Il Papa a Natale: in Ucraina si fermino le armi; il volto di Cristo è nei poveri di Gaza, nei migranti, nei lavoratori sfruttati

Primo Natale di Leone XIV. La denuncia nella Messa del mattino: giovani mandati a morire al fronte con la menzogna. Nel messaggio Urbi et Orbi l’appello alla pace. La citazione del poeta israeliano. Il monito all’Europa perché sia solidale. Nella Messa della notte: «Se non si accoglie l’uomo, non si accoglie Dio. Un’economia distorta riduce le persone a merce»
December 25, 2025
Il Papa a Natale: in Ucraina si fermino le armi; il volto di Cristo è nei poveri di Gaza, nei migranti, nei lavoratori sfruttati
Papa Leone XIV affacciato dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro per la benedizione "Urbi et Orbi" di Natale / ANSA
«Pace» è fra le prime parole che Leone XIV pronuncia nel giorno di Natale affacciandosi a mezzogiorno dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana. Seconda benedizione “Urbi et Orbi”, dopo quella del giorno della sua elezione. E, come l’8 maggio quando i cardinali lo avevano voluto Papa, il Pontefice si rivolge alla folla che giunta in piazza San Pietro nonostante la pioggia e al mondo intero invocando una svolta “disarmata” per la famiglia umana. Stavolta affidandosi una frase di san Leone Magno, Pontefice di cui condivide il nome: «Il Natale del Signore è il Natale della pace». Perché, chiarisce papa Prevost, il «Bambino che è nato dalla Vergine Maria» è «Colui che ha vinto l’odio e l’inimicizia con l’amore misericordioso di Dio». 
Papa Leone XIV affacciato dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro per la benedizione "Urbi et Orbi" di Natale / AFP
Papa Leone XIV affacciato dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro per la benedizione "Urbi et Orbi" di Natale  / AFP
Al pianeta Leone XIV indica «la via della pace», come lui stesso la definisce: quella che necessita di «assumerci ciascuno la propria parte di responsabilità», afferma. «Se ognuno di noi – a tutti i livelli –, invece di accusare gli altri, riconoscesse prima di tutto le proprie mancanze e ne chiedesse perdono a Dio, e nello stesso tempo si mettesse nei panni di chi soffre, si facesse solidale con chi è più debole e oppresso, allora il mondo cambierebbe». E aggiunge che, con la «grazia» del Signore, «possiamo e dobbiamo fare ognuno la propria parte per respingere l’odio, la violenza, la contrapposizione e praticare il dialogo, la pace, la riconciliazione». Ai potenti della terra il Papa chiede di imboccare la strada del negoziato insieme con quella della giustizia. E cita il tormentato poeta israeliano, Yehuda Amichai, fautore di una riconciliazione con il popolo palestinese, per mostrare un obiettivo alto: «Non la pace di un cessate-il-fuoco, nemmeno la visione del lupo e dell’agnello». A tutti domanda di non lasciarsi «vincere dall’indifferenza verso chi soffre». E anche alla Chiesa ricorda che «il Dio fatto uomo» «non viene per condannare, ma per salvare».
Il Papa in papamobile il giorno di Natale fra i pellegrini arrivati in piazza San Pietro / ANSA
Il Papa in papamobile il giorno di Natale fra i pellegrini arrivati in piazza San Pietro / ANSA
Dalla Basilica Vaticana Leone XIV si affaccia con la mozzetta rossa, come nel giorno dell’elezione. E al termine pronuncia in dieci lingue gli auguri di Natale. Nel messaggio che precede la benedizione, richiama i drammi che feriscono l’umanità: dalle guerre alla povertà, dai migranti respinti ai lavoratori sfruttati. Invita a pregare «per il martoriato popolo ucraino» e lancia un nuovo appello: «Si arresti il fragore delle armi e le parti coinvolte, sostenute dall’impegno della comunità internazionale, trovino il coraggio di dialogare in modo sincero, diretto e rispettoso». Invoca «giustizia, pace e stabilità per il Libano, la Palestina, Israele, la Siria» citando le parole del profeta Isaia: «Praticare la giustizia darà pace». Si fa vicino alla «cara popolazione di Haiti» sollecitando che «cessi ogni forma di violenza». Richiama l’Africa insanguinata, in particolare le genti «del Sudan, del Sud Sudan, del Mali, del Burkina Faso e della Repubblica Democratica del Congo». Si rivolge ai governanti dell’America Latina «perché, nel far fronte alle numerose sfide, sia dato spazio al dialogo per il bene comune e non alle preclusioni ideologiche e di parte». Invoca per il Myanmar «un futuro di riconciliazione» e propone «che si restauri l’antica amicizia tra Thailandia e Cambogia». 
