venerdì 26 marzo 2021
Negli altri Paesi le misure sono incardinate nello specifico capitolo per la 'prossima generazione' (modello francese) o facilmente riconducibili grazie a una tabella analitica (modello portoghese)
Il 'vecchio' Piano nazionale di ripresa ha dimenticato il pilastro dei giovani
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Se l’Italia continua a non essere un Paese per giovani è soprattutto perché stanzia risorse limitate o comunque insufficienti per garantire alle ultime generazioni buone opportunità e sbocchi professionali all’altezza delle loro ambizioni. La conferma di questa brutta abitudine di relegare le nuove leve ai margini di progetti e politiche arriva da uno studio che è il frutto della collaborazione tra il Consiglio nazionale dei giovani e la Fondazione Bruno Visentini. Il report analizza in particolare il Piano nazionale di ripresa e resilienza, in base alla versione presentata il 12 gennaio scorso dall’allora governo Conte, focalizzandosi sulla verifica delle misure previste per i giovani.

L’indagine prende in considerazione non solo il valore economico dei fondi stanziati ma anche la specificità delle proposte. Pur riscontrando alcuni elementi di positività, complessivamente il giudizio sui contenuti resta negativo. È anche una questione di budget. Il totale delle risorse messe a disposizione dalla proposta di Pnrr per il sostegno degli interventi rivolti agli under 35 ammonta a complessivi 4,53 miliardi di euro per il periodo 2021-2026, di cui 3,6 miliardi di euro finanziati con il Recovery Plan e 0,93 miliardi di euro da ReactEU. Si tratta di appena il 2% dell’intero piano (laddove per misure generazionali si intendono tutti quei provvedimenti idonei a vario titolo ad incidere sul divario generazionale in quanto rivolti direttamente ed esclusivamente ai giovani under 35). Insomma, per i giovani non restano che le briciole.

E ciò avviene nonostante il pressing di Bruxelles. Il Regolamento europeo, infatti, accanto a transizione verde, trasformazione digitale, crescita sostenibile e inclusiva, coesione sociale e territoriale, resilienza, sanità, ha introdotto il pilastro «politiche per la prossima generazione, l’infanzia e i giovani, come l’istruzione e le competenze», recependo in questo modo un emendamento fortemente voluto dal Parlamento europeo. L’Italia, però, a giudicare dal piano, finora sembra essere rimasta sorda al richiamo. «Alla luce di tali nuove indicazioni delle istituzioni europee e della necessità di adeguarsi ad esse nell’interesse delle future generazioni, riteniamo che il Pnrr italiano debba essere rimodulato rispetto alla bozza stilata dal precedente governo», è la richiesta che scrivono nero su bianco le organizzazioni che hanno elaborato lo studio.

Ciò che balza agli occhi è l’assenza di un 'pilastro giovani', dove possano convogliare tutte le azioni e le iniziative destinate alle nuove generazioni. Nel report c’è spazio anche per le proposte suggerite con l’obiettivo di cambiare marcia, incrementando in modo significativo gli investimenti per i giovani senza sforzi finanziariamente impossibili per le casse dello Stato. «Crediamo sia necessario prevedere l’istituzione di una valutazione dell’impatto socio-economico per ogni singolo pilastro presente nel Piano – è la convinzione che emerge dal Consiglio nazionale dei giovani –. La crisi attuale, infatti, insegna che le scelte politiche dovranno d’ora in poi tornare ad essere lungimiranti, a progettare il futuro piuttosto che a subirne l’impatto». Secondo i calcoli svolti in collaborazione con la Fondazione Bruno Visentini, le risorse dedicate ai giovani attraverso misure generazionali e potenzialmente generazionali all’interno della bozza del Pnrr del 12 gennaio, potrebbero essere pari a 16,31 miliardi di euro, individuate in specifici interventi presenti nella missione 1 “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura”, missione 4 “Istruzione e ricerca” e missione 5 “Inclusione e coesione”.

A queste risorse, a saldi complessivi invariati, si propone l’inclusione di quote di impegno destinate specificamente ai giovani pari a 12,41 miliardi di euro. Dunque, i fondi di Next Generation Eu da destinare ai giovani raggiungerebbero così 28,72 miliardi di euro su una dotazione complessiva di 224 miliardi di euro. Per far sì che il tesoretto da investire sui giovani venga incrementato, la richiesta rivolta alle istituzioni e alla politica è di dedicare all’interno del Pnrr un 'Pilastro unico per le politiche giovanili' e che «le istanze delle giovani generazioni siano adeguatamente rappresentate nei processi che di qui in avanti porteranno alla versione definitiva del Pnrr attraverso un coinvolgimento nella governance e nel monitoraggio del Piano per verificarne gli esiti economico-sociali».

Da una comparazione delle bozze dei Piani nazionali dei principali paesi europei si nota che, in proporzione ai tassi di disoccupazione, l’Italia investe meno di quasi tutti i principali Paesi europei: dalla Germania alla Spagna. Francia e Portogallo si sono allineate al Regolamento europeo: le misure per le giovani generazioni sono delineate e incardinate chiaramente nello specifico pilastro (modello francese) o a questo facilmente riconducibili grazie a una tabella analitica (modello portoghese). Mantenere le misure per le politiche giovanili nei diversi pilastri, senza una coerente omogeneità, come nella bozza del Piano italiano, non risponde invece alle indicazioni delle istituzioni comunitarie, «oltre a complicare il monitoraggio e la valutazione rispetto ai parametri indicati dalle linee guida della Commissione europea ».

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