Sui dazi le Borse al braccio di ferro. Trump tira dritto: «Nessuna pausa»

Dopo i crolli dei listini asiatici ed europei, anche Wall Street fallisce il rimbalzo con la Casa Bianca che definisce «fake news» la sospensione delle tariffe. Milano -5,18%
April 6, 2025
Sui dazi le Borse al braccio di ferro. Trump tira dritto: «Nessuna pausa»
Ansa | undefined
Nessuna una pausa in vista sui nuovi dazi Usa voluti da Donald Trump. L’ipotesi fatta trapelare oggi dal consigliere economico della Casa Bianca Kevin Hassett su una sospensione di 90 giorni delle nuove tariffe doganali Usa è durata poco, giusto il tempo di frenare in parte a Wall Street le perdite di una giornata che si era aperta sui mercati finanziari con i crolli delle Borse asiatiche e che è proseguita con i cali dei listini europei. «Fake news», ha però subito sottolineato la Casa Bianca, a dimostrazione di quanto Trump voglia tenere il punto.
Così, il braccio di ferro con i mercati continua, il tutto mentre si intensifica lo scontro anche con la Cina, nei confronti della quale Trump ha minacciato di alzare i dazi di un ulteriore 50%: si arriverebbe a un totale del 104% di tariffe doganali sui prodotti made in China in arrivo negli Usa. Nel frattempo, a colpi di ribassi azionari che ricordano quelli drammatici già vissuti ai tempi della pandemia di Covid e della crisi finanziaria del 2008, i mercati globali e la stessa Wall Street continuano ad evidenziare che i nuovi dazi Usa non sono quella «liberazione» dai «parassiti» su cui insiste la Casa Bianca. Investitori, grandi fondi pensione, banche d’affari, risparmiatori e analisti non credono, insomma, alla promessa che il presidente miliardario ha fatto loro nei giorni in cui rischia di scatenare una guerra economica globale: «Diventerete ricchi». Il messaggio che arriva dalle Borse è chiaro: dall’Asia all’Europa, fino agli indici statunitensi, l’offensiva commerciale Usa viene letta come un freno agli scambi e alla crescita economica globale, con il rischio di un ritorno dell’inflazione, di una diminuzione degli investimenti, di una recessione.
Una pausa per tirare il fiato e provare a trovare soluzioni negoziali sarebbe benvenuta dal mercato. E questo anche se Trump sembra aver già trovato il capro espiatorio sui crolli dei mercati: «La Fed è lenta, dovrebbe tagliare i tassi di interesse», ha detto ieri il presidente Usa. Che ha dato una sua particolare lettura della situazione in corso: «I prezzi del petrolio sono in calo, i tassi di interesse sono in calo, i prezzi dei generi alimentari sono in calo, non c’è inflazione e gli Stati Uniti, da tempo vittime di abusi, stanno incassando miliardi di dollari a settimana dai Paesi che abusano dei dazi già in vigore». Mentre Trump regalava questa sua ennesima (post)verità, il calo sui mercati, dopo quello di giovedì e venerdì scorso, era però già su livelli importanti, addirittura «storico» secondo alcuni analisti. Le Borse asiatiche hanno visto oggi nuovi crolli. Hanno iniziato Tokyo con un -7,8% e Hong Kong con un -11,6%. Poi l’Europa, che ha bruciato 683 miliardi di euro, per un rosso di 1.924 miliardi di euro in tre sedute: Milano -5,18%, Parigi -4,7%, Francoforte -4%, Londra -4,4%. Infine, l’altalena di Wall Street, che ha aperto con cali tra il 3 e il 5%, ha provato il rimbalzo sull’onda dell’ipotesi di pausa sui dazi, per poi tornare a ricadere all’indietro, anche se con perdite più contenute.
Lo scorso weekend, riunioni su riunioni si sono susseguite tra i board dei principali fondi di investimento globali e dell’industria finanziaria, in un clima di estrema incertezza. Il ceo di Jp Morgan Jamie Dimon, in una lettera agli azionisti della banca, ha auspicato che si risolva «il prima possibile» la questione dei dazi per via degli effetti che rischia di produrre sull’economia e delle molte «incertezze» che genera, definendo «disastrosa» la «frammentazione» del sistema delle alleanze Usa, a partire dall’Europa. Trump sembra irremovibile, la sua amministrazione sottolinea che più di 50 Paesi hanno contattato la Casa Bianca per negoziare. Tra questi, il premier giapponese Shigeru Ishiba. «Sta inviando una squadra di alto livello per negoziare! – ha sottolineato Trump –. Hanno trattato gli Stati Uniti molto male in materia di commercio. Non prendono le nostre auto, ma noi prendiamo milioni delle loro. Allo stesso modo l'agricoltura e molte altre “cose”». Dazi minimi del 10% vengono già applicati a tutti i prodotti stranieri in ingresso negli Usa, ma da domani entreranno in vigore soglie ben più alte per la maggior parte dei Paesi: 20% per l'Unione Europea, 34% per la Cina, 24% per il Giappone, 31% per la Svizzera. Sarà un ulteriore momento della verità anche per i mercati.
Pechino è stata nuovamente accusata oggi dal presidente Usa di essere «la principale sfruttatrice di tutti», ma «i suoi mercati stanno crollando». Poi Trump ha annunciato anche lo stop ai colloqui sui dazi con Pechino.
La Cina, che ha già annunciato contro-dazi sui beni Usa del 34%, non ha mancato di replicare, anche per conquistare quote di consenso a livello planetario: «L’abuso dei dazi da parte degli Stati Uniti equivale a privare i Paesi, soprattutto quelli nel Sud globale, del loro diritto allo sviluppo». E ancora: «Alla luce dell'esistente disparità economica, l'aumento dei dazi Usa aggraverà ulteriormente le diseguaglianze economiche tra i Paesi e quelli meno sviluppati faranno i conti con le ripercussioni maggiori». L’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) stima che i nuovi dazi, uniti a quelli introdotti dall’inizio dell’anno, «potrebbero portare a una contrazione complessiva di circa l’1% nei volumi di commercio globale di merci nel 2025», con «un calo di quasi quattro punti percentuali rispetto alle proiezioni precedenti».
Mentre l’Unione Europea studia le sue contromisure, il Canada ha avviato un procedimento contro gli Stati Uniti presso la stessa Wto per i dazi al 25% voluti da Trump sulle importazioni di automobili. Analogo ricorso era stato presentato nei giorni scorsi dalla Cina, definendo i dazi «bullismo unilaterale». Il braccio di ferro globale, per ora, continua.

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