venerdì 10 agosto 2012
​Giusy Brignoli, 37 anni, si è trasferita al Sud nel 2001 per costituire con tre amiche la cooperativa sociale Il Segno. "La Calabria è un giardino del Creato, eppure non offre lavoro - racconta -. Desideravo condividere le difficoltà con altri giovani calabresi". E reagire.
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​La scelta che le ha cambiato la vita l’ha fatta alla fine degli anni 90 dopo un campo scuola in Calabria, a Fuscaldo, vicino a Cosenza. Da allora, Giusy Brignoli, oggi 37enne, bergamasca, compiendo un percorso migratorio decisamente controcorrente ha scelto di vivere sulla sua pelle le contraddizioni e le bellezze di quella terra. Così si è trasferita al Sud nel 2001 per costituire con tre amiche la cooperativa sociale Il Segno, contando sul sostegno di un buon numero di volontari. Migrante per cause ideali e per la fede, non si è mai pentita di aver seguito la propria vocazione nonostante abbia passato tempi duri. «La Calabria è un giardino del Creato – dice Giusy – eppure non offre lavoro. La prima cosa che desideravo era condividere le difficoltà con altri giovani calabresi. Combattere la disoccupazione vuol dire togliere l’acqua al pesce, alla ’ndrangheta». Così a Fuscaldo hanno creato anche l’associazione Goel, nata dopo aver incontrato e ascoltato l’allora vescovo di Locri Gianfranco Brigantini, e mirata all’ascolto e all’accompagnamento delle persone più deboli. Ma i Comuni del Sud hanno le casse vuote e il lavoro mancava già allora.«È stata dura – ammette Giusy – abbiamo fatto anni senza lavorare, imparando ad accontentarci del poco di cui vivono tante famiglie del Mezzogiorno». Hanno diversificato l’offerta e avviato una linea di produzione di prodotti tessili accanto ai servizi di accompagnamento e ascolto alle persone in difficoltà, entrando nel Progetto Policoro della Chiesa italiana. «Abbiamo avviato anche rapporti di reciprocità Nord-Sud promossi dal Progetto Policoro dell’Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano. Questa estate si sono tenuti campi di lavoro di adolescenti cui hanno aderito diocesi come Bergamo e Cremona. È uno scambio culturale importante. Quanto alle vendite, nei primi anni abbiamo testato i nostri prodotti partecipando a diverse fiere in tutta Italia, poi nel febbraio 2007 abbiamo aperto una bottega solidale nel centro storico di Paola e abbiamo cominciato a coltivare prodotti tipici dell’agricoltura bio e a venderli con successo».Problemi con malavita organizzata? «Non ne abbiamo mai avuti. In paese si sa chi sono i mafiosi, a volte alcuni di questi personaggi si sono avvicinati ai campi a vedere cosa stavamo facendo, ma non abbiamo mai ricevuto minacce. Questo nonostante il nostro sia chiaramente un impegno anti-mafia, giocato soprattutto sul piano concreto e delle scelte etiche anche in campo lavorativo». Con la cooperazione sociale nessuno vuole arricchirsi, ma si può arrivare molto lontano. Ora Il Segno va meglio e Giusy guarda al futuro con maggiore serenità. Le ragazze tenaci della coop hanno chiesto al Comune di Paola di acquisire una stazione ferroviaria dismessa per ristrutturarla, grazie anche all’aiuto dei volontari, e impiantarvi una filiera produttiva del bio. È un passo importante per creare una vera e propria industria, dare lavoro e lasciare una testimonianza forte di come i giovani possono ancora cambiare il mondo anche dove sembra più difficile».
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