giovedì 15 giugno 2023
Altro rialzo da 25 punti base, che sarà seguito da un ulteriore rincaro a luglio. Frenare la crescita, ridurre i prestiti, contenere i salari: Lagarde chiede di tutto per riportare l'inflazione al 2%
Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea

Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea - Ansa

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Il rialzo dei tassi della Banca centrale europea, ampiamente previsto, è arrivato. Il consiglio direttivo della Bce nella sua riunione di oggi a Francoforte ha concordato di portare dal 3,75% al 4% il tasso principale a partire dal 21 di giugno. Non è il massimo storico, ma ci siamo quasi: tra il giugno del 2000 e l’ottobre del 2008 il tasso Bce restò fisso al 4,25%. Poi arrivò la grande crisi finanziaria.

Stavolta il contesto è diverso. L’obiettivo è contenere l’inflazione: i risultati si sono in parte già visti ma ancora l’indice dei prezzi resta lontano dal 2%. Nelle stime della banca centrale chiuderemo il 2023 con una media di inflazione del 5,4%, che si ridurrà al 3% nel 2023 e al 2,2 nel 2025. «L’inflazione è diminuita ma dovrebbe rimanere troppo elevata per un periodo di tempo troppo prolungato» ha detto la presidente Christine Lagarde, che ha definito «probabile» un ulteriore aumento (presumibilmente ancora da 25 punti base) nella riunione del 27 luglio, «a meno che non si verifichino cambiamenti sostanziali nella nostra linea di base».

La Bce non vuole indicare un tasso “finale”, una soglia oltre la quale non si spingerà. L’obiettivo, ha ripetuto Lagarde, è riportare l’inflazione al 2%. Anche se il peso di un costo del denaro così elevato sull’economia si sta facendo sentire. Nello scenario dei tecnici della banca centrale la crescita del Pil europeo resta fiacca, con un +0,9% quest’anno e un +1,5% nel 2024. È sgradevole, ma la Bce sta deliberatamente ostacolando la crescita del Pil per ottenere un taglio dell’inflazione. «I costi di indebitamento sono aumentati bruscamente e la crescita dei prestiti diminuisce» nota la banca centrale, sottolineando come «le condizioni di finanziamento più restrittive sono una ragione fondamentale per la quale l’inflazione dovrebbe ridursi ulteriormente verso l’obiettivo, poiché ci si attende che queste frenino in misura crescente la domanda». Lo stesso vale per gli stipendi, che non devono salire troppo per permettere alla Bce di centrare l’obiettivo: «Il mercato del lavoro è una delle componenti principali dei rialzi dell'inflazione. L'energia, che ha giocato un ruolo fondamentale, ora pesa meno» ha detto Lagarde. Chiesta anche l’interruzione delle misure di aiuto contro il caro bollette. In sostanza tutto ciò che attenua il peso dell’inflazione su imprese e famiglie contribuisce a ostacolare la frenata della corsa dei prezzi.

Il nuovo rialzo dei tassi provocherà un ulteriore rincaro diretto sui prestiti a tasso variabile. In 18 mesi, calcolano da Mutuionline, la rata di un mutuo variabile medio da 160mila euro è aumentata di oltre il 70%, circa 339 euro in più al mese. C’è da dire però che molti mutuatari si erano spostati sui prestiti a tasso fisso durante la fase di politica monetaria extra-espansiva della Bce. I tassi alti, non ancora accompagnati da cali dei prezzi degli immobili, scoraggiano intanto chi vorrebbe comprare casa. «C'è un indebolimento della domanda di acquisto destinato a riflettersi in un calo significativo delle compravendite» notano da Nomisma, che prevede un taglio delle compravendite nell’ordine del 14,6% quest’anno.

C’è meno dibattito, ma altrettanta preoccupazione, per gli effetti che i tassi alti possono avere sugli investimenti delle imprese, che possono rimandare i progetti in attesa che il costo finanziario dell’operazione diminuisca. Colpite, soprattutto, le piccole imprese, come hanno ricordato ieri gli aertigiani di Cna e Confimi.



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