Papa Leone XIV durante la benedizione "Urbi et Orbi" di Natale / REUTERS
Papa Leone XIV durante la benedizione "Urbi et Orbi" di Natale / REUTERS
Al mondo il Papa ricorda che Cristo si immedesima oggi anche «con chi non ha più nulla e ha perso tutto, come gli abitanti di Gaza». O ancora: «Con chi è in preda alla fame e alla povertà, come il popolo yemenita; con chi è in fuga dalla propria terra per cercare un futuro altrove, come i tanti rifugiati e migranti che attraversano il Mediterraneo o percorrono il continente americano; con chi ha perso il lavoro e con chi lo cerca, come tanti giovani che faticano a trovare un impiego; con chi è sfruttato, come i troppi lavoratori sottopagati; con chi è in carcere e spesso vive in condizioni disumane». E chiama in causa l’Europa, frammentata, polarizzata e impaurita: al «continente europeo» chiede di continuare a essere ispirato da «uno spirito comunitario e collaborativo, fedele alle sue radici cristiane e alla sua storia, solidale e accogliente con chi si trova nel bisogno». Nella sua mediazione torna su un tema che aveva toccato nell’omelia della Messa della notte: «Chi non ama il fratello che vede, non può amare Dio che non vede», dice il Papa. Perché il Signore «per amore ha accettato la povertà e il rifiuto e si è identificato con chi è scartato ed escluso». Un «caloroso e paterno saluto» lo indirizza «a tutti i cristiani, in modo speciale a quelli che vivono in Medio Oriente, che ho inteso incontrare recentemente con il mio primo viaggio apostolico. Ho ascoltato le loro paure e conosco bene il loro sentimento di impotenza dinanzi a dinamiche di potere che li sorpassano». E, guardando a Betlemme, il suo pensiero va anche «a quanti soffrono a causa dell’ingiustizia, dell’instabilità politica, della persecuzione religiosa e del terrorismo».
Il Papa in papamobile il giorno di Natale fra i pellegrini arrivati in piazza San Pietro / ANSA
Il Papa in papamobile il giorno di Natale fra i pellegrini arrivati in piazza San Pietro / ANSA
Leone XIV fa riferimento al Giubileo, ormai agli ultimi giorni. Oggi, giorno di Natale, si chiude la Porta Santa della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma; il 27 quella di San Giovanni in Laterano; il 28 quella di San Paolo fuori le Mura; e il 6 gennaio, l’ultima: la Porta Santa di San Pietro che sarà chiusa dal Papa in persona. «Si chiuderanno le Porte Sante, ma Cristo, nostra speranza, rimane sempre con noi – ricorda il Pontefice –. Egli è la Porta sempre aperta, che ci introduce nella vita divina. È il lieto annuncio di questo giorno: il Bambino che è nato è il Dio fatto uomo; egli non viene per condannare, ma per salvare. In Lui ogni ferita è risanata e ogni cuore trova riposo e pace». E, prima della benedizione, a sorpresa Leone XIV arriva in piazza San Pietro in papamobile (stavolta coperta a causa della pioggia) per salutare i pellegrini.

Il Papa alla Messa del mattino: i giovani mandati a morire al fronte con la menzogna

Sono parole durissime quelle del Papa nella Messa del giorno di Natale, quando fa riferimento ai «giovani costretti alle armi». Giovani mandati «a morire» in guerra con «la menzogna di cui sono intrisi i roboanti discorsi» di chi li arruola e che «proprio al fronte avvertono l’insensatezza di ciò che è loro richiesto», afferma. L’urgenza della pace e l'attenzione alle vittime dell'ingiustizia sono al centro dell’omelia che Leone XIV pronuncia nella Basilica di San Pietro. Primo Natale da Papa per Robert Francis Prevost che si porta dietro qualche novità. Come la scelta dello stesso Pontefice di riprendere a presiedere la Messa del giorno, nella mattina di Natale, alle 10 del mattino: non accadeva dal pontificato di Giovanni Paolo II. E di tenere anche l’omelia. «La pace esiste ed è già in mezzo a noi», ripete Leone XIV indicando il Bambinello, principe della pace. «Il Verbo – spiega – ha stabilito fra noi la sua fragile tenda. E come non pensare alle tende di Gaza, da settimane esposte alle piogge, al vento e al freddo, e a quelle di tanti altri profughi e rifugiati in ogni continente, o ai ripari di fortuna di migliaia di persone senza dimora, dentro le nostre città? Fragile è la carne delle popolazioni inermi, provate da tante guerre in corso o concluse lasciando macerie e ferite aperte». E tiene a far sapere: la pace «nasce fra rovine che invocano nuove solidarietà».
