giovedì 4 maggio 2017
Dichiarate le virtù eroiche del cardinale vietnamita imprigionato per 13 anni dal regime comunista del suo Paese e del porporato italiano fermo oppositore del nazismo. Si attende il miracolo
Van Thuan e Dalla Costa verso la beatificazione
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Il cardinale vietnamita Saverio Nguyen Van Thuan e il porporato italiano Elia Dalla Costa compiono un decisivo passo avanti verso la beatificazione. Ieri infatti il Papa ha autorizzato la Congregazione dele Cause dei Santi a promulgare i decreti riguardanti le loro virtù eroiche. Il che significa che in pratica alla beatificazione manca solo il riconoscimento del miracolo attribuito alla loro intercessione. Van Thuan e Dalla Costa sono – pur in contesti differenti – due figure luminose della Chiesa del XX secolo.


Il porporato vietnamita può essere considerato a tutti gli effetti un “quasi martire”, poiché trascorse tredici anni di prigionia sotto il regime comunista del suo Paese e per il solo fatto di essere un vescovo cattolico: dal 1975, anno della caduta di Saigon, la capitale del sud di cui il Servo di Dio era stato da poco nominato arcivescovo coadiutore, fino al 1988. Prigionia dura, trascorsa per gran parte in isolamento, con angherie di ogni tipo. Compresa quella di trasferirlo di continuo da un posto all’altro, per impedirgli di diventare amico di quanti dovevano controllarlo. “La sua bontà – ricordò il cardinale vicario di Roma, Agostino Vallini, il giorno
dell’apertura del procersso di beatificazione, il 23 ottobre 2010 – conquistava di volta in volta i suoi carcerieri e questo faceva irritare le autorità superiori”. In carcere l’allora arcivescovo Van Thuân celebrava la Messa tenendo in mano alcuni pezzetti di pane e poche gocce di vino, custodite in una boccetta con la scritta “medicina per il mal di stomaco”, che i fedeli gli facevano arrivare eludendo i controlli. Era riuscito a fabbricarsi una croce in legno e a forgiarsi una croce pettorale con del semplice filo di ferro. Infine
scrisse su pezzi di carta in ogni modo raccattati i suoi pensieri e oltre 300 frasi del Vangelo, poiché non poteva disporre di una Bibbia. Nel 2000, quando Giovanni Paolo II lo chiamò a predicargli gli esercizi spirituali, nel discorso di ringraziamento, disse: “La sua sofferta prigionia ci rafforza nella consolante certezza che quando tutto crolla attorno a noi e forse anche dentro di noi, Cristo resta indefettibile nostro sostegno”. E questa è anche la grande eredità del porporato vietnamita morto a Roma (dove papa Wojtyla lo aveva chiamato a presiedere il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace) il 16 settembre 2002. “L’essere stato – sono sempre parole di Vallini – soprattutto un testimone di speranza”.


Elia Dalla Costa (1872-1961) è stato arcivescovo di Firenze negli anni bui della II Guerra mondiale e nel dopo guerra. In particolare, durante gli anni del conflitto, La sua carità non ebbe limiti e con la sua azione pastorale si contrappose coraggiosamente ai fautori della guerra, opponendosi alle delazioni, alle deportazioni, alle rapine, alle torture e alle fucilazioni. Accorse nei luoghi delle incursioni e dei bombardamenti, per soccorrere i feriti, per piangere i morti, si attivò con ogni mezzo per salvare la vita ai condannati politici e delle rappresaglie e soprattutto agli ebrei (fu dichiarato per questo giusto fra le nazioni nel 2012) e successivamente ai fascisti in fuga. Richiese con tenacia e insistenza alle parti in guerra, che Firenze fosse dichiarata "città aperta" e nel periodo dell’emergenza, fu quasi l’unica autorità rimasta in difesa dei cittadini. L’arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori, ha ricordato di recente uno dei suoi gesti più clamorosi, la scelta di far chiudere le finestre della Curia in occasione della visita di Hitler e Mussolini a Firenze, e la sua ripetuta condanna del razzismo, insieme con la raccomandazione della carità verso tutti senza distinzioni. Ciò che “era frutto, anche di un profondo fondamento biblico che riconosce il legame dei cristiani con il popolo ebraico, "anticipazione" del Concilio, in una chiara visione della dignità di ogni persona umana al di là delle diversità etniche e religiose”.

Nella stessa occasione il Papa ha autorizzato anche altri decreti. Quattro in particolare riguardano altrettanti miracoli attribuiti all’intercessione di beatificandi: Francesco Solano Casey (al secolo: Bernardo), Sacerdote professo dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini; nato il 25 novembre 1870 e morto il 31 luglio 1957; Maria della Concezione (al secolo: Adelaide de Batz de Trenquelléon), Fondatrice delle Figlie di Maria Immacolata; nata il 10 giugno 1789 e morta il 10 gennaio 1828; Chiara Fey, Fondatrice dell’Istituto delle Suore del Povero Bambino Gesù; nata l’11 aprile 1815 e morta l’8 maggio 1894; Caterina di Maria (al secolo: Giuseppa Saturnina Rodríguez), Fondatrice della Congregazione delle Suore Serve del Sacratissimo Cuore di Gesù; nata il
27 novembre 1823 e morta il 5 aprile 1896.

Uno il martirio di Luciano Botovasoa, Laico e Padre di famiglia, del Terzo Ordine di San Francesco; ucciso a Vohipeno (Madagascar) in odio alla Fede il 17 aprile 1947.

Altri cinque infine concernono le virtù eroiche di Giovanna Meneghini, Fondatrice della Congregazione delle Suore Orsoline del Sacro Cuore di Maria; nata il 23 maggio 1868 e morta il 2 marzo 1918; Vincenza Cusmano, Prima Superiora Generale della Congregazione delle Serve Povere; nata il 6 gennaio 1826 e morta il 2 febbraio 1894; Alessandro Nottegar, Laico, Padre di famiglia, Fondatore della Comunità Regina Pacis; nato il 30 ottobre 1943 e morto il 19 settembre 1986; Edvige Carboni, Laica; nata il 2 maggio 1880 e morta il 17 febbraio 1952; e Maria Guadalupe Ortiz de Landázuri y Fernández de Heredia, Laica, della Prelatura Personale della Santa Croce e dell’Opus Dei; nata il 12 dicembre 1916 e morta il 16 luglio 1975. A proposito di quest'ultima, il prelato dell’Opus Dei, monsignor Fernando Ocáriz, ha commentato: “La gioia è un tratto centrale della vita di Guadalupe. Irradiava allegria cristiana nelle varie occupazioni della sua vita: come chimica, nelle faccende di casa, nell’insegnamento e nell’ampio e intenso impegno apostolico che svolse in Spagna, Messico e Italia. L’esempio di Guadalupe ci ricorda che, quando Dio chiama alla santità, anche le cose più semplici acquistano un orizzonte ampio e bello, e sono motivo per avvicinare molte persone alla felicità dell’unione con Dio”.Chiedo a Dio che il suo esempio ci aiuti a percorrere il cammino cristiano diffondendo nel nostro ambiente pace e allegria”, ha aggiunto il prelato.

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