venerdì 30 marzo 2018
Internet, i migranti, l'amicizia, le fragilità, le mode sono i temi affrontati dai giovani - soprattutto liceali - che hanno composto i testi per il rito del Venerdì Santo
La Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo con il Papa negli anni scorsi (foto Siciliani)

La Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo con il Papa negli anni scorsi (foto Siciliani)

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Sono quindici ragazzi. In parte adolescenti come tanti, con la passione per la musica o per lo sport, con la voglia di leggere ma anche con il cellulare (quasi) sempre in mano. Studenti di un liceo classico di Roma: il “Pilo Albertelli”. «Mai avremmo pensato che papa Francesco chiedesse proprio a noi di scrivere le meditazioni della Via Crucis al Colosseo», raccontano con emozione. E invece sono loro gli autori dei testi che in mondovisione aiuteranno a riflettere sulle ultime ore della vita terrena di Cristo nel rito che, com’è tradizione, il Pontefice presiede la sera del Venerdì Santo nel cuore della Capitale. E che fra pietre dell’anfiteatro Flavio i giovani porteranno in prima persona anche la croce in ciascuna delle Stazioni che hanno “commentato”, passandosela di mano in mano.

«Ti vedo, Gesù...» è l’incipit comune delle quattordici riflessioni scritte da un gruppo con un’età compresa fra i 16 e i 27 anni. «Perché, rifacendomi al metodo ignaziano, ho chiesto a ognuno di loro di mettersi di fronte al Figlio di Dio sul Calvario, di stare al suo fianco, di essere testimoni oculari di quanto avviene e di far parlare il cuore e la mente di un ragazzo del terzo millennio che si lascia interrogare dal Signore», spiega Andrea Monda, giornalista e scrittore ma in questo caso docente di religione incarico di scegliere il gruppo di giovani per le meditazioni “papali” e di coordinare il loro lavoro. Negli scritti entrano l’interiorità, gli interessi, i sogni, i timori di chi non ha ancora trent’anni. Si parla, ad esempio, di Internet nell’undicesima Stazione (“Gesù è inchiodato alla croce”). «Mi guardo intorno – annota Greta Sandri nella sua meditazione – e vedo occhi fissi sullo schermo del telefono, impegnati sui social network ad inchiodare ogni errore degli altri senza possibilità di perdono. Uomini che, in preda all’ira, urlano di odiarsi per i motivi più futili». Invece «tu ci hai perdonato, non hai portato rancore, hai insegnato a porgere l’altra guancia e sei andato oltre, fino al sacrificio totale della tua persona».

Ama scrivere e leggere Greta Giglio, 18 anni, studentessa della quinta B al liceo classico “Pilo Albertelli” di Roma. È lei che ha scritto la riflessione della decima Stazione (“Gesù è spogliato delle vesti”) della Via Crucis al Colosseo. «In Gesù nudo – racconta – vedo un uomo privato della sua dignità. E allora mi sono domandata: chi sono oggi i calpestati nel loro essere donne e uomini? Sono i migranti, magari ragazzi della mia età, che arrivano con un corpo distrutto in cerca di speranza». Nel suo testo Greta denuncia che l’approdo del profugo avviene in «una terra troppo spesso crudele». «Sì, penso anche all’Italia – ammette –. Capita talvolta che siamo incapaci di scavare nell’anima di una persona andando oltre il suo volto che magari è molto diverso dal nostro. Non riusciamo a leggere la storia che si porta dentro, una storia in gran parte segnata da drammi, guerra, povertà, fame. Prevale l’indifferenza: ignoriamo chi ci chiede aiuto». Eppure il Papa punta sui giovani. «Abbiamo un grande potenziale inespresso. E Francesco ci dice: contiamo su di voi e ce la potete fare».

Una scout con la passione della lettura. È Chiara Mancini, 17 anni, studentessa della quarta B al liceo classico “Pilo Albertelli” di Roma e autrice della meditazione della quinta stazione (“Simone di Cirene aiuta Gesù a portare la croce”). «Al centro c’è il tema dell’incontro – spiega –. E l’adolescenza è l’età tipica degli incontri perché siamo aperti agli altri, curiosi, desiderosi di conoscere». Eppure, aggiunge, «l’adolescenza è anche l’età del cambiamento. E noi possiamo cambiare anche grazie a chi incontriamo: possono essere i coetanei oppure gli adulti che poi diventano figure di riferimento». Ma, prosegue, «non sempre ci imbattiamo nelle persone che vorremmo e magari gli incontri inaspettati sono quelli che più ci sorprendono». Come testimonia il Cireneo. «E lui si rivela un uomo che sostiene il prossimo, benché sia straniero». Nella sua riflessione Chiara parla dell’amicizia, tema caro a un giovane. «Abbiamo bisogno di amici veri, non di quelli che ci abbandonano nella difficoltà». E il “regalo” di scrivere per il Papa? «Straordinario, anche se ora sono un po’ spaventata».

C’è anche una campionessa italiana under 19 di pallanuoto fra i millennial che hanno composto le meditazioni della Via Crucis “papale”. Si chiama Cecilia Nardini, 18 anni, studentessa della quinta A al “Pilo Albertelli” di Roma. La «super» sportiva ha scritto la riflessione della sesta Stazione (“Veronica asciuga il volto di Gesù”). «Ho scelto proprio io questa Stazione – racconta – perché mi ha colpito la figura di Veronica, una donna forte che si fa largo in mezzo alla folla, fra mille impedimenti, per accarezzare un volto straziato come quello di Cristo». Nel suo testo Cecilia stigmatizza la «nostra società delle immagini» che si ferma all’«apparenza», si legge nel libretto. «Per Veronica l’esteriorità non conta – aggiunge ad Avvenire –. Perché si china su un uomo sfregiato. E invece soprattutto noi giovani, ma non solo, siamo sudditi dell’aspetto e delle mode. Per uscire il sabato sera ci riempiamo il volto di trucco, come se tutto dipendesse da questo». Infine Cecilia dice “grazie” al Papa. «Vuole ascoltare noi ragazzi. E anche con questa Via Crucis ci dà l’opportunità di far conoscere i nostri talenti».


Nella prima Stazione (“Gesù è condannato a morte”) Valerio De Felice si sofferma sulla «moltitudine senza volto» in cui «nascosto nella massa l’uomo smarrisce la propria personalità» e sollecita: «Imponiamo alla nostra voce di levarsi». La quarta Stazione (“Gesù incontro sua madre”) fa da spunto ad Agnese Brunetti per ragionare sul ruolo della mamma che, scrive in una sorta di confidenza, «mi ha educato al senso della giustizia e ad avere fiducia nella vita, ma quello che oggi i miei occhi vedono non ha nulla di questo». Nella settima Stazione (“Gesù cade per la seconda volta”) Francesco Porceddu guarda alle «nostre fatiche» e alle «nostre debolezze» quotidiane, mentre nella dodicesima Stazione (“Gesù muore in croce”) Dante Monda rivela una delle apatie odierne: «Fuggiamo d’istinto, in preda al panico, di fronte alla morte e alla sofferenza, le rifiutiamo, preferiamo chiudere gli occhi».


«Papa Francesco – racconta il docente e scrittore Andrea Monda – ha voluto dare voce a chi non ha voce, a una periferia esistenziale contemporanea: i nostri ragazzi. Sono i grandi inascoltati, che gli adulti vogliono silenziare». Per questo, sostiene Monda, la decisione di affidare le meditazioni della Via Crucis a un drappello di liceali è «davvero controcorrente: ormai tutti parlano di giovani ma non li lasciano parlare». Il professore ha individuato i ragazzi «non in base al percorso di fede», ma alla «sensibilità che hanno di far emergere lo straordinario portato del mondo giovanile». E confessa: «Qualcuno mi ha detto di “no” perché considerava troppo impegnativo scrivere per il Papa. I quindici “autori” invece si sono messi in gioco. E quanto è nel libretto della Via Crucis è interamente farina del loro sacco. Io mi sono limitato a raccogliere i testi».

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