Un “modello Romagna” per le comunità energetiche con una serie di progetti nati dal basso, dalla collaborazione di cittadini, parrocchie e diocesi, costituitesi sotto forma di cooperative grazie al sostegno di Confcooperative e finanziate dai bandi della Regione Emilia-Romagna. Un mosaico di attori che ha unito le forze per produrre e consumare energia pulita, tutelando l’ambiente e al tempo stesso promuovendo progetti di coesione sociale e di contrasto delle diseguaglianze. A maggio sono state costituite le Cer della diocesi Faenza-Modigliana “Ecologia integrale” e quella della diocesi di Rimini “Un raggio di sole per l’inclusione sociale” mentre ad ottobre ha mosso i primi passi la Cer di Cesena “Insieme con energia” promossa dalla parrocchia San Vittore.
La diocesi di Faenza è stata la prima ad organizzarsi grazie all’impegno del vescovo Mario Toso, che a settembre del 2022 ha istituito la commissione per la costituzione delle comunità energetiche, guidata da don Luca Ghirotti. Da un paio di mesi la Cer è diventata operativa e da poco ha visto l’adesione della diocesi di Imola. Stasera ci sarà una presentazione ufficiale della Cer per ampliare la rete dei soci dal titolo “Le Comunità energetiche rinnovabili in poche parole”, organizzato da Confcooperative Romagna presso il Seminario vescovile di Faenza.
«La scelta di costituire una comunità energetica è prima di tutto una scelta etica, frutto di un cammino di riflessione a partire dall’enciclica Laudato si’ e fondata sulla consapevolezza che l’umanità intera è chiamata a prendersi cura della casa comune» spiega il vescovo. Ma ci sono anche motivazioni economiche, vale a dire la necessità di «affrontare la povertà e l’insicurezza energetica delle nostre realtà parrocchiali, educative, scolastiche, aggregative e di numerose famiglie le cui difficoltà sono state aggravate da alluvioni e da terremoti». Proprio il concetto di mutualità è alla base della Cer che ha obiettivo il sostegno ai bisognosi. Il passo successivo è l’estensione della dimensione della “rete” di relazioni all’intero territorio diocesano. Il vescovo Toso ha messo come condizione quella di avviare iniziative a sostegno dei più fragili per combattere la povertà energetica, spiegando che gli utili derivanti saranno reinvestiti immediatamente.
Per le tre Cer romagnole è stata scelta la forma giuridica di cooperativa e un forte impegno sociale. Fondamentale anche il sostegno dell’ente pubblico. «La Cer di Faenza è nata grazie anche ad un bando della Regione Emilia-Romagna per sostenere le spese di costituzione della Cer, circa 40mila euro. La seconda fase prevede un investimento di circa un milione di euro nei prossimi due-tre anni, anche in questo caso in parte finanziati da bandi regionali. Potenzialmente potrebbe attivarsi in tutte e 9 le cabine primarie della diocesi di Faenza, per il momento si parte con tre cabine e 900kw di potenza». Sottolinea Mauro Neri presidente di Confcooperative Romagna. Anche la Cer di Rimini è stata finanziata da un bando regionale, in questo caso il vescovo ha deciso di affidare il ruolo di organizzatore all’economo della diocesi, mentre quella di Cesena è promossa da una parrocchia.
Si può parlare di una specificità delle Cer romagnole? Di certo l’imprinting cooperativo va nella direzione di unire le forze. «Come Confcooperative siamo abituati a fare squadra praticamente da sempre, con cooperative di workes buyout e di comunità, ci siamo messi a disposizione in questo percorso che non è semplicissimo da punto di vista normativo perché bisogna valutare la sostenibilità economica dei progetti, muoversi tra i diversi bandi e regole che sono ancora poco conosciute - sottolinea Neri - . Quello che vogliamo far capire è che chi partecipa non ha uno sconto immediato in bolletta. Il vantaggio è a lungo termine può arrivare sotto forma di minori spese ma anche di servizi sul territorio».
Il presidente Maurizio Gardini sottolinea come Confcooperative sia impegnata da anni a «far decollare vere comunità energetiche, costituite secondo logiche comunitarie, di sostenibilità e non speculative». In particolare condividendo idee e iniziative con Comuni, associazioni, parrocchie e diocesi, «che consideriamo un ambito privilegiato di aggregazione, promozione e confronto per la costruzione di progettualità solidali e sostenibili». Confcooperative si è battuta per inserire parrocchie, diocesi ed enti religiosi tra i soggetti promotori delle Cer con uno specifico emendamento ed ha fatto parte del gruppo giuridico della pastorale Cei.
Il rischio, spiega Gardini, è che le Cer possano rappresentare un’occasione di profitto per operatori specializzati. «Abbiamo lavorato per promuovere modelli virtuosi e realmente comunitari che, a differenza di modelli eterodiretti spesso da investitori esterni, consentano produzione e scambio di valore e competenze tra i soci e nelle comunità locali, ad esempio con progetti di riqualifcazione di oratori e centri sportivi annessi» continua Gardini perché «bisogna evitare che la comunità energetica diventi uno strumento per generare profitti a vantaggio di un investitore». In Romagna, e non solo, Confcooperative è impegnata nella promozione delle Cer fornendo supporto burocratico e consulenza, predisponendo studi di fattibilità e ricerca di finanziamenti. Al momento sono un centinaio i tavoli aperti. «Stiamo portando a casa i risultati di anni di attività» conclude il presidente.
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