Ecco come contrastare la solitudine lavorativa

Il 20% dei lavoratori la sperimenta quotidianamente, un dato che sale al 25% tra chi lavora interamente da remoto
July 13, 2025
Ecco come contrastare la solitudine lavorativa
Ansa | La solitudine lavorativa è in crescita
Secondo il rapporto State of the Global Workplace 2024 di Gallup, il 20% dei lavoratori sperimenta la solitudine quotidianamente, un dato che sale al 25% tra chi lavora interamente da remoto. Ma la vera sorpresa è l’identikit della solitudine: non è un tema da boomer, ma una piaga che colpisce chi ha meno di 35 anni, i cosiddetti “nativi digitali", quelli che sembrano avere mille contatti, ma zero connessioni. Un dato ancora più significativo arriva da una ricerca condotta da Harvard Business Review, che evidenzia come un lavoratore su cinque continui a sentirsi solo, nonostante una crescente attenzione da parte delle aziende. Un numero che dimostra quanto la solitudine abbia un costo umano, ma anche economico: incide sull’assenteismo, aumenta il turnover e impatta direttamente sulla salute mentale e fisica dei dipendenti. Non basta “esserci” digitalmente se manca un senso reale di appartenenza.
Il problema però non è solo psicologico, è culturale. Abbiamo smesso di vedere il lavoro come un contesto sociale, troppo spesso le relazioni sono considerate “tempo perso” rispetto alla produttività. Eppure, sono proprio quei momenti informali — la pausa caffè, la chiacchiera tra una riunione e l’altra — a creare il tessuto che tiene insieme i team. Quando mancano ci sentiamo intercambiabili, invisibili.
La tecnologia inizialmente nata per unirci, se usata male finisce invece per amplificare il vuoto. Le troppe videocall, le chat aziendali, i flussi di comunicazione continua non sostituiscono l’incontro umano. Lo dimostra anche uno studio di Stanford Virtual Human Interaction Lab, che collega l’uso intensivo delle videoconferenze a un calo del benessere percepito e a una minore sensazione di vicinanza sociale. È il fenomeno conosciuto come “Zoom fatigue: una stanchezza emotiva che non ha nulla a che fare con il numero di ore lavorate, ma con la qualità delle relazioni.
Ma c’è di più, la solitudine lavorativa non è solo un malessere diffuso: è anche un freno alla creatività. Idee, progetti o intuizioni spesso nascono dal confronto spontaneo, non dalla sessione di brainstorming pianificata via Google Calendar. Senza relazioni vere, anche le grandi intuizioni rischiano di rimanere in bozza.
E anche laddove si è tornati in presenza, la solitudine non è scomparsa. Lavorare accanto ad altri non significa necessariamente sentirsi parte di una comunità. È una solitudine silenziosa, difficile da ammettere, che cresce proprio in ambienti iper-produttivi, dove manca uno spazio di scambio autentico.
Il paradosso delle troppe connessioni
I dati raccolti dagli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, raccontano che a oggi, ci sono 3,55 milioni di lavoratori da remoto. Un fenomeno che non sembra rallentare nonostante lo stop a tutte le misure di smart working semplificato: per il 2025, si prevede una crescita del +5%, che porterebbe a toccare le 3,75 milioni di persone.
Nel contesto della società digitale odierna, ci troviamo di fronte a un paradosso interessante e preoccupante: nonostante la tecnologia ci offra strumenti incredibili per rimanere in contatto, molte persone si sentono più isolate che mai. Questo si manifesta principalmente nel lavoro remoto e nelle interazioni sui social media. La connessione digitale, che dovrebbe avvicinarci, in realtà spesso crea una distanza emotiva tra gli individui, che si traduce in una solitudine diffusa.
Se da un lato, il lavoro a distanza offre numerosi vantaggi in termini di flessibilità e riduzione dei tempi di spostamento, dall'altro porta con sé un crescente isolamento sociale. La mancanza di interazioni spontanee e informali che avvengono normalmente in ufficio, come una chiacchierata alla macchinetta del caffè o un incontro casuale tra colleghi, fa sì che questo tipo di lavoratori si sentano spesso esclusi da un senso di comunità e appartenenza.
«Molti lavoratori considerano la solitudine come una delle principali sfide del lavoro remoto. Eppure, il 75% di loro, nonostante il distacco fisico, si sente comunque connesso ai colleghi. Tuttavia, per mantenere il benessere psicologico e produttivo, l'interazione sociale regolare è essenziale. Non basta essere connessi digitalmente per superare la solitudine: la vera connessione nasce da relazioni autentiche e dalla creazione di valore condiviso. Confrontarsi con chi svolge lo stesso lavoro, condividere esperienze e riflessioni, può fare la differenza. Non si tratta di una soluzione miracolosa, ma di un modo per nutrire quella parte di noi che ha bisogno di confronto e compagnia. La vera libertà nel lavoro remoto non risiede solo nell'indipendenza, ma nella capacità di costruire una comunità solida che ci sostenga e ci motivi», spiega Dario Vignali, co-fondatore di Marketers.
La vita da nomade digitale, spesso celebrata sui social media, offre un'esperienza unica di libertà e avventura. Sebbene i nomadi digitali possano entrare in contatto con persone durante i loro viaggi, molti scelgono di stabilire connessioni autentiche anche se queste sono, per natura, temporanee. Il lavoro flessibile consente di esplorare il mondo, ma porta anche alla necessità di mantenere un equilibrio tra indipendenza e relazioni profonde. Per creare legami significativi, molti nomadi digitali partecipano a comunità online e eventi di networking, favorendo la costruzione di reti sociali durante i loro viaggi.
​​Un trend emergente tra i nomadi digitali è quello di fermarsi in luoghi per periodi più lunghi, invece di muoversi continuamente. Questo movimento di radicamento temporaneo sta guadagnando popolarità, con esempi come le farm in Nuova Zelanda, dove i lavoratori si fermano per aiutare con i raccolti, o i camping in Giappone e Cina, dove i nomadi digitali scelgono di stabilirsi per settimane o mesi, immergendosi nella cultura locale e stabilendo relazioni durature. Questo nuovo approccio offre l'opportunità di bilanciare la libertà del viaggio con il bisogno di stabilità e connessione sociale.
Nel contesto del lavoro remoto, le generazioni più giovani, come la Gen Z e i Millennial, stanno vivendo un cambiamento significativo nel loro modo di lavorare e relazionarsi. La flessibilità del lavoro da remoto è un'opportunità unica, ma per la Gen Z, che ha iniziato la carriera durante la pandemia, e i Millennial che spesso faticano a definire la propria identità professionale, l'adattarsi a una realtà dove il contatto fisico è limitato può portare a una nuova forma di esperienza lavorativa. Questa sorta di isolamento lavorativo può sfociare in sentimenti di tristezza, solitudine e frustrazione.
Come osserva Vignali, «la difficoltà nel costruire legami significativi può far sentire molti giovani professionisti disconnessi, non solo dai colleghi, ma anche dal loro stesso ruolo e dalle aspirazioni che li motivano. La solitudine, quindi, non è solo un effetto collaterale del lavoro da remoto, ma una realtà con cui le nuove generazioni si confrontano ogni giorno, spingendo a ripensare l'approccio al lavoro e alla connessione sociale».
Per ridurre questo impatto, servono soluzioni innovative: creare rituali sociali digitali, dove i team si incontrano non solo per lavorare, ma per condividere esperienze ed emozioni, può rafforzare il senso di comunità. Utilizzare spazi di coworking con opportunità di networking mirato favorisce interazioni più genuine e significative. Un'altra proposta efficace potrebbe essere l'introduzione di programmi di mentorship o il buddy system, in cui i lavoratori da remoto sono affiancati da colleghi con cui costruire connessioni autentiche, andando oltre il puro aspetto professionale. In questo modo, si favorisce il rafforzamento di legami reali e di supporto, anche a distanza.
Per fortuna, qualcosa si muove e c’è chi prova a cambiare le regole del gioco, rimettendo le relazioni umane al centro. È il caso di Konnecta, start up nata nel 2024, che promuove un nuovo modello di connessione tra professionisti basato sull’incontro reale. Attraverso workshop esperienziali, community offline e meetup tematici, Konnecta ha già generato oltre 1.000 connessioni, coinvolto più di 230 membri in tutta Italia e organizzato oltre 80 eventi. Non semplici appuntamenti, ma occasioni concrete per combattere l’isolamento e ricostruire senso di appartenenza tra freelance, lavoratori da remoto e professionisti alla ricerca di contatti veri.

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