Papa Leone XIV durante la Messa del giorno di Natale nella Basilica di San Pietro / ANSA
Papa Leone XIV durante la Messa del giorno di Natale nella Basilica di San Pietro / ANSA
Leone XIV richiama papa Francesco quando esorta a vincere a logica del «rifiuto» che ha sperimentato anche la Sacra Famiglia perché non c’era posto a Betlemme. Non si può essere «distaccati dal pianto dei bambini e dalla fragilità degli anziani, dal silenzio impotente delle vittime e dalla rassegnata malinconia di chi fa il male che non vuole», dice il Papa. E dà voce ai «tanti fratelli e sorelle spogliati della loro dignità e ridotti al silenzio». Invece, aggiunge, «la carne umana chiede cura, invoca accoglienza e riconoscimento, cerca mani capaci di tenerezza e menti disposte all’attenzione, desidera parole buone». Perciò, chiarisce, «quando la fragilità altrui ci penetra il cuore, quando il dolore altrui manda in frantumi le nostre certezze granitiche, allora già inizia la pace».
Papa Leone XIV durante la Messa del giorno di Natale nella Basilica di San Pietro / ANSA
Papa Leone XIV durante la Messa del giorno di Natale nella Basilica di San Pietro / ANSA
Da Betlemme, dove l’annuncio degli angeli ha fatto breccia anche nei «cuori inquieti che spesso desiderano proprio ciò a cui resistono», arriva anche una lezione per la comunità ecclesiale. «Il Natale – sottolinea il Pontefice – rimotiva una Chiesa missionaria». E avverte: «Non serviamo una parola prepotente – ne risuonano già dappertutto – ma una presenza che suscita il bene, ne conosce l’efficacia, non se ne arroga il monopolio. Ecco la strada della missione: una strada verso l’altro». Tutto questo, ricorda Leone XIV, è «il rinnovamento che il Concilio Vaticano II ha promosso e che vedremo fiorire solo camminando insieme all’intera umanità, mai separandocene. Mondano è il contrario: avere per centro sé stessi». E il pungolo: «Ci sarà pace quando i nostri monologhi si interromperanno e, fecondati dall’ascolto, cadremo in ginocchio davanti alla nuda carne altrui».

Nella Messa della notte: «Se non si accoglie l’uomo, non si accoglie Dio. Un’economia distorta riduce le persone a merce»

È un grido a difesa della dignità umana e della vita quello che si alza da Leone XIV nella Basilica di San Pietro durante la Messa della notte della Natività del Signore. Perché Dio si è fatto uomo. E «non accogliere l’uno significa non accogliere l’altro», dice il Papa. «Il Signore ha voluto rivelarsi da uomo all’uomo, sua vera immagine», sottolinea durante l’omelia. Eppure lo si calpesta, lo si emargina, lo si respinge. Accade con «un’economia distorta che induce a trattare gli uomini come merce», denuncia Leone XIV. Accade quando «l’uomo vuole diventare Dio per dominare sul prossimo», avverte. Accade quando non si comprende il valore “divino” di ogni persona così che «non c’è neppure spazio per gli altri, per i bambini, per i poveri, per gli stranieri», spiega citando Benedetto XVI e definendo «così attuali» le sue parole perché «ci ricordano che sulla terra non c’è spazio per Dio se non c’è spazio per l’uomo». Perciò, sprona il Papa, c’è anche bisogno di farsi «messaggeri di pace».
