mercoledì 11 marzo 2020
L'Arabia Saudita chiede di portare la produzione ai massimi. Gli Emirati le vanno dietro. La Russia, forse, si pente di non avere accettato l'ultima proposta dell'Opec
Il mondo inondato di petrolio. Proprio quando ne ha meno bisogno
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Il mondo si ritrova inondato di petrolio proprio quando ne ha meno bisogno. L’epidemia di Covid-19 ha spinto le compagnie aeree a cancellare migliaia di voli mentre in diversi Stati, Italia compresa, l’attività produttiva è ridotta al minimo. Era per adeguarsi a questa situazione che la settimana scorsa i Paesi dell’Opec hanno proposto alla Russia, che da quattro anni si affianca al cartello di esportatori di petrolio in quello che è stato chiamato Opec+, un taglio coordinato della produzione. Il "no" di Mosca, che non vuole ridurre l’attività dei pozzi per non dare vantaggi ai produttori di petrolio americano, venerdì scorso ha scatenato la guerra: i Paesi dell’Opec hanno risposto che a questo punto ognuno farà ciò che preferirà.

Lo stanno facendo davvero. Oggi l’Arabia Saudita ha dato indicazione ad Aramco, la sua compagnia petrolifera di Stato, di alzare i livelli produttivi di 1 milione di barili al giorno, fino alla «massima capacità sostenibile» di 13 milioni di barili quotidiani. Bahri, la compagnia saudita del trasporto petrolifero, ha prenotato 14 petroliere che si aggiungeranno alla sua flotta di 42 per rifornire i clienti. Poche ore dopo gli Emirati Arabi hanno annunciato che la loro compagnia di Stato, Adnoc, metterà sul mercato più di 4 milioni di barili al giorno e accelererà il piano per arrivare a produrre 5 milioni di barili al giorno, un traguardo che inizialmente doveva raggiungere nel 2030. La Russia, che martedì ha cercato invano di tornare al tavolo dei Paesi dell’Opec, progetta di aumentare la sua produzione di 300mila barili al giorno.

Tutto questo mentre la domanda di petrolio globale è stagnante. Nel bollettino mensile pubblicato proprio oggi l’Opec ha tagliato le sue stime: si aspettava un mercato da 100,7 milioni di barili al giorno, ora ne prevede 99,7, cioè un milione di barili in meno. Con gli annunci di questi giorni, l’offerta è più abbondante che mai. La produzione giornaliera dei Paesi Opec – che a febbraio era scesa a 27,8 milioni di barili al giorno contro i 29,3 milioni medi del 109, aumenterà di almeno 3 milioni di barili – a cui si aggiungono i 300mila barili aggiuntivi di greggio russo.

Questa inondazione del mercato proseguirà finché qualche Paese non si arrenderà perché incapace di reggere il crollo delle quotazioni. Dopo il tentativo di rimbalzo di martedì, oggi Brent e Wti sono di nuovo in calo, rispettivamente a circa 33 e 35,5 dollari al barile. Un mese fa le quotazioni erano stabilmente sopra i 50 dollari. Questi ribassi si faranno sentire ovviamente anche sul prezzo dei carburanti, proprio in un momento in cui – forzati a casa – gli italiani non possono averne molti vantaggi. In ogni caso i ribassi alla pompa sono sempre contenuti, dal momento che il prezzo della materia prima raffinata conta per meno di un quarto sul prezzo finale di benzina e gasolio: il resto sono tasse (circa 1 euro al litro per la benzina e 86 centesimi per il gasolio) e margine del distributore.

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