martedì 5 maggio 2020
Una relazione dei Carabinieri contesta alle piattaforme di delivery la «consegna sporadica di mascherine»
Rider senza adeguate tutele ai tempi del Covid19

Rider senza adeguate tutele ai tempi del Covid19

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Durante tutto il lockdown hanno continuato a lavorare per portare pasti pronti e spesa a domicilio. Un servizio "essenziale" ma senza nessuna tutela, come hanno più volte denunciato. Per settimane i rider sono state le uniche presenze visibili, con i loro cubi colorati, per le strade delle nostre città. Il loro lavoro è andato avanti di consegna in consegna ma, come risulta da un’annotazione dei carabinieri del Nucleo ispettorato lavoro di Milano trasmessa alla Procura, non sarebbero stati tutelati dai rischi di contagio da Coronavirus da alcune società di delivery, se non con consegne sporadiche di mascherine.La relazione è stata acquisita nell’ambito dell’indagine in corso sul fenomeno, coordinata dal pm aggiunto Tiziana Siciliano e condotta dalla squadra di polizia giudiziaria, assieme a Polizia locale, Ats e ispettorato del lavoro. Un’inchiesta "pilota" aperta in autunno per far luce sulla sicurezza stradale e sul lavoro dei ciclo-fattorini, su violazioni delle norme igienico sanitarie e su eventuali casi di sfruttamento, come il caporalato.I carabinieri da fine marzo, data l’emergenza sanitaria in atto, hanno chiesto alle piattaforme una serie di documenti: l’eventuale adeguamento del «Documento valutazione rischi» al nuovo rischio biologico da Covid e di documentare le forniture dei dispositivi di protezione necessari a fronteggiare il contagio per i dipendenti, ma anche per i rider, che a più riprese, tramite alcuni collettivi, hanno lamentato la mancanza di mascherine. Dalle analisi dei militari è emerso, in sostanza, un comportamento a macchia di leopardo. Nel caso di Uber Eats Italy, non è stato possibile effettuare l’accertamento, né inviare mail né risalire alla sede della società che risulterebbe anche sconosciuta all’Inps.

Il comportamento più responsabile lo ha tenuto Just Eat che ha provveduto inviando ai rider che utilizza per le consegne kit con mascherine e guanti, mentre Deliveroo e Foodinho srl (società interamente riconducibile a Glovo), stando alla relazione, non avrebbero adeguato il protocollo per il Covid, omettendo la valutazione e l’analisi sull’esposizione al rischio per i rider. Deliveroo ha dato conto di consegne di mascherine e di una policy per il rimborso sull’acquisto delle stesse da parte dei fattorini. Anche Foodinho ha riferito di aver consegnao le mascherine ai suoi rider. Per gli inquirenti, tuttavia, si sarebbe trattato di invii sporadici di dispositivi. Le due società avrebbero considerato i rider come lavoratori autonomi e, dunque, riversato su di loro prevenzione e rischi. Immediate le repliche delle due aziende. «Sui dispositivi di protezione abbiamo optato per una distribuzione attiva nei punti nevralgici delle città che ci ha permesso di distribuire oltre 40.000 mascherine e guanti in lattice ai rider in servizio (distribuzione peraltro che prosegue)» ha precisato la spagnola Glovo mentre Deliveroo ha assicurato di aver fatto «ben oltre quello che è richiesto dalla legge per proteggere i rider durante questa crisi». Con la distribuzione di mascherine, il rimborso per l’acquisto di presidi sanitari e l’adozione di misure di distanziamento durante le consegne. Intanto un’ordinanza del Tribunale di Firenze, depositata ieri, ha confermato l’obbligo, in seguito al ricorso avanzato dalla Cgil, per Just Eat di consegnare ad un rider i dispositivi di protezione individuale.

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