Leone XIV con il Bambinello al termine della Messa della notte di Natale nella Basilica di San Pietro / REUTERS 
Leone XIV con il Bambinello al termine della Messa della notte di Natale nella Basilica di San Pietro / REUTERS 
Basilica Vaticana colma per la celebrazione della notte di Natale che, su indicazione del nuovo Pontefice, torna a essere celebrata alle 22 (e non, come era successo anche negli ultimi anni, alle 19 o alle 20). Scelta favorita anche dall’età del Papa: 70 anni compiuti a settembre. Seimila i fedeli che la affollano, ossia tutti quelli che hanno avuto la possibilità di ricevere il biglietto dalla prefettura della Casa Pontificia. In cinquemila restano fuori, in piazza San Pietro, sfidando la pioggia che per tutta la giornata del 24 dicembre sferza Roma e che continua anche fino all’inizio della liturgia. A sorpresa Leone XIV, prima della Messa, esce sul sacrato per salutarli. È un gesto che lui stesso ha introdotto e che è una “piccola” cifra del suo pontificato: porgere il benvenuto a chi è giunto per stringersi attorno al Papa e non riesce a vederlo perché non entra in Basilica. «Tante grazie per essere qui questa sera, anche con questo clima», dice a braccio prima in inglese e poi in italiano indossando la talare bianca con la fascia in cui per la prima volta compare il suo stemma ricamato a mano. Quindi il saluto affettuoso: «Tanti auguri a tutti voi. Dio vi protegga e benedica tutte le vostre famiglie».
Il Papa a sorpresa saluta la folla in piazza San Pietro che non è riuscita a entrare nella Basilica Vaticana per la Messa della notte di Natale / VATICAN MEDIA
Il Papa a sorpresa saluta la folla in piazza San Pietro che non è riuscita a entrare nella Basilica Vaticana per la Messa della notte di Natale / VATICAN MEDIA
È un Papa con il volto disteso quello che presiede la Messa. «Nasce nella notte Colui che dalla notte ci riscatta», incoraggia nell’omelia. E fa sapere: «Non esiste tenebra che questa stella non rischiari, perché alla sua luce l’intera umanità vede l’aurora di una esistenza nuova ed eterna». Leone XIV chiede di chinarsi sull’umanità fragile, come insegna la mangiatoia di Betlemme. «Per trovare il Salvatore, non bisogna guardare in alto, ma contemplare in basso: l’onnipotenza di Dio rifulge nell’impotenza di un neonato; l’eloquenza del Verbo eterno risuona nel primo vagito di un infante; la santità dello Spirito brilla in quel corpicino appena lavato e avvolto in fasce». E afferma: «È divino il bisogno di cura e di calore, che il Figlio del Padre condivide nella storia con tutti i suoi fratelli. La luce divina che si irradia da questo Bambino ci aiuta a vedere l’uomo in ogni vita nascente».
Leone XIV bacia il Bambinello durante la Messa della notte di Natale nella Basilica di San Pietro / REUTERS
Leone XIV bacia il Bambinello durante la Messa della notte di Natale nella Basilica di San Pietro / REUTERS
Il Natale è elogio della piccolezza: lezione che viene da Dio. «Davanti alle attese dei popoli Egli manda un infante, perché sia parola di speranza – dice il Papa –; davanti al dolore dei miseri Egli manda un inerme, perché sia forza per rialzarsi; davanti alla violenza e alla sopraffazione Egli accende una luce gentile che illumina di salvezza tutti i figli di questo mondo». Poi il richiamo a papa Francesco che esattamente un anno fa, nella notte di Natale 2024, già in carrozzina, apriva la Porta Santa della Basilica di San Pietro dando il via al Giubileo della speranza. Porta Santa che Leone XIV chiuderà il 6 gennaio. «Papa Francesco affermava che il Natale di Gesù ravviva in noi il dono e l’impegno di portare speranza là dove è stata perduta. Ora che il Giubileo si avvia al suo compimento, il Natale è per noi tempo di gratitudine e di missione. Gratitudine per il dono ricevuto, missione per testimoniarlo al mondo». Ed è anche «festa della fede, della carità e della speranza. È festa della fede, perché Dio diventa uomo, nascendo dalla Vergine. È festa della carità, perché il dono del Figlio redentore si avvera nella dedizione fraterna. È festa della speranza, perché il bambino Gesù la accende in noi».
Papa Leone XIV davanti al presepe nella Basilica di San Pietro al termine della Messa della notte di Natale / VATICAN MEDIA
Papa Leone XIV davanti al presepe nella Basilica di San Pietro al termine della Messa della notte di Natale / VATICAN MEDIA
È Leone XIV che all’inizio della liturgia scopre la statua del Bambinello nella navata centrale, di fronte all’altare della Confessione, prima di baciarlo. Ed è il Papa stesso che, al termine, lo porta fino al presepio della Basilica dove viene collocato nella culla. Con lui dieci bambini, dall’Ucraina, dal Mozambico, dalla Corea del Sud, dall’India, dal Paraguay, dalla Polonia, specchio del mondo che continua a essere illuminato dalla salvezza dell'Emmanuele.

© RIPRODUZIONE RISERVATA