mercoledì 29 marzo 2023
La storia della pugile afghana di 27 anni: «Avrei voluto davvero restare in Afghanistan e costruire una struttura adeguata dove le ragazze potessero allenarsi con me, ma con i taleban tutto è finito»
Sadia Bromand tiene vivo il suo sogno olimpico anche in esilio

Reuters

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Con questa e decine di altre testimonianze, storie, interviste e lettere, le giornaliste di Avvenire danno voce alle bambine, ragazze e donne afghane. I taleban hanno vietano loro di studiare dopo i 12 anni, frequentare l'università, lavorare, persino uscire a passeggiare in un parco e praticare sport. Noi vogliamo puntare i riflettori su di loro, per non lasciarle sole e non dimenticarle.

Sadia Bromand è felice di mostrare i suoi capelli corti, sfoggia qualche tatuaggio e boxa con la speranza di rappresentare alle Olimpiadi il suo Paese, l'Afghanistan, dove queste sue caratteristiche personali le causerebbero grossi problemi. La 27enne è fuggita dalla sua terra natale 3 anni e mezzo fa, prima della presa del potere da parte dei taleban.

Bromand in Afghanistan è stata non solo pugile peso piuma, ma anche conduttrice di talk show radiofonici e giornalista sportiva, ed è stato proprio il suo lavoro giornalistico ad averla portata all'esilio in Germania. Una serie di segnalazioni nel 2019 sugli abusi sessuali ai danni di calciatrici afghane ha fatto temere i suoi genitori per la sua sicurezza. «Dopo lo scoppio dello scandalo, sono andata in Italia per partecipare a una conferenza sportiva e da lì in Germania», ha spiegato Bromand in una lunga intervista all'agenzia Reuters nei giorni dei campionati mondiali femminili a Nuova Delhi, in India, dove anche Sadia ha gareggiato.

«Mio padre era preoccupato e mi ha detto di non tornare in Afghanistan per la mia sicurezza» ha spiegato Sadia. Una volta che i taleban hanno ripreso il potere nel 2021, il ritorno a casa ha cessato di essere un'opzione per l'unica pugile afghana che sta partecipando ai campionati mondiali femminili nella capitale indiana.

I taleban hanno di fatto bloccato l'accesso delle donne all'istruzione e allo sport, tenendo aperte solo le scuole primarie per le ragazze, come raccontato anche da Avvenire con un'enorme campagna che ha raccolto decine e decine di storie di donne afghane, oltre a 18mila euro per il loro sostegno scolastico attraverso un progetto della Caritas.

Bromand è stata costretta all'esilio per mantenere il suo sogno di diventare la prima pugile afghana a competere alle Olimpiadi. Quel sogno è stato alimentato dalle visite da adolescente alla struttura olimpica di Kabul dove c'era una foto di Rohullah Nikpai, che ha vinto le uniche medaglie olimpiche della nazione, entrambi i bronzi, nel Taekwondo ai Giochi del 2008 e del 2012. «Ero solita ispirarmi a lui e volevo vedere una donna arrivare più lontano di lui, ottenere una medaglia d'oro per l'Afghanistan e avere la sua foto sopra Rohullah Nikpai», ha spiegato ancora Bromand.

Dall'Afghanistan alla Germania molto è cambiato per la giovane boxeur: la vita a Berlino è molto più libera di quanto non fosse a Kabul, ha aggiunto Bromand. Non deve indossare l'hijab sui capelli né rispettare il rigido coprifuoco serale imposto dal padre. «Mio padre era molto severo su quando tornare a casa. Ma non importa dove vivo, quel senso di prigionia è sempre lì». Bromand ha perso domenica scorsa il suo incontro di apertura contro la turca Elif Nur Turhan, ma rischia molto di più ogni volta che sale sul ring.

«Sono qui senza hijab e in tenuta da boxe, per questa ragione i miei genitori erano davvero preoccupati» ha spiegato. «Dicevano che se i governanti taleban vedessero una donna afghana in quel modo, potrebbero imprigionare mio padre».

Bromand è grata per tutto ciò che ha ricevuto in Germania, ma soffre ancora un forte senso di perdita. «Puoi trovare di tutto in Germania, ma mi mancano moltissimo mia madre e la mia migliore amica Faheema», ha continuato. Ricominciare la vita a Berlino non è stato facile, ma Bromand cerca di rimanere motivata: suona la chitarra e trova conforto nella musica. La sua stanza è piena di poster dei suoi idoli, come il grande pugile Muhammad Ali.

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E le sue ispirazioni le porta ovunque con sé. Il tatuaggio sul braccio destro recita "Niente è impossibile", mentre quello a sinistra è "Sì, posso", sotto i cinque anelli olimpici. Altri due, alle sue caviglie: "Vola" e "Libertà".

«Ognuno di loro ha un significato», ha raccontato Sadia parlando dei suoi tatuaggi. «Ho anche un tatuaggio che dice semplicemente 'Sorridi'. Per tutto il tempo in cui ero in Afghanistan, ero sempre stressata e sopraffatta dalle difficoltà, dalle tensioni. Dunque, questo tatuaggio mi aiuta a ricordarmi di essere felice e sorridere, qualunque cosa accada».

Bromand racconta anche di essere regolarmente contattata da ragazze afghane che vogliono fare sport e cercano aiuto per allenarsi in Afghanistan o andarsene. «Prima che i taleban prendessero il sopravvento, avrei voluto davvero restare in Afghanistan e costruire una struttura adeguata dove le ragazze potessero allenarsi con me. Ma è tutto finito», ha aggiunto Bromand.

«Abbiamo molti bravi atleti. Ma sfortunatamente l'ambiente non è giusto. Da quando i taleban hanno ripreso il potere, la maggior parte di quelle ragazze ha smesso di allenarsi e se ne sta a casa senza fare niente e questo mi fa veramente male».

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