mondo la radio è uno strumento prezioso – talora insostituibile – tanto per costruire comunità, rafforzare i legami sociali, diffondere informazione, quanto per seminare il Vangelo. In molti contesti dove i tassi di alfabetizzazione ancora oggi sono bassi, «la radio è l’unico mezzo di informazione, sia perché è la naturale prosecuzione della tradizione orale, sia perché spesso, soprattutto nelle zone rurali, è l’unico strumento che non necessita di corrente elettrica, ma solo di due pile». Quando va in Congo, nel 2006, Diasio incontra varie emittenti di diversa ispirazione religiosa: « Radio povere ma sempre dignitose». Un’impressione simile la raccoglie nella cattolica Radio Enriquillo, ad Haiti: « Nel tempo – dichiara – ho imparato che molte di queste emittenti confessionali fanno un lavoro sociale e laico nei confronti delle loro comunità. Informazioni di servizio, giornali radio indipendenti, seppur con una linea editoriale connotata (ma quale radio non ha una linea editoriale connotata?) e comunque con un tipo di trasmissione molto diversa dal modello europeo di radio “confessionale”».

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