Le famiglie italiane spendono 13 miliardi di euro

Badanti e colf iscritti all’Inps sono oltre 833mila (anno 2023). La stima più recente di Italia Longeva, che tiene conto del sommerso, alza l’asticella a più di 1,5 milioni di addetti
March 4, 2025
Le famiglie italiane spendono 13 miliardi di euro
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In Italia il 12% della popolazione ha più di 75 anni, un segmento di persone inestricabilmente connesso a situazioni di fragilità, che sfociano spesso nella non autosufficienza (a oggi stimata per 3,8 milioni di persone) e di conseguenza nella necessità di un’assistenza continuativa nel lungo termine, sempre più integrata sotto il profilo socio-sanitario e caratterizzata dalla dimensione della domiciliarità come contesto di cura ampiamente prevalente (oltre il 90%). Nel nostro Paese si registra un ritardo strutturale sul versante dei servizi, a fronte di una figura, quella dell’assistente familiare, che negli ultimi decenni ha subito una forte evoluzione e che è ora articolata in differenti profili professionali (colf, badanti, baby-sitter), con una presenza capillare e diffusa sul territorio. I lavoratori domestici iscritti all’Inps sono oltre 833mila (anno 2023). La stima più recente di Italia Longeva, che tiene conto del sommerso, alza l’asticella a più di 1,5 milioni di addetti. Un numero in ogni caso superiore a quello di tutti i dipendenti del Sistema sanitario nazionale (670mila unità nel 2021).
Nel modello di welfare italiano, caratterizzato da un basso coinvolgimento del settore pubblico e del mercato, buona parte delle attività di assistenza a persone non auto-sufficienti è delegata alle famiglie. Come riportato nel rapporto annuale Domina 2024, infatti, le famiglie italiane nell’ultimo anno hanno speso 13 miliardi di euro per il lavoro domestico, di cui 7,6 per la componente regolare e 5,4 per quella informale. In particolare, la spesa per “badanti”, dedicata quindi all’assistenza di persone anziane non autosufficienti, è di 7,2 miliardi (inclusa la componente di lavoro informale). Questa spesa da parte delle famiglie ha un impatto sui conti pubblici nazionali. Infatti, in un ipotetico scenario senza l’impegno da parte delle famiglie, lo Stato dovrebbe farsi carico di una spesa aggiuntiva.
«Un aspetto cruciale delle politiche familiari è quello dei caregiver, una moltitudine operosa e ancora poco conosciuta. Circa sette milioni di persone, in moltissimi casi con difficoltà di conciliazione tra attività di cura e lavoro. L’impegno di cura tende a essere molto alto, perché frequentemente non può essere ripartito con altri famigliari, visti i nuclei sempre più ristretti. C’è quindi anche un evidente legame con le problematiche relative alla denatalità e alla transizione demografica. È fondamentale un potenziamento delle reti per la domiciliarità assistenziale, valorizzando il concetto di prossimità e di welfare comunitario», così il presidente del Cnel Renato Brunetta.
Per stimare questo impatto, bisogna partire dalla situazione attuale della spesa pubblica italiana. Va ricordato peraltro che l’Italia registra la più alta incidenza della spesa pensionistica rispetto al Pil (17,2%), oltre quattro punti sopra la media Ue, anche a causa della struttura demografica. Al contrario, la spesa per la voce “famiglia” raggiunge in Italia solo l’1,2% del Pil, superando solo quelle di Irlanda, Cipro e Malta (dati Eurostat, 2021).

Il rapporto della Ragioneria Generale dello Stato 2024 presenta i dati relativi al 2023 relativi alla spesa pubblica italiana per l’assistenza (Ltc-Long Term Care), fornendo il dettaglio per componenti (spesa sanitaria, indennità di accompagnamento e interventi socio-assistenziali, erogati a livello locale, rivolti ai disabili e agli anziani non autosufficienti) o per macro-funzioni (domiciliare, residenziale o monetaria). La spesa pubblica complessiva per Ltc ammonta a 34 miliardi di euro, pari all’1,63% del Pil, di cui circa tre quarti (73,6%) erogati a soggetti con più di 65 anni (25,0 miliardi). Per quanto riguarda le componenti, il 42,9% della spesa per Ltc riguarda le indennità di accompagnamento (13,1 miliardi) e il 38,7% la componente sanitaria (13,1 miliardi). Il restante 17,8% (6,0 miliardi) si riferisce ad altre prestazioni assistenziali, generalmente gestite dagli enti locali. La spesa per Ltc può essere inoltre analizzata secondo un dettaglio per macrofunzioni. In particolare, si distingue: l’assistenza domiciliare e semiresidenziale (at home), l’assistenza residenziale (in institutions) e le prestazioni monetarie (cash benefits). Sui 34 miliardi complessivi, oltre la metà (50,3%) è destinata a sussidi monetari elargiti ai beneficiari. Il 30,1% riguarda invece sostegno a beneficiari residenti in strutture, mentre il 19% riguarda l’assistenza a domicilio. Va inoltre precisato che nella spesa dello Stato ci sono anche i rimborsi indiretti delle spese sanitarie (es. esenzioni ticket per reddito, patologia o per invalidità).

La spesa per Ltc destinata alla popolazione over 65 ammonta quindi a 25,5 miliardi di euro, pari al 74,1% del totale (34,5 miliardi).
In questo contesto, il sistema assistenziale è sostenuto grazie ai 7,2 miliardi spesi dalle famiglie per la gestione delle badanti (inclusa la componente irregolare). Senza la spesa delle famiglie, che garantisce la possibilità dell’assistenza a domicilio, lo Stato dovrebbe spendere circa 17,2 miliardi in più per la gestione in struttura di oltre 700mila anziani (media pro-capite 22mila euro annui, calcolati nel Rapporto Domina 2020 ). Anche azzerando completamente l’indennità di accompagnamento, che oggi va a sostegno dell’assistenza a domicilio, la spesa pubblica salirebbe a 31,5 miliardi. Possiamo quindi affermare che, grazie all’onere delle famiglie, nel 2023 lo Stato ha risparmiato sei miliardi di euro, pari allo 0,3% del Pil.

Secondo Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina, «l’impegno delle famiglie svolge un ruolo cruciale nel sistema di welfare italiano. Considerando solo la spesa per l’assistenza agli anziani, le famiglie hanno speso nell’ultimo anno 7,2 miliardi di euro. Se lo Stato dovesse farsi carico di questa componente di assistenza, la spesa pubblica aumenterebbe del 25% (+6 miliardi). Possiamo quindi affermare che, grazie alla spesa delle famiglie, lo Stato risparmia oggi sei miliardi di euro. Senza considerare i benefici sociali, sanitari e psicologici che l’assistenza in casa porta alla collettività».
Formazione degli assistenti familiari
Dal VI Rapporto annuale di Domina sul lavoro domestico «esce un dato chiaro», cioè che «gli assistenti familiari hanno raggiunto in numero i lavoratori domestici che si occupano della casa» (circa 413mila badanti, rispetto a 420mila colf), dunque «c'è sempre più bisogno per le famiglie di assistenza alla persona qualificata e di formazione»: a dirlo è lo stesso Gasparrini. Il segretario generale sottolinea anche che «Domina è impegnata da anni, insieme alle altre parti sociali sul territorio, nel formare i lavoratori domestici e dare loro un diritto, una qualifica, una dignità, ma anche per fornire un servizio alle famiglie». «Adesso - aggiunge - la nuova sfida è fare un tipo di formazione in due fasi per i lavoratori stranieri: una prima all'estero, nei Paesi di origine, in cui si impari il lavoro e la lingua italiana, e una seconda in Italia, con l'inserimento e l'aiuto per trovare lavoro». Sempre a detta del segretario generale, «le famiglie devono prendersi responsabilità che se vogliono un lavoratore qualificato, devono anche spendere di più. All'interno del prossimo contratto collettivo, che spero presto andremo a breve a riprendere, bisogna dare la qualità al lavoratore domestico formato. È così si combatte il lavoro sommerso». In merito a questo ultimo punto, Domina partecipa al tavolo per il contrasto al sommerso e circa due mesi fa ha inviato una serie di proposte. «Reputiamo possa essere importante - sostiene Gasparrini - inserire all'interno del settore il cash back, cioè premiare le famiglie che regolarizzano un rapporto di lavoro stabile, facendo sì che una percentuale ritorni, sempre per pagare il lavoratore o i suoi contributi».
Inoltre l’assemblea del Cnel ha approvato un documento di Osservazioni e Proposte su Linee guida per la formazione degli assistenti familiari. Il testo è il frutto di un ampio lavoro istruttorio, finalizzato alla valorizzazione e qualificazione della figura dell’assistente familiare, definendo in particolare le linee guida nazionali previste dalla recente riforma della non autosufficienza, così da riportare a fattore comune gli interventi posti in essere dalle Regioni e dalle Province autonome. L’adozione delle linee guida è a garanzia delle lavoratrici e dei lavoratori che operano nel lavoro domestico e delle famiglie che fruiscono dei loro servizi. Per questo il Cnel sottolinea la necessità da una parte di offrire un quadro condiviso tra tutte le istituzioni coinvolte e le parti sociali, per realizzare percorsi di formazione professionale volti al conseguimento della qualificazione di assistente familiare, e dall’altra di riconoscere le competenze pregresse in termini di risultati di apprendimento conseguiti in contesti di lavoro, compresi quelli informali e non formali.
Nello specifico, il documento approvato sottolinea l’esigenza di una chiara individuazione degli ambiti di operatività del profilo, standard di formazione e di qualificazione condivisi tra tutte le Regioni e Province autonome, modalità condivise di riconoscimento delle esperienze di lavoro pregresse, elenchi e registri pubblici degli operatori qualificati e l’individuazione di criteri omogenei per l’iscrizione. Su questi aspetti il Cnel fornisce indicazioni puntuali, proponendo anche una più complessiva riforma delle norme di legge che regolano il lavoro domestico in tutte le sue articolazioni e la disciplina fiscale, per ampliare la tutela dei lavoratori, favorire l’emersione del lavoro sommerso e sostenere le famiglie.
«Il lavoro istruttorio ha permesso di individuare – dichiara Fiovo Bitti, coordinatore del Gruppo di studio "Lavoro di cura" del Cnel – elementi utili alla valorizzazione e alla qualificazione della figura dell'assistente familiare. Tale percorso, costruito insieme alle parti sociali e all’Associazione Officina delle competenze, si inserisce, peraltro, in un contesto più ampio che ha già portato alla realizzazione di un rapporto per la Regione Lazio sul valore sociale del caregiver e che, in prospettiva, potrebbe interessare altri aspetti del lavoro domestico, con specifico riferimento ad alcune categorie sociali particolarmente fragili, come gli anziani e gli adulti non autosufficienti, le persone con disabilità e i minori. La puntuale indagine conoscitiva svolta ha permesso di fissare almeno tre punti focali: l’attenzione alla centralità della persona; l’importanza di favorire una integrazione socio-sanitaria e assistenziale sempre nel rispetto dei ruoli dei diversi attori; il potenziamento delle reti per la domiciliarità assistenziale, differenziata per esigenze e puntualmente diffusa su tutto il territorio, valorizzando concetti come la prossimità e il welfare comunitario. Più nello specifico, l’adozione di linee guida nazionali è a garanzia delle lavoratrici e dei lavoratori che operano nel lavoro domestico e delle famiglie che fruiscono dei loro servizi, anche al fine di arrivare ad un quadro condiviso tra tutte le istituzioni coinvolte e le parti sociali per realizzare percorsi di formazione professionale finalizzati al conseguimento della qualificazione di assistente familiare e, dall’altra, di riconoscere le competenze pregresse in termini di risultati di apprendimento conseguiti nei diversi contesti di lavoro, compresi quelli informali e non formali. In tal senso, è opportuna una chiara individuazione degli ambiti di operatività del profilo di assistente familiare all’interno dell’Atlante del lavoro; la definizione di uno standard di qualificazione e, soprattutto, di standard formativi conseguenti con una articolazione modulare; la definizione di modalità condivise di riconoscimento delle esperienze di lavoro pregresse in termini di apprendimenti conseguiti; la definizione delle caratteristiche degli elenchi e dei registri pubblici degli operatori qualificati e l’individuazione di criteri omogenei per l’iscrizione ad essi. Nell’individuazione delle competenze minime richieste, gli standard formativi dovrebbero bilanciare la conoscenza di aspetti tecnici e professionali con la valorizzazione di competenze più trasversali che rimandano alla capacità di gestire le relazioni personali e sociali, anche favorendo una adeguata conoscenza della lingua italiana nelle persone straniere, l’acquisizione di competenze in materia di salute e sicurezza, sia con riferimento alla propria persona sia con riguarda all’assistito, e in materia digitale e di sostenibilità ambientale. Il modello adottato dalle parti sociali, con attività formativa su materie comuni, su materie specialistiche e su salute e sicurezza, può rappresentare una utile base da replicare a livello regionale».
Bonus colf e badanti
Il Bonus colf e badanti 2025 è un'agevolazione economica destinata ai datori di lavoro domestico, con un duplice obiettivo: incentivare l'assunzione regolare di collaboratori domestici e fornire supporto finanziario a chi necessita di assistenza. Ma come funziona? Quali sono gli importi previsti e chi può beneficiarne? Vediamo insieme tutti i dettagli. A fare il punto Agnese Giardini di Immobiliare.it. Il bonus colf e badanti 2025 viene erogato attraverso il fondo Cas.Sa.Colf, che si occupa della tutela sanitaria integrativa per i lavoratori domestici. Il fondo offre un sostegno finanziario ai datori di lavoro domestico che rispettano determinate condizioni, come l'assunzione regolare e il versamento di specifici contributi. L'iniziativa comprende due tipi principali di agevolazioni. 1) Un rimborso mensile per i datori di lavoro che necessitano di assistenza a causa di una condizione di non autosufficienza. 2) Un bonus una tantum destinato ai datori di lavoro che assumono un sostituto per una collaboratrice domestica in maternità.
Gli importi previsti dal bonus colf e badanti 2025 sono suddivisi in base alla tipologia di incentivo richiesto. Rimborso per non autosufficienza: l'importo mensile è pari a 300 euro, fino a un massimo di 3.600 euro all'anno. Questo contributo è riservato ai datori di lavoro non autosufficienti, e serve per coprire parte dei costi legati all'assunzione di una colf o di una badante. Bonus maternità: si tratta di un contributo una tantum di 300 euro, destinato ai datori di lavoro che devono assumere un sostituto per la collaboratrice domestica durante il periodo di maternità. Entrambi gli importi sono pensati per alleviare i costi delle famiglie e incentivare la regolarizzazione dei lavoratori domestici.

Il bonus è accessibile a specifiche categorie di datori di lavoro domestico, che rispettano tre requisiti. 1) Iscrizione a Cas.Sa.Colf: è necessario che il datore di lavoro sia iscritto al fondo prima del compimento dei 60 anni e abbia versato almeno un anno di contributi, con una quota minima di 25 euro per trimestre.

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