Istruzione, sanità e sviluppo a rischio:gli aiuti già in calo in attesa di Trump
Secondo l’Ocse, il sostegno dei 22 principali Paesi donatori è diminuito del 7,1% in un anno. Lontano l’obiettivo dello 0,7% del reddito nazionale lordo da destinare alla cooperazione

Per la prima volta dal 2020, l’aiuto pubblico allo sviluppo, già su livelli insufficienti, diminuisce invece che aumentare, tradendo così gli obiettivi internazionali e la lotta alle disuguaglianze. In quello che rischia di essere l’ultimo studio Ocse prima degli annunciati tagli al programma americano Usaid – la principale fonte di finanziamento della cooperazione –, grafici e tabelle evidenziano una caduta del 7,1% in termini reali degli aiuti nel 2024 rispetto al 2023, una diminuzione che ha già avuto e continuerà ad avere gravi conseguenze davanti a scenari in cui crisi geopolitiche e cambiamenti climatici mettono alla prova ogni giorno la vita di milioni di persone. Di più: simulazioni effettuate dalla stessa Ocse mostrano già che per il 2025, a seconda di quanto verranno confermati gli annunci di alcuni Paesi donatori, tra cui gli Stati Uniti, si assisterà ad un ulteriore calo degli aiuti, tra il 9 e il 17%. Il mondo al tempo della policrisi e delle barriere commerciali rischia di essere dunque un mondo meno attento ai bisogni altri e meno propenso alla solidarietà, sia che si tratti di aiuti bilaterali o multilaterali, di cancellazione del debito o di finanziamenti al settore privato.
In generale, nel 2024 gli aiuti dei 22 Paesi del Comitato per l’assistenza allo sviluppo (Dac) sono stati pari a 212,1 miliardi di dollari, equivalenti allo 0,33% del reddito nazionale lordo degli Stati considerati, una quota ben lontana da quello 0,7% stabilito nell’ambito dell’Agenda 2030 per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Il calo degli aiuti è dovuto in parte a una diminuzione del 10,9% dei contributi alle organizzazioni internazionali, che erano aumentati nel 2023 a causa delle maggiori risorse dei Paesi donatori a Banca Mondiale, ma anche a causa degli ingenti finanziamenti al Fondo per la resilienza e la sostenibilità del Fmi. Anche gli aiuti bilaterali dei Paesi donatori sono diminuiti del 5,8%, a causa di diversi fattori: un calo del sostegno all'Ucraina, minori livelli di aiuti umanitari e costi associati all'accoglienza dei rifugiati negli stessi Paesi donatori, che vengono fatti ricomprendere in maniera controversa negli stessi aiuti.
L’Italia è tra i Paesi donatori che ha aumentato lo scorso anno il proprio livello di aiuti, con un +6,7% annuo, una quota che recupera però solo parzialmente il taglio dell’anno precedente. Sull’obiettivo dello 0,7%, l’Italia è anzi tra gli Stati più ritardatari: nel 2024 ha destinato all’aiuto pubblico allo sviluppo lo 0,28% del reddito nazionale lordo, rispetto allo 0,27% di un anno fa e allo 0,33% del 2022. Siamo tutt’altro che tra i primi, insomma, mentre a distinguersi sono sempre i “soliti”: Norvegia (1,02%), Lussemburgo (1%), Svezia (0,79%), Danimarca (0,71%), Germania (0,67%). Gli Stati Uniti sono allo 0,22% del reddito nazionale lordo, una quota bassa ma che, in termini assoluti, si traduce comunque in 63,3 miliardi di dollari e che fa di Washington largamente il primo Paese donatore nel club dei 22, con un ammontare quasi doppio rispetto ai 32,4 miliardi di dollari della Germania, con l’Italia ottava a un livello di 6,7 miliardi. Gli Usa, da soli, rappresentano insomma il 30% del totale degli aiuti allo sviluppo. Questo, evidentemente, in attesa di vedere dispiegati gli effetti devastanti dei tagli di Trump a Usaid, con conseguenze su programmi sanitari, educativi e di sviluppo.
Nel 2024, dati preliminari dei 22 Paesi Dac mostrano intanto un calo importante degli aiuti bilaterali all’Ucraina del 16,7% rispetto al 2023, con un totale di 15,5 miliardi di dollari che ha rappresentato il 7,4% del totale degli aiuti. La diminuzione è stata significativa soprattutto per quanto riguarda l’assistenza umanitaria, con un crollo del 43% in un anno. A muoversi per Kiev, in particolare, le istituzioni europee, che hanno donato all’Ucraina 19 miliardi di dollari, equivalenti al 53% dei loro aiuti totali allo sviluppo. L’aiuto umanitario nel 2024 è diminuito, in generale, del 9,6%, a un livello di 24,2 miliardi di dollari, parallelamente a un calo del 17,3% dei costi associati al sostegno ai profughi interni. Per cinque Paesi donatori, i costi associati ai rifugiati rappresentano ancora oltre un quarto del totale degli aiuti. Tra questi, c’è l’Italia, con il 26,3%.
In diminuzione, nel 2024, anche gli aiuti per i programmi bilaterali, scesi dell’1,2% in termini reali, mentre sempre a un livello molto basso, di circa 241 milioni di dollari, è la cancellazione del debito netto. Per quanto riguarda l’Africa, i flussi di aiuti bilaterali dai Paesi Dac sono diminuiti a 42 miliardi di dollari, con un -1% rispetto al 2023 e un calo ancora più netto, del -2%, per la regione sub-sahariana. In generale, sono dieci i Paesi Dac che hanno visto aumentare i loro aiuti, 12 quelli che li hanno diminuiti. Negli ultimi cinque anni, con le diverse crisi iniziate con il Covid, i Paesi donatori erano riusciti ogni anno ad aumentare il loro sostegno alla cooperazione. Per questo, anche in considerazione dei tagli a Usaid, il calo del 2024 rappresenta già un pericoloso campanello d’allarme. Bisogna agire per lo sviluppo, insomma, prima che sia davvero troppo tardi.
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