
Non è (soltanto) una questione di carriera e di stipendio. I lavoratori italiani sono i più insoddisfatti d’Europa: solo il 43% dei dipendenti considera la propria azienda un buon datore di lavoro. Un dato che pone il Bel Paese all’ultimo posto di questa speciale classifica, dietro anche a Cipro (53%), Polonia (47%) e Grecia (44%). I più soddisfatti sono invece danesi (75%), norvegesi (73%) e svedesi (68%), con un indice medio di soddisfazione lavorativa che in Europa è pari al 59%.
È una fotografia preoccupante quella che emerge dalla prima edizione del rapporto European Workforce Study 2025, stilato a livello europeo da Great Place to Work, sulla base delle opinioni espresse da quasi 25mila collaboratori, attivi in 19 Paesi. Tra i settori, tecnologia (65%), finanza (63%) e servizi professionali (62%) sono considerati i migliori dai collaboratori.
In generale a pesare sulla bilancia la sensazione di non essere valorizzati e apprezzati dal management aziendale, con meno di un responsabile su due (48%) che prende in considerazione i suggerimenti dei dipendenti. Essere trattati con rispetto, l’equilibrio tra lavoro e vita privata, la sicurezza psicologica, la coerenza della leadership e ricevere una retribuzione equa sono i 5 principali fattori che determinano il grado di soddisfazione dei dipendenti europei. Che non è solo un fattore di “clima” ma diventa un moltiplicatore economico. Perché ha un impatto diretto sulla produttività. Avere dei dipendenti insoddisfatti o poco coinvolti costa alle aziende europee delle ingenti perdite in termini di business. In questo senso Paesi Bassi, Danimarca, Norvegia, Finlandia, Svezia e Svizzera sono i punti di riferimento a livello europeo in termini di cultura aziendale con riflessi positivi sulla produttività del lavoro, calcolata come PIL per ora lavorata. In fondo al ranking, con un differenziale medio di 15 punti percentuali, troviamo anche qui l’Italia in compagnia di Grecia, Polonia, Francia e Portogallo.
L'importanza di avere capi credibili (parametro misurato su tre elementi: credibilità del management, l’equità nel trattamento e rispetto nei confronti dei collaboratori) vede al primo posto Danimarca (64%), Paesi Bassi (63%), Norvegia e Svezia (62%) con l’Italia ferma al 44% e una media europea del 55%. “La qualità della leadership ha un impatto positivo e profondo sulle prestazioni di un’organizzazione e in questo senso l’indagine svolta dimostra come la soddisfazione, la fidelizzazione e il sostegno dei dipendenti ne guidano in maniera diretta la produttività quando si è in presenza di leader di cui ci si può fidare“ spiega Alessandro Zollo, CEO di Great Place to Work Italia. Altrettanto importante la "leadership di prossimità": vale a dire essere vicini ai collaboratori, sfruttano l'empatia, la curiosità e l'autenticità accanto alle competenze manageriali. Anche in questo caso l’Italia è ultima in classifica con appena il 42% dei dipendenti che riscontra questa qualità nel managment dell’azienda.
“Non è solo il potere d’acquisto il problema dei lavoratori in Italia – sostiene Beniamino Bedusa, presidente di Great Place to Work Italia – La percezione dei leader sempre più lontani e la scarsa serenità nell’ambiente di lavoro rendono la fiducia dei dipendenti italiani la più bassa in Europa e li spingono, più che in ogni altro paese europeo, a cercare altri lavori e altri manager”.
Ecco le 10 ragioni per cui i collaboratori europei si sentono insoddisfatti sull’ambiente di lavoro, non valorizzati né inclusi e dati per scontati: mancato apprezzamento dei manager (51%), dialogo di facciata (48%); mancanza di extrapremi (53%; stipendi poco equi (55%), esclusione dalle scelte fondamentali (56%); favoritismi nelle nomine (57%); welfare aziendale assente (58%); diversità e inclusione (62%), meritocrazia (63%); retribuzione degli utili (64%).