martedì 25 aprile 2023
L’esortazione: «Il Vangelo non si annuncia da fermi, polemizzando al computer, serve muoversi». Il richiamo a don Mazzolari. Il saluto del predecessore, monsignor Crepaldi
Il vescovo di Trieste, Enrico Trevisi, saluta i suoi nuovi fedeli in Cattedrale di San Giusto

Il vescovo di Trieste, Enrico Trevisi, saluta i suoi nuovi fedeli in Cattedrale di San Giusto - Photo Tedeschi 2023

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Il vescovo Enrico Trevisi si affaccia sul golfo di Trieste, dall’alto del santuario mariano di Monte Grisa, mentre i bambini giocano con le bolle di sapone. Benedice e poi, accompagnato da centinaia di famiglie, invoca la Regina della pace. La Chiesa – prega – diventi una «famiglia di famiglie», contagiata dal «quel sano stile familiare che trasuda di complicità, di pazienza, di reciproco ascolto, di corresponsabilità, pur dentro le fatiche, le stanchezze, le inadempienze che tutti ci portiamo appresso».

«Dove c’è Maria – saluta – c’è casa, c’è famiglia». Trevisi, arrivando da Cremona – accompagnato da 350 parrocchiani e diocesani, col vescovo Antonio Napolioni, oltre che dai genitori e dai familiari – ha fatto domenica pomeriggio il suo solenne ingresso nella diocesi di San Giusto, il patrono. Ad attenderlo, desiderosi di conoscerlo, l’emerito Giampaolo Crepaldi, il metropolita Carlo Maria Redaelli, il patriarca Francesco Moraglia con i vescovi Andrea Bruno Mazzocato di Udine, Michele Tomasi di Treviso e numerosi altri, compresi tutti quelli della vicina Slovenia.

«Il ministero episcopale è ministero d’amore» gli ha ricordato l’emerito Crepaldi, dandogli il benvenuto. E Moraglia sulla stessa lunghezza d’onda: «Non basta stare di fronte alla realtà, ossia alle situazioni di sofferenza e crisi del nostro tempo; una Chiesa deve starvi “dentro”, abitarle con passione e simpatia, nell’amore e nella verità, sapendo che solo tenendo insieme verità ed amore sull’uomo si trasmette la redenzione, il dono pasquale di Cristo».

Amore e verità, ovvero le tragedie storiche di Trieste e del confine orientale, così come le ha ricordate il sindaco Roberto Di Piazza: dalle leggi razziali all’orrore delle rappresaglie, dall’ingiustizia dell’esodo e dall’asprezza della diffidenza. Con la Risiera di San Sabba e la foiba di Basovizza, come moniti perenni. Arriva da lontano, ma già sa, monsignor Trevisi. Ed ecco che nella basilica cattedrale di San Giusto dirà, anzi ammonirà: «Mai più», intercalando la lingua italiana con espressioni in sloveno.

«Sto leggendo un libro intitolato Adriatico amarissimo. Una lunga storia di violenza [dello storico Raoul Pupo, ndr] e le tragedie ci portano a gridare: Mai più! Mai più! E invece con tristezza guardiamo al mondo di oggi ancora insanguinato da tante guerre fratricide, da tanti massacri, da tanta miseria che genera profughi, che alimenta disperazione».

Sa anche, Trevisi, che tra le tante sofferenze di questa comunità c’è il lavoro che rischia di venir meno. «Sto seguendo con preoccupazione le sorti della Wartsila e dei suoi lavoratori e so di altre aziende in difficoltà». Da qui l’apprensione – ereditata anche dal predecessore – per «i posti di lavoro, per il futuro delle famiglie, per un’economia e una politica che non trovano le giuste tutele per i giovani, per le donne, per le persone fragili. Non vuole essere un’accusa – preciserà, davanti alle numerose autorità presenti – ma la constatazione che abbiamo davanti tutti un lavoro immenso, che tutti siamo chiamati a partecipare». È un’omelia, quella del vescovo, in cui ripetutamente viene citato don Primo Mazzolari, parroco di Bozzolo e “d’Italia”, di cui è in corso il processo di beatificazione.

E le prime indicazioni pastorali per la nuova comunità, citando papa Francesco: «Non c’è annuncio senza movimento, senza “uscita”, senza iniziativa. Non si annuncia il Vangelo da fermi, chiusi in un ufficio, alla scrivania o al computer facendo polemiche come “leoni da tastiera” e surrogando la creatività dell’annuncio con il copia-incolla di idee prese qua e là. Il Vangelo si annuncia muovendosi, camminando, andando». E ancora: «Chi annuncia il Vangelo non può essere fossilizzato in gabbie di plausibilità o nel “si è sempre fatto così”, ma è pronto a seguire una sapienza che non è di questo mondo». E poi un ultimo invito: «Lasciamoci sorprendere dal Signore. Lui si fida di noi! Lui ci viene incontro. Guardiamo a Lui con meraviglia. Teniamo fissi gli occhi su di Lui».


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