Sono scadute le esenzioni sui dazi Usa: «L'economia africana può collassare»

Per 25 anni i Paesi più poveri del continente hanno beneficiato di tariffe pari a zero. Dopo il mancato rinnovo dell’Agoa, decine di migliaia di posti di lavoro nella regione sono a rischio
September 29, 2025
Sono scadute le esenzioni sui dazi Usa: «L'economia africana può collassare»
Reuters | Lavoratori dell'industria del tessile in Kenya
Da un lato il taglio agli aiuti allo sviluppo con effetti drammatici su scuola, sanità e infrastrutture, dall’altro il mancato rinnovo di uno storico provvedimento commerciale preferenziale, che finora aveva consentito alle merci di 32 Paesi africani di godere di un accesso privilegiato al mercato americano. Le politiche di Donald Trump nei confronti dell’Africa, concordano molti analisti, stanno consentendo ad altri attori globali, in primis la Cina, di stringere rapporti più solidi nel continente nero e di sottrarre agli stessi Usa quote di mercato. Al contempo, per molti Paesi fragili della regione sub-sahariana i contraccolpi economici-sociali delle scelte di Washington rischiano di trasformarsi in voragini sul fronte dell’occupazione e delle opportunità di sviluppo.
L’ultimo colpo è arrivato oggi: il 30 settembre era infatti la data limite entro cui rinnovare l’African Growth and Opportunity Act (Agoa), la legge Usa che ha garantito per 25 anni l’esenzione totale da dazi per oltre 1.800 prodotti africani che accedono al mercato statunitense. Da domani, economie che si reggevano sugli scambi con gli Usa rischiano di sprofondare. Ne sono esempi Paesi come il Madagascar o il Lesotho, dove l’industria tessile sviluppatasi attorno a prodotti come i jeans denim – e che si avvantaggiava finora proprio dell’Agoa – potrebbe essere spazzata via, lasciando allo sbando popolazioni che hanno redditi medi poco sopra i mille dollari annui. Per il Lesotho i dazi, già aumentati negli ultimi mesi al 15% dal precedente livello 0, passeranno da oggi al 32%; per il Madagascar le tariffe doganali Usa aumenteranno dal 12 al 23%, avverte l’Unctad, l’organo Onu che si occupa di commercio, imprenditoria e sviluppo. E ancora: per il Kenya, tra le economie africane attualmente a maggior rischio implosione per l’ammontare del suo debito, i dazi Usa passeranno dal 10 al 28%, per la Tanzania dal 9 al 20%, e così via.
Secondo i dati ufficiali, nel 2023 le importazioni statunitensi dall’Africa sotto l’ombrello dell’Agoa hanno raggiunto quasi 10 miliardi di dollari. Una cifra che, se rapportata al totale delle importazioni Usa, resta marginale, ma che per le economie africane rappresentava una quota cruciale delle proprie esportazioni. Gli Stati Uniti, dal canto loro, hanno beneficiato per anni di prezzi più bassi per materie prime e prodotti intermedi, migliorando la competitività delle proprie industrie a valle e garantendo una maggiore varietà ai consumatori. Non solo: l’Agoa ha contribuito ad attrarre investimenti diretti americani in Africa, favorendo la creazione di filiere più resilienti e interconnesse.
Il venir meno della legge preferenziale rischia ora di minare tutto questo. «Molte fabbriche potrebbero essere costrette a chiudere i battenti, alcune per sempre», ha avvertito Paul Ryberg, presidente della Coalizione africana per il commercio. Nelle ultime settimane si era parlato di una proroga biennale dell’Agoa, ma ogni giorno di ritardo rischia di avere effetti devastanti. Nel frattempo, la diplomazia africana si è mobilitata: ambasciatori e rappresentanti dell’Unione Africana hanno inviato una lettera urgente ai vertici della commissione Finanze del Congresso Usa, sottolineando che l’Agoa non è un favore unilaterale, bensì uno strumento che sostiene circa 450mila posti di lavoro negli Usa e genera risparmi per un miliardo di dollari l’anno a imprese e consumatori americani.
La posta in gioco, al tempo stesso, è anche geopolitica. La sospensione dell’Agoa arriva in un momento in cui la Cina offre a molti Paesi africani accesso esentasse ai propri mercati, prestiti agevolati e infrastrutture chiavi in mano. Rinunciare a questo strumento, ammoniscono gli osservatori, significa per Washington consegnare a Pechino un’ulteriore carta di influenza in un continente che ospita la popolazione più giovane e in più rapida crescita del pianeta. E per molte economie africane, già fragili e gravate da debiti crescenti, il venir meno dell’ombrello Agoa potrebbe segnare il passaggio da un’opportunità di sviluppo a una nuova stagione di crisi occupazionale e sociale.

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