Perché ogni volta che preghiamo il Rosario realizziamo una profezia

La riflessione del biblista americano Scott Hahn
October 7, 2025
Perché ogni volta che preghiamo il Rosario realizziamo una profezia
«“Ecco, d'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata” (Lc 1,48). Ogni volta che preghiamo il rosario, realizziamo questa profezia almeno 50 volte. Chiamiamo la Vergine Maria “beata” [blessed in inglese, che sta sia per beata che per benedetta, ndr], usando le parole della Sacra Scrittura. Ci rivolgiamo a lei con il saluto dell'angelo Gabriele: Ave, piena di grazia! (Lc 1,28). Proclamiamo i suoi privilegi, usando le parole di Elisabetta, sua parente: “Benedetta tu fra le donne!” (Lc 1,42). Ripetere queste parole è una gioia, perché sono ricche di significato, amplificate dalle scene evangeliche che sono al centro delle nostre meditazioni».
Così scrive su Angelus, settimanale dell’arcidiocesi di Los Angeles, Scott Hahn, docente di teologia biblica alla Franciscan University di Steubenville, in Ohio – dove ha fondato e dirige il St. Paul Center for Biblical Theology – studioso che unisce il prestigio accademico al successo divulgativo fra il grande pubblico.
Hahn ricorda che «il rosario è un metodo di preghiera meditativa collaudato nel tempo. Per secoli i Papi lo hanno raccomandato e i santi lo hanno recitato quotidianamente».
«Quando recitiamo il rosario – continua il biblista americano – ripetiamo alcune preghiere mentre meditiamo su determinati eventi (“misteri”) della vita di Gesù e Maria, e contiamo le nostre ripetizioni usando grani infilati insieme in gruppi di 10. La Chiesa ha ufficialmente riconosciuto 20 “misteri” raccomandati per la meditazione».
Il rosario «funziona», a livello umano, «perché coinvolge tutta la persona. Coinvolge la nostra parola e il nostro udito. Occupa la nostra mente e stimola le nostre emozioni. Assegna un compito ai polpastrelli, quegli organi sensibili del tatto. Se preghiamo davanti a un'immagine sacra, alimentiamo la nostra meditazione attraverso un altro senso corporeo. È così che il Signore risorto conferma la fede dei suoi discepoli: "Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate" (Lc 24,39). Non ci basta semplicemente ascoltarlo, figuriamoci leggere le sue parole. Vogliamo che riempia i nostri sensi. E lo fa, grazie all'amore di sua madre.
Nelle Scritture, lei appare come la prima discepola. Quando i pagani vengono da lontano in cerca di Gesù, trovano “il bambino con Maria sua madre” (Matteo 2,11). Quando vede persone bisognose, intercede per loro (Gv 2,3). Quando Gesù muore sulla croce, abbandonato dai suoi amici, lei rimane con lui; e Gesù la dona al suo "discepolo amato" (cioè a te e a me), dicendo: “Ecco la tua madre” (Gv 19,27). Così, lei ci aiuta a meditare in un modo che solo lei può fare. Ci aiuta come sua madre – e quindi, testimone oculare di tutta la sua vita. Ma ci aiuta anche come nostra madre, donataci da Gesù, amandoci come solo una madre può fare».
Conclude Scott Hahn: «Quando perseveriamo nella preghiera del rosario, diventiamo come bambini (vedi Mt 18,3), figli di Maria, figli del nostro Padre celeste. Il 7 ottobre è la festa della Madonna del Rosario. Un tempo si chiamava la festa della Madonna della Vittoria [nome originario della festa, datole da San Pio V in seguito alla vittoria della Lega Santa nella Battaglia di Lepanto, il 7 ottobre 1571 ndr]. Questo rispecchia la mia esperienza con il rosario, che ho iniziato a recitare quando ero ancora protestante. Quelle preghiere sono state esaudite, e il resto è la mia storia. Cogli l'occasione per rinnovare i tuoi sforzi. Rivendica la tua vittoria